Cinquecentomila. Di più: un milione di persone pronte ad attraversare il Mediterraneo per riversarsi sulle coste italiane e poi da lì in tutta Europa. E’ un vero esodo quello dipinto ieri dal direttore esecutivo di Frontex Fabrice Leggeri, che basa la sua analisi sull’aggravarsi della crisi libica. Al di là di questo, però, le parole di Leggeri non sembrano essere suffragate da nessuna prova concreta che dimostri la presunta imminente invasione, mentre si prestano bene alle speculazioni di quanti approfittano del dramma in corso da anni sull’altra sponda del Mediterraneo per costruire consensi elettorali. Al punto che anche il ministro degli esteri Paolo Gentiloni sente il bisogno di richiamare all’ordine il dirigente dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere. «Non serve sollevare allarmi e allarmismi – dice da Riga, in Lettonia, dove si trova per un consiglio degli esteri informale – si tratta di impegnarsi di più, noi italiani e l’Europa, per fronteggiare il fenomeno delle migrazioni. Quello che chiediamo a Frontex è maggiore collaborazione».

Di certo c’è che le parole di Leggeri arrivano con un tempismo perfetto. Il direttore esecutivo dell’agenzia europea parla con l’Ansa proprio quando a Bruxelles si sta pensando a come rimodellare Triton, la missione europea che dipende da Frontex e sulla quale piovono ormai critiche da tutte le parti. Ecco allora agitarsi gli scenari di un’improbabile fuga in massa dall’Africa: «Nel 2015 dobbiamo essere preparati ad affrontare una situazione più difficile dello scorso anno. A seconda delle fonti ci viene segnalato che ci sono tra i 500 mila e un milione di migranti pronti a partire dalla Libia», spiega Leggeri, che risponde anche a quanti accusano Triton di non effettuare abbastanza salvataggi in mare. «L’operazione Triton è sotto la catena di comando italiana – prosegue – mentre la ricerca e il salvataggio in mare rientrano invece sotto la competenza di una diversa catena di comando. Ma se c’è bisogno di fare soccorso in mare, i due comandi si parlano e Triton interrompe le operazioni di controllo delle frontiere e rende disponibili i mezzi di Frontex per la ricerca e il salvataggio fino a quando c’è necessità. Dal primo novembre un terzo delle vite sono state salvate proprio grazie al nostro contributo».

Il fatto è che oggi a spingersi fin quasi davanti alle coste libiin aiuto dei migranti sono soprattutto le motovedette della Guardia costiera italiana, mentre Triton ferma le sue navi a 30 miglia dalle nostre coste, limite considerato come confine europeo. Ed è da lì che partono in soccorso dei migranti, allungando notevolmente i tempi dell’intervento.

Non è un mistero che la crisi siriana prima e quella libica poi, perdipiù con l’avanzata dell’Isis, abbiano provocato flussi ingenti di uomini, donne e bambini in fuga. Si tratta però per la stragrande maggioranza dei casi di profughi accampati nei Paesi confinanti e pronti a rientrare nelle proprie case se e quando sarà possibile. Anche se non ci sono cifre ufficiali, solo una piccola parte di questi prova ad attraversare il Canale di Sicilia. Si tratta prevalentemente di siriani, etiopi, eritrei e somali, ai quali da poco tempo si sono aggiunti anche libici, che i trafficanti di uomini costringono spesso con la forza a salire su imbarcazioni sempre più vecchie e fatiscenti. Per questo è fondamentale riuscire a soccorrerli il più vicino possibile al punto dal quale partono. Come faceva ieri Mare nostrum e come fa oggi la Capitaneria di porto. E come si vorrebbe facesse anche Triton. Nei giorni scorsi a Bruxelles, durante i lavori della commissione europea dedicati all’immigrazione in seguito agli ultimi naufragi, si è ragionato proprio su questa possibilità, pur restando sempre nell’ambiguità se la missione europea debba occuparsi più di migranti o del controllo delle frontiere. In ogni caso si è chiesto ai Paesi membri maggiori finanziamenti da destinare a Frontex, richiesta avanzata ieri anche da Leggeri: «Se si vuole che Frontex faccia più operazioni – ha detto – abbiamo bisogno di risorse e staff e dell’impegno degli Stati membri a rendere disponibili i loro mezzi».

Scontate le reazioni della destra alle dichiarazioni del direttore di Frontex. Per il leghista Mario Borghezio saremmo ormai «alla vigilia di sbarchi di migliaia, forse milioni di derelitti», mentre Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia, si chiede se «Renzi farà continuerà a far finta di niente» e «liquiderà l’allarme di Frontex come demagogia e populismo». Sul fronte opposto si pone invece l’accento sui pericoli creati da certi annunci. «Frontex mi pare che si stia distinguendo per rincorrere i leghisti italiani a chi la spara più grossa» è il commento del vicepresidente dell’Arci, Filippo Miraglia. E Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano rifugiati, lancia un invito a Leggeri: «Anziché diffondere cifre allarmistiche – dice – bisogna pensare a dei canali umanitari per assicurare a chi si trova ad affrontare il Mediterraneo un arrivo in condizioni di sicurezza».