Paura contro speranza, ragionamento e sangue freddo contro il terrorismo mediatico. È una settimana difficile per la Grecia a ancora di più per il governo, costretto a scusarsi per colpe non sue e in particolare per la chiusura delle banche.

C’è una campagna mediatica di dimensioni mai viste, neanche durante le difficili elezioni di gennaio. Tutte, ma tutte, senza eccezione alcuna, le emittenti private scatenate in terrorismo, catastrofismo e disinformazione. Ogni assembramento con più di tre persone davanti a una dette banche rimaste aperte per i pensionati, diventa oggetto di dibattito per ore intere. Se poi l’anziano dà il minimo segno di stanchezza, allora c’è la tragedia mediatica, con gerontologo invitato in studio a spiegare con fare severo che, in effetti, il sole estivo potrebbe essere dannoso per chi è avanti con gli anni.

Se poi la vecchietta si avvia verso il «periptero» (il caratteristico chioschetto) a comprare una bottiglietta d’acqua, ecco la pioggia di microfoni che gridano preoccupati: «Si sente male? Chiamiamo un’ambulanza?». Il consumo dell’acqua va in diretta mentre nello studio se segue con grande apprensione. Il collegamento si interrompe solo quando l’anziana mostra di non avere alcuna intenzione di stramazzare per terra e si avvia per la sua strada.

Ancora peggio i notiziari: l’«informazione» è che il limite al prelievo dal Bancomat sarà ridotto da 60 a 20 euro. Il ministero delle Finanze ha smentito ma peggio per lui. La notizia rimbalza, si moltiplica, diventa un fatto. La Merkel ha detto nessuna trattativa prima del referendum. La notizia diventa «nessuna trattativa», siamo già fuori dall’Europa e non lo sappiamo. Quello che invece le emittenti private oligarchiche sanno di sicuro è che le tipografie dello stato stanno lavorando giorno e notte per stampare le dracme. Non ci credete? Ma come, l’ha detto la Tv. Molti elettori di Syriza sono inorriditi. Accusano il governo di aver tollerato questa sconcezza mediatica. Bisognava prendere provvedimenti subito, fare loro pagare le tasse (evase sistematicamente) e l’occupazione (praticamente gratuita) delle frequenze. Giusto, forse. Ma poi rischiavamo una campagna europea in favore della libertà d’informazione violata dagli stalinisti al potere. Vagli poi a spiegare che si trattava di cialtroni ben stipendiati dagli oligarchi. Quando rende in termini di voti questa incredibile disinformazione? Forse è questo il vero quesito del referendum. I greci ostentano calma e sangue freddo e si infastidiscono quando si vedono inquadrati dalle telecamere. Gli anziani sono i più determinati.

Nessun incidente ai più di 800 sportelli rimasti aperti per loro, nessuna folla, nessun panico. Ma sicuramente c’è preoccupazione, forse anche paura. Chi accusa il governo, si vede, è per partito preso ma tutti sono concordi nel chiedersi meravigliati perché l’Europa democratica li vuole punire. Tutti sanno la risposta: hanno osato sfidarla votando il partito sbagliato: ma sono pochi coloro che vedono con sollievo l’abbandono dell’eurozona o anche l’Unione Europea. I greci sono orgogliosamente europei, nessuno può fargli cambiare idea.

È a loro che Tsipras ha voluto rivolgere il suo appello televisivo ieri sera. «Voglio ringraziarvi con tutto il cuore per la calma e il sangue freddo che state mostrando in ogni momento di questa settimana difficile. Voglio assicurarvi che questa situazione non durerà a lungo. Sarà provvisoria. Gli stipendi e le pensioni non andranno persi. I conti dei cittadini che hanno scelto di non portare i loro soldi all’estero non saranno sarcificati sull’altare dei ricatti e delle oscure manovre politiche. Rivolgo l’appello di sostenere questo processo negoziale, vi chiedo di dire no alle ricette di austerità che stanno distruggendo l’Europa». Molti si chiedono. Va bene, ma se poi questa mancanza di liquidità durasse a lungo, come se ne esce? Tsipras, anche ieri, ha ostentato la sua convinzione che dopo la vittoria del no ci saranno nuovi negoziati e la questione sarà risolta in tempi brevi. Martedì sera si sono radunati a piazza Syntagma i sostenitori del «Sì». Non tantissimi, ma pioveva. Però si sa che c’è una «maggioranza silenziosa» che non scende in piazza ma vota. Il progetto delle forze del Sì è chiaro, lo ha annunciato il leader della destra Samaras da Bruxelles: un nuovo premier, probabilmente il suo ex ministro delle Finanze, ora governatore della Banca di Grecia, Yannis Stournaras, per un governo «di unità nazionale».

Ma Samaras è una carta bruciata, dentro il suo partito quasi nessuno lo vuole. La nuova carta della rivincita delle forze pro austerità è il partito di plastica Tio Potami e il suo leader semianalfabeta Stavros Theodorakis. È lui che regge il grosso della campagna per il sì e probabilmente sarà lui a dettare l’agenda del ribaltamento politico nel caso di vittoria. Un’agenda molto chiara e semplice: accettare tutte le richieste di Berlino. Fine dell’anomalia greca, ritorno alla normalità teutonica.