Folgorati sulla strada del metal. La storia del cristianesimo è scandita da conversioni clamorose: dal buon ladrone che invoca perdono sulla croce, al persecutore dei cristiani Saulo di Tarso divenuto il vero fondatore del cattolicesimo; da Agostino d’Ippona proclamato padre della chiesa dopo una gioventù dissoluta, al ricco signorotto Francesco d’Assisi che vestì il saio e dedicò la sua vita ai poveri. Forse è eccessivo scomodare i santi, ma anche il mondo del rock ha i suoi percorsi di conversione. Chi non ricorda la sbornia cristiana di Bob Dylan? Ma chi avrebbe mai pensato che oggi uno dei generi più popolati di clamorose folgorazioni è proprio l’heavy metal, «la musica del diavolo» per eccellenza? La comunità metal raccoglie molti cattolici insospettabili o cristiani rinati, convertitisi dopo anni di eccessi e dopo aver scandito la loro carriera con brani non certo da oratorio.

Alice Cooper

Originario di Detroit, Vincent Furnier, figlio di un pastore evangelico, scelse di chiamare la sua band Alice Cooper pare in onore di una strega di Salem palesatasi durante una seduta spiritica. Dagli anni Settanta divenne artista solista adottando il nome della sua band (benché femminile) e proponendo un rock trasgressivo che si avvicinava sempre di più al metal e non lesinava immagini sessuali, ma soprattutto tematiche orrorifiche e scenari da film del terrore. È considerato uno dei padri del cosiddetto shock-rock, avendo portato sul palco bizzarre scenografie da Grand Guignol e spettacoli live in cui comparivano ghigliottine, sedie elettriche, mostri giganti, simboli fallici, spruzzi di sangue e serpenti (questi ultimi autentici). Il suo personaggio ispirò il Frank N Furter del Rocky Horror Picture Show. I Kiss adottarono il suo gusto per la teatralità sfrenata: «Se ha successo un Alice Cooper – si disse -. Pensate a un gruppo con quattro Alice Cooper!». Ma Vincent Furnier divenne ostaggio del suo lato oscuro. Il suo alter ego scenico prese il sopravvento e la rockstar iniziò a confondere vita reale ed eccessi da palcoscenico e diventò schiavo dell’alcol. Alla fine, dopo anni bui, decise di disintossicarsi e ritrovò la fede che aveva abbandonato all’inizio della sua carriera rock. «Sono cresciuto in una famiglia cristiana – ha detto -. Amo considerarmi il vero figliol prodigo. Dio ha permesso che io facessi qualsiasi cosa per poi richiamarmi a sé. È come se mi avesse detto ‘Hai visto abbastanza, è ora di tornare a casa’. Ero un alcolista malato, autodistruttivo. Bevevo in continuazione, vomitavo sangue tutti i giorni. Poi ho ricominciato ad andare in chiesa. Le case, le macchine, le cose materiali non sono la risposta, c’è solo un grande nulla al di là di queste cose. Si dice che nel cuore c’è un buco a forma di Dio. Solo quando lo riempi sei soddisfatto ed è dove sono io adesso. Ed è per questo che io adesso sto bene». Alice Cooper non ha però rinunciato alla sua musica e ai suoi spettacoli. Ha continuato, e lo fa ancora oggi alla bella età di 65 anni, ad esibirsi come il re dello shock-rock, in un teatro musicale fatto di heavy metal e scenografie horror. Non ha nascosto la sua conversione e si è molto impegnato ad aiutare i musicisti affetti da dipendenze. «Studio molto la Bibbia, penso che la gente abbia un’idea sbagliata dei cristiani. Anche noi amiamo il rock. Oggi continuo a suonare dal vivo, sicuramente ho un altro sguardo su quello che ho fatto. Molte delle mie vecchie canzoni erano sicuramente eccessive, ma le mie hit, anche se erano provocatorie, sono del tutto accettabili. È facile bere birra, distruggere le camere d’albergo. Ma essere cristiano è una scelta dura. È questa la vera ribellione».

Tom Araya

Se c’è una band che ha plasmato l’immagine e l’aggressività del metal contemporaneo è quella degli Slayer. Sulle scene da trent’anni, sono stati spesso identificati con il satanismo. Forse non a torto… Il loro logo è la stella a cinque punte (tradizionale simbolo dell’occultismo), una copertina di un loro disco fu censurata per blasfemia e, a leggere i testi delle canzoni, il messaggio parrebbe chiaro. Alcuni loro pezzi hanno titoli inequivocabili: «L’inferno aspetta», «Dio ci odia tutti», «Lo scheletro di Cristo», «Oscurità di Cristo». Tom Araya, cantante e bassista della band, sul palco canta il verso «Io sono l’Anticristo, il tuo dio mi ha abbandonato», ma è cattolico. Da sempre. Nato in Cile e poi trasferitosi da bambino in California, ha avuto un’educazione religiosa e non ha mai ritenuto che le canzoni della sua band avessero un messaggio, ma fossero parte di una scelta artistica, alla pari di un autore di film dell’orrore. Ma sono due universi che si possono conciliare? «Posso separare le due cose – ha detto Araya in un’intervista -. La nostra band è veramente brava in quello che fa. Gran parte delle tematiche anti-religiose sono scritte da Kerry King (il chitarrista della band, ndr). E mi dispiace dirlo, ma quando le leggo dico ‘è roba veramente buona’, perché riesce a scandalizzare le persone e farle ammattire. Un obiettivo che abbiamo sempre avuto. Non mi piace giudicare. Non giudico e non voglio essere il primo a scagliare la pietra. La mia fede, il mio tipo di cattolicesimo mi permette di fare questo. Non sono per chi pensa che la fede sia ‘Devi fare così’ ‘Devi essere così’. Io non credo a queste cose». Come spiegare un disco dal titolo feroce come God Hates Us All”? «No Dio non odia nessuno, ma era davvero un grande titolo…».

Dave Mustaine

Personalità contraddittoria e non molto amata neppure dai suoi colleghi, Dave Mustaine è stato una delle figure fondamentali nella rivoluzione metal degli anni Ottanta. Fondatore dei Metallica fu poi cacciato dal gruppo per i suoi eccessi e fondò i Megadeth che divennero una delle pietre angolari della scena thrash metal. Mustaine ha avuto un lunghissimo periodo di dipendenza dall’alcol e dall’eroina. È stato uno dei protagonisti dell’universo metal, ma anche uno dei frontman più odiati. Negli ultimi anni si è infine avvicinato alla religione, un percorso iniziato anche grazie all’amicizia con Alice Cooper che oggi Dave definisce il suo padre spirituale. Parte del suo percorso di conversione è stato riappacificarsi con le tante persone con cui aveva litigato nella sua carriera. «Ho iniziato a riconciliarmi con coloro a cui avevo fatto male in vita mia. Oggi posso dire di non avere più nemici. Mi sento davvero bene». Gli ultimi con cui ha riallacciato i rapporti sono stati proprio gli ex amici dei Metallica con cui è tornato anche ad esibirsi. Mustaine ha sposato anche posizioni politiche conservatrici. Nel 2012 scese in campo contro il matrimonio gay, dando appoggio al candidato presidenziale ultra-conservatore Rick Santorum (posizione poi ritrattata). Ha dichiarato che non vuole più suonare con band sataniche e oggi quando incide in studio fa appendere il crocefisso. Nel backstage dei Megadeth una volta dominavano eroina e alcol ora c’è un clima diverso: «Studiamo la Bibbia insieme» ha detto il bassista del gruppo David Ellefson, anch’egli ripulitosi dalle dipendenze. «Ho una relazione personale con dio e con Cristo -ha dichiarato Mustaine -. Non voglio imporla a nessuno. È una cosa privata. Non penso che abbia nulla a che fare con quello che suono».

Pete Sandoval

«Io credo in me stesso. Ma prima di tutto credo in dio perché senza di dio non sarei dove sono ora. E non mi sono mai sentito meglio di così». Pete Sandoval oggi si proclama innamorato di dio. La cosa stupefacente è che per vent’anni è stato il batterista dei Morbid Angel (l’angelo morboso), band che ha sempre incentrato le proprie canzoni su temi quali il satanismo e la ribellione a dio e alla religione. Sandoval è uno dei batteristi più influenti e riconosciuti della frangia più estrema del metal. Iniziatore del grind-core con la band dei Terrorizer e poi del death metal proprio con i Morbid Angel, ha creato uno stile musicale inconfondibile oggi imitato da migliaia di formazioni del rock più violento. Così, dopo anni di canzoni dai titoli come «Sanguina per il diavolo», «Blasfemia», «Giuramento all’oscurità», «Dio del vuoto», si è trovato a confrontarsi con la fede e a trovare una nuova vita. «Sono state mia madre e mia sorella – ha detto il batterista – ha convincermi a leggere la Bibbia. E qualcosa è successo. Quando stavo cercando di capire le scritture, dio è entrato nel mio cuore. Nella mia vita è entrata la luce e ho capito che vivevo in un modo di oscurità, una vita buia. dio mi ha aperto gli occhi. È come il primo amore, nulla al mondo ora può separarmi da questo». Questa conversione avrebbe commosso il Manzoni, ma non è piaciuta per nulla ai colleghi dei Morbid Angel, imbarazzati per vedere così compromessa la propria immagine di satanisti duri e puri. «Pete non è più nel gruppo – ha dichiarato il cantante David Vincent -. Tutto il suo stile di vita è cambiato. È in un posto diverso, e, nel posto dove è ora, Pete Sandoval e i Morbid Angel non sono compatibili». Faceva scalpore un profilo Facebook di Sandoval infarcito di frasi tratte dalla Bibbia e invocazioni alla conversione… Il satanista riluttante oggi suona nei Terrorizer dove affronta tematiche politiche e sociali con la furia sonora di sempre. «Io sto alla grande. Sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto sia con i Morbid Angel che con i Terrorizer. Non cambierei nulla perché tutto quello che ho fatto mi ha portato dove sono ora».

Brian «Head» Welch

«È come se Gesù fosse sceso e mi abbracciasse. Mi sono sentito a casa per la prima volta in vita mia». Nel 2005 il chitarrista di una delle band più malsane della scena rock, i Korn, annunciò al mondo di essersi convertito e di non riconoscersi più in quello che aveva fatto in tanti anni vissuti da rockstar. Brian Welch aveva fondato i Korn in California nel 1993, in pochi anni con i suoi compagni rivoluzionò la scena metal, sia musicalmente sia come contenuti. Musica implacabile, sesso, serial killer, storie morbose e violente: la band venne definita la «più pervertita del rock». Era esattamente quello che il pubblico voleva. Agli inizi del nuovo secolo i Korn avevano già collezionato 13 dischi di platino negli Usa, altrettanti in giro per il mondo. Ma la vita di Welch stava andando in pezzi, dipendente dalla metanfetamina fu lasciato dalla moglie (anch’essa tossicodipendente) e si trovò ad occuparsi di una bambina piccola. «La mia vita era un party continuo, mi facevo di speed ogni giorno – ha ricordato Brian -. Mi sono drogato ogni giorno per due anni. Ero così fatto che ho avuto paura. Provavo a disintossicarmi, ma non ci riuscivo. Nessuno poteva aiutarmi. Così ho voluto capire se Gesù fosse reale e gli ho chiesto di salvarmi. Immediatamente mi ha liberato dalle droghe. Mi si è rivelato. Mi ha dato forza. Ora so di essere responsabile a Gesù per ogni cosa che faccio». Welch lasciò la band che senza di lui iniziò una fase di declino. Per alcuni anni si è dedicato a sua figlia, suonando in alcuni progetti solisti e scrivendo libri sulla sua conversione. Nel 2012 ha accettato di tornare nella band, ritrovando i vecchi amici anch’essi ripuliti da droghe e alcol. «Musicalmente non ci siamo calmati. Ci siamo liberati dall’autodistruzione. Per me oggi non c’è nulla di male a essere tornato con loro perché il cuore di dio batte per tutti». «La sua fede?- ha detto il cantante dei Korn, Jonathan Davis – So solo che gli ha salvato la vita. Quindi a me va bene». Welch è autore anche del libro Più forte: 40 giorni di metal e spiritualità. Il primo catechismo per metallari.

Blackie Lawless

Era il 1985, e l’hard rock e l’heavy metal stavano vivendo un grande momento di successo. Non tutti erano contenti: negli Stati Uniti si costituì un movimento conservatore chiamato Parents Music Resource Center (Centro d’Informazione Musicale per Genitori), capitanato da Tipper Gore, moglie dell’allora senatore Al Gore (futuro vice-presidente- candidato presidenziale-premio Oscar-premio Nobel). L’organizzazione invocava la censura e chiedeva maggior controllo sulla moralità dei prodotti musicali destinati ai teenager. Per Tipper Gore la testimonianza più scandalosa era un singolo della band W.A.S.P. intitolato Fuck Like a Beast (Fotto come una bestia). Il leader di quel gruppo era il demoniaco Blackie Lawless. All’anagrafe Steven Duren, il cantante era cresciuto in una famiglia religiosa, ma si era dedicato al metal, all’occultismo e al sesso sfrenato. Il nome della formazione era una contrazione di «We Are Sexual Perverts» (siamo pervertiti sessuali), Blackie amava farsi fotografare bevendo sangue e con teschi in mano, durante i concerti gettava brandelli di carne sanguinante sul pubblico. Le trasgressioni premiarono: il ribrezzo delle mamme d’America portò la band al successo e al disco d’oro. Gli W.A.S.P. hanno continuato le loro provocazioni per anni con molto meno seguito, di recente però Blackie Lawless è ricomparso proclamandosi cristiano rinato e dichiarando di aver iniziato una nuova fase della sua vita. «Sono stato nella chiesa da ragazzino – ha detto -. Arrivai in California e me ne distanziai fin quanto è umanamente possibile. Ho studiato l’occultismo e per 20 anni ho pensato di odiare dio. Ho capito alla fine che non odiavo dio, ma l’indottrinamento che mi avevano imposto da piccolo. Così ho dovuto trovare una risposta su questo e l’ho trovata leggendo la Bibbia». E il satanismo? «Ora io conosco tutti e due i mondi, perché sono stato da quella parte e so che cercavo qualcosa. Conosco ora quel mondo e conosco quel linguaggio». La conversione ha fatto bene anche alla band. Il nuovo album degli W.A.S.P., intitolato Golgotha è stato giudicato uno dei migliori dischi metal dell’anno e ha riportato dopo anni il gruppo in classifica. È totalmente ispirato alla ritrovata religiosità del cantante: «È scritto tutto attraverso gli occhi della mia fede». Basta sesso selvaggio e inni all’eresia, ma versi quali «Sto tornando a casa (…) Signore, non voglio perdere la mia anima. Questo peso è troppo grande. Dammi la possibilità di cambiare e di vivere la vita che voglio vivere». «La Bibbia è la parola vivente del dio vivente» è il motto oggi di Blackie Lawless che ha cancellato dal suo repertorio dal vivo le sue hit più scabrose. Compresa Fuck Like a Beast”.

Zakk Wylde

Da Ozzy Osbourne a papa Francesco. Giovane talento della chitarra, Jeffrey Wielandt nel 1986 a soli 19 anni divenne chitarrista del leader dei Black Sabbath negli anni della sua avventura solista. Assunto il nome d’arte di Zakk Wylde oggi guida i Black Label Society ed è uno dei migliori chitarristi hard rock sulla piazza. Il suo sodalizio con Ozzy terminò bruscamente nel 2009 dopo anni di tour e di dipendenza dall’alcol. Zakk oggi si proclama un devoto cattolico. «Stando con Ozzy tanti anni tra riti satanici e orge – ha detto scherzando sulla sua conversione – ho dovuto compensare le cose…». In realtà il chitarrista non tocca ormai una bottiglia da anni e giura di non aver mai tradito in 26 anni di matrimonio la moglie, nonostante le tentazioni della vita on the road. «Penso sempre al signore, quando mi sveglio, quando vado a letto, nel mezzo delle mie giornate. Sono grato per tutto quello che ho. Non ho certo bisogno di una tragedia per capire di quanto io sia stato benedetto. Sono un soldato di Cristo, senza dubbio. Lui è sempre con me, tutto il tempo». L’ ultimo album dei Black Label Society è uscito l’anno scorso e si intitola Catacombs of the Black Vatican (Le catacombe del Vaticano nero), titolo gotico, ma con testi tutti dedicati dalla fede. «Distruggi la paura e le guerre dell’uomo – canta Zakk -. Prendi la mia mano, voglio vivere per sempre. Io voglio credere». Teschi e heavy metal devozionale: qualche settimana fa su Twitter il rocker ha aggiornato il logo della sua band con l’immagine di papa Francesco. Chissà, Bergoglio potrebbe anche apprezzare…