Le primarie dei Verdi investono i due candidati alle elezioni federali del 24 settembre. Sono Katrin Göring-Eckardt, capogruppo al Bundestag, nata nella Ddr e legata alla chiesa protestante (come Angela Merkel) e Cem Özdemir, figlio di immigrati e copresidente del partito. Sconfitto di un soffio Robert Habeck, giovane ministro dell’ambiente dello Schleswig-Holstein; il leader della sinistra interna Anton Hofreiter finisce ultimo.
È la vittoria dei «realisti», la corrente dei Grünen Cdu-friendly e non ostile alla politica della cancelliera. E lo spostamento a destra degli ecologisti che inseguono la coalizione nero-verde come quella del governatore Winfried Kretschmann in Baden-Württemberg.

Göring-Eckardt si conferma leader con il 70,6%. «Un gran segno di fiducia per noi», festeggia, mentre fissa l’obiettivo della conquista del 10% alle elezioni federali (due punti e mezzo più degli ultimi sondaggi). «Qualcosa che nella mia infanzia non mi sarei mai potuto immaginare» aggiunge Özdemir.

Due leader diversamente quadrati. La prima, classe 1966, si è formata negli anni Novanta nel Parlamento della Turingia con Bündnis 90. Ha presieduto il Sinodo delle chiese protestanti della Germania fino al 2013: candidata-cancelliera, in quell’anno diventa capogruppo al Bundestag. Nel suo curriculum ci sono gli studi teologici come il pugno di ferro sulla sicurezza e l’espulsione dei profughi senza le carte in regola. Esattamente la linea del candidato partner. Cresciuto in una famiglia di origine circassa, Özdemir, 51 anni, è nei Verdi dal 1981 e ha presieduto il partito per 8 anni. A favore dell’integrazione dei migranti ma anche delle missioni militari, viene definito l’«Obama tedesco».

Entrambi non hanno stabilito ufficialmente le alleanze, ma finisce l’era del «ponte naturale» a sinistra. La conferma viene da Deutsche Welle, organo di informazione pubblico, che disegna lo schema di una possibile alleanza per il quarto governo Merkel. Nel caso a Özdemir spetterebbe la poltrona di ministro degli esteri, sulle orme di Joschka Fischer al tempo di Schröder. Fantapolitica? Fino a un certo punto. Le primarie hanno messo fine (per un po’) alle convulsioni interne dei Verdi, spaccati sulla politica estera e in tema di sicurezza. Oscillazioni che hanno fatto perdere consensi alle regionali. Ed emorragia da tamponare con la realpolitik necessaria al rilancio del programma di governo: dal giro di vite sulle richieste di asilo agli investimenti in videosorveglianza al «silenziatore» alla patrimoniale che verrà poco pubblicizzata in campagna elettorale.