Oggi i tunisini torneranno alle urne, per la terza volta in due mesi, per eleggere il presidente della repubblica. Nel ballottaggio si sfidano i due candidati che si sono piazzati ai primi posti nel turno di novembre: Beji Caid Essebsi (39 per cento) e Moncef Marzouki (33 per cento). Favorito è Essebsi, leader di Nida Tounes (Appello per la Tunisia, un partito laico di centro), che ha vinto le elezioni parlamentari di ottobre.

Marzouki, presidente ad interim uscente, non si dà tuttavia per vinto e ha usato tutti i mezzi per giocarsi il ritorno al palazzo di Cartagine. Lo scontro è stato estremamente duro e le accuse reciproche hanno fatto passare in secondo piano le posizioni politiche.

Marzouki ha accusato Essebsi di essere espressione del vecchio regime e troppo anziano (88 anni) per reggere un mandato di cinque anni. Il leader di Nidaa Tounes, più legato alla presidenza di Bourghiba, quando era ministro degli esteri, ha preso le distanze da Ben Ali e ha promesso di «ridare prestigio allo stato», oltre che a garantire sicurezza e stabilità. Marzouki, che ha girato tutto il paese in campagna elettorale, non può certo farsi vanto della passata esperienza presidenziale, da tutti giudicata fallimentare. E la promessa di democrazia – che non sarebbe garantita dal suo rivale – si scontra con l’appoggio in campagna elettorale della milizia armata islamista. La Lega per la protezione della rivoluzione, che con la rivoluzione non ha nulla a che vedere, si è resa responsabile di violenze e aggressioni (fino a causare la morte di Lofti Naghd, responsabile di Nidaa Tounes nel sud della Tunisia).

Essebsi alla campagna a tappeto di Marzouki ha opposto incontri mirati e calcolati oltre a una presenza mediatica pressante. Il risultato di oggi dipenderà dai sostegni conquistati tra gli elettori degli altri candidati il 23 novembre. Sicuramente Marzouki è appoggiato – anche se non ufficialmente – dagli islamisti di Ennahdha che non hanno presentato un candidato alle presidenziali. Gli islamisti devono aver sbagliato i conti: forse certi di vincere le legislative contavano di poter contrattare l’appoggio alla presidenza. Le previsioni si sono però rivelate sbagliate. E almeno finora Essebsi non ha cercato i voti islamisti, anche perché avrebbe perso parte di quelli che hanno appoggiato Nidaa Tounes per sbarrare la strada a Ennahdha. E non a caso a favore di Essebsi si è schierata anche la comunità ebraica tunisina.

Entrambi i candidati hanno concluso la loro campagna nella centrale Avenue Burghiba, Marzouki nel Teatro nazionale e Essebsi all’aperto. Il leader di Nidaa Tounes ha voluto rispondere al suo rivale che cerca di demonizzarlo recitando un versetto del corano. Al suo comizio finale hanno partecipato i leader dei partiti che lo sostengono, Afek Tounes e al Moubadara (partiti liberali di centro), altri politici e Basma Khalfaoui, vedova di Chokri Belaid, il leader del Fronte popolare assassinato il 6 febbraio del 2013. Proprio l’uccisione di Belaid e, qualche mese dopo, di Brahmi deputato della Costituente, hanno innescato le proteste che hanno portato alla fine del governo guidato dal partito religioso. E alcuni esponenti dell’Isil (lo stato islamico in Iraq e nel Levante) hanno approfittato della scadenza elettorale per rivendicare gli assassinii di Belaid e Brahmi e minacciare le elezioni. Le autorità tunisine hanno riconosciuto tra i terroristi Abu Baker al Hakin, contro il quale era già stato emesso un mandato di cattura.
Dalle elezioni presidenziali dipenderà anche la formazione del prossimo governo, rimandata a dopo il ballottaggio. Nidaa Tounes, che non ha i numeri per formare il governo, con chi si alleerà? Non è escluso un accordo con Ennahdha, ma molto dipende dai risultati elettorali.