La mostra di Pesaro continua ad essere uno di quei luoghi che creano emozioni di cinema, ogni anno una scoperta, fin da quando si esploravano luoghi mai toccati dalle distribuzioni, interi continenti da studiare. Quest’anno Pesaro cinquantesima (2-9 luglio) dedica una sezione al Critofilm. È il futuro della critica, ci dice Adriano Aprà che ha ideato la sezione, gli chiediamo di spiegarci perché: «Mi è arrivato da poco un numero di Cineforum e nel concorso di saggi indetto da loro hanno aggiunto i videosaggi, oltre ai saggi e recensioni. Credo sia la prima volta, è significativo. Ho fatto una filmografia internazionale che comprende tremila video che hanno il carattere di quello che io chiamo la nuova critica. Io ho fatto tanti interventi video per gli extra dei dvd, ma queste cose le ho escluse nell’elenco, ho inserito quelle che si possono considerare delle opere più o meno riuscite. Intanto c’è un programma internazionale di opere che sarà visto a Pesaro, alcuni degli esempi migliori di fare critica, poi c’è un ebook con vari saggi, interattivo, dove linkare un’immagine o un sito web che a volte è un video. A questo ebook hanno contribuito oltre agli italiani, alcuni critici sranieri piuttosto conosciuti come Jonathan Rosembaum, Alain Bergala, Kevin Brownlow che hanno realizzato cose di questo genere, che io chiamo, sull’onda di Ragghianti «Critofilm». Io stesso ho fatto almeno quattro opere (tre di queste sono extra dvd) che sono dei veri e propri saggi. Non dico che ho smesso di scrivere, ma se mi danno l’occasione, li faccio molto più volentieri che non scrivere un saggio perché mi sembra molto più produttivo.

Quali sono quelli che hai fatto?

Uno l’ho fatto anni fa Rossellini visto da Rossellini che già allora definito come un «filmsaggio» perché era fatto in pellicola, poi un film sui Clown di Fellini per Rraovideo Usa, poi uno sul Conformista di Bertolucci per Rarovideo Italia, e uno sul Generale Della Rovere per Rarovideo Usa. Sono opere tra i quaranta e i sessanta minuti, mi sono divertito a farli, ho imparato molto e credo che siano molto più didattici che non un saggio scritto. Tra l’altro credo che per l’insegnamento sia molto più utile usare questi videosaggi o critofilm che non chiacchierare o far vedere dei film. Sono anche strumenti di insegnamento del cinema.

Tra i critofilm che si vedranno a Pesaro ci sono autori che non sono più tanto frequentati, almeno in televisione, come Dreyer o Antonioni.

La televisione italiana è piuttosto modesta. Oggi si fa ben poco in Italia in questo campo. All’estero ci sono canali specializzati che producono questo tipo di opere e c’è una vastissima produzione, ne sono rimasto impressionato. Quando Pesaro me l’ha proposto non immaginavo di dover lavorare tanto. Della mia videoteca che è enorme ho visto tutti gli extra dei dvd e sono convinto che questi tremila titoli che ho rintracciato non dico che siano la punta dell’iceberg, ma tanti mi suggeriscono titoli che non conosco. Infatti ci sarà una nuova edizione l’anno prossimo e un ebook implementato con tutto ciò che raccoglierò durante l’anno di cose nuove o vecchie che mi sono sfuggite. Sono molto entusiasta. Se insegnassi ancora all’Università, visto che all’Università chi studia cinema è perché sogna di fare il critico, gli direi di non fare la critica scritta ma di cimentarsi con la critica audiovisiva, una critica omologa all’oggetto del tuo discorso. Secondo me questo è il futuro.

Quindi la critica scritta è destinata a scomparire?

La critica dei quotidiani salvo eccezioni come la vostra tende a scomparire. Quella delle riviste di cinema no, quella rimarrà, ma si è già sviluppato tutto un campo che per la prima volta al mondo viene mappato, non era mai stato fatto prima. Ci sono delle rassegne come Cannes Classiques, il festival dei Popoli ha fatto delle sezioni sui film sul cinema, però proposto come lo propone Pesaro è la prima volta.

Quali sono i materiali che si vedranno a Pesaro?

C’è Antonioni, Dreyer, uno di Godard, uno su Godard, uno su Steve Dwoskin, uno sul cinema muto francese di Kevin Brownlow. Sono cose di vari anni, uno recentissimo, un’overwiew della storia del cinema attraverso Deleuze, di Tom Andersen di cui si sono viste cose alla Mostra di Pesaro, opere molto elaborate, molto pensate. È «il cinema che pensa il cinema», il sottotitolo del programma. Sono venti ore di programma tra medi, corti e lungometraggi.

Ancora una volta il programma di Pesaro è all’avanguardia

Sì, all’avanguardia come proposta, perché già esiste, ma era rimasta come extra del cinema non solo del dvd, ci sono opere che all’estero vanno in televisione.

Sono opere che meritano recensioni scritte?

Sì, certo, sono film autonomi, credo che siano tutti bei film, la qualità è molto alta, altri si vedranno negli anni prossimi.

Il tuo primo Pesaro?

È stato il primo Pesaro, era il ’65, ero uo spettatore. Dall’anno successivo sono stato chiamato a occuparmi dell’ufficio documentazione e nell’anno successivo ancora sono entrato nella commissione di selezione e poi sono rimasto nel comitato scientifico. Quando ho cominciato a dirigere Salsomaggiore ho smesso con Pesaro e poi l’ho diretto negli anni ’90, quindi ho fatto molto volentieri l’evento speciale sul cinema italiano che facevamo un anno io e un anno Vito Zagarrio. Ora sono un collaboratore esterno.

Un ricordo della più bella edizione di Pesaro?

Il ’67, la rassegna del New American Cinema, il cinema underground, perché mi ha cambiato la vita. Quando ho visto quei film ho cambiato modo di concepire il cinema, ho fatto dei viaggi negli Stati Uniti per capirne di più, mi sono rimesso a studiare un campo che non conoscevo. Quell’anno ho visto cose straordinarie. Quell’evento ha cambiato il mio modo di rapportarmi al cinema. In Italia sull’onda della rassegna di Pesaro è nato l’underground italiano. Qualche film era già stato realizzato, ma l’idea di riunirsi in cooperativa è avvenuta subito dopo. Nel marzo del ’68 c’è stata una rassegna di quattro giornate molto dense al Filmstudio di underground italiano ed è stata anche quella nell’insieme – non è che tutto mi piacesse – una rivelazione. Feci una tavola rotonda per Cinema e Film con Leonardi, Lombardi e Lajolo, Tonino De Bernardi, Bargellini. Subito abbiamo sposato questo nuovo movimento. Del resto anche il programma che ho fatto due anni fa «Fuori Norma» era un modo per indicare un cinema sperimentale italiano che si nasconde nel sottobosco del cinema ufficiale, una selezione che ha creato un certo entusiasmo. Prendo alla lettera l’indicazione di Pesaro come «mostra del nuovo cinema», cercare dove si sperimenta qualcosa di diverso. Non dico il futuro del cinema, ma almeno un certo futuro sì.