Il Dizionario Storico-Critico del Marxismo è un progetto unico nel suo genere, non solo per le dimensioni monumentali e per il carattere internazionale che esso assume (si pensi solo ai numerosi collaboratori che partecipano da ogni parte del mondo), ma soprattutto per il momento storico preciso in cui una simile operazione ha luogo: un periodo che, oltre ad essere assai povero di criticità nel dibattito politico internazionale, anche sul piano culturale sembra aver perso un orizzonte critico di riferimento.

Carenza di criticità che ha portato ad una situazione assai lontana dalla «fine delle ideologie» prospettata da Francis Fukuyama: quella in cui viviamo, infatti, è in realtà l’era più ideologica della storia, con l’affermazione su scala globale del modello capitalista, supportato e mai contraddetto dalle nuove democrazie liberali.

In un tale contesto, quello di un Dizionario Storico-Critico del Marxismo (HKWM, n.d.r.) rappresenta un punto di assoluta importanza e di rilievo internazionale.

Abbiamo intervistato Peter Jehle, responsabile del progetto editoriale, nonché membro dell’Istituto berlinese di Teoria Critica (InKriT; www.inkrit.de).

Ci vuole illustrare il progetto dell’HKWM?

Come si può facilmente prevedere, l’influenza storica del pensiero di Marx delinea il principale ambito tematico del HKWM. Ma l’indagine di Marx conduce più lontano: il «marxismo», così come è interpretato dal HKWM, è tutt’altro che un fenomeno isolato, settario o specialistico, ma ha sviluppato e diffuso un cambiamento radicale a livello sia pratico che teorico nelle questione relative le forme di socializzazione e le relazioni dell’uomo con la natura. Si tratta di questioni generali, che riguardano l’intero orizzonte della vita umana. L’indagine di Marx rintraccia le condizioni storiche del dominio e dello sfruttamento, ed è stata ampliata, elaborata e sostenuta scientificamente in un immenso processo di ricerca. Il HKWM, pertanto, indaga nel passato, come una sonda, allo scopo di comprendere gli sviluppi scientifici, tecnici e culturali del nostro tempo.

L’elemento più interessante del Dizionario è che esso non si risolve in una semplice opera di «filologia marxista», ma accoglie e rielabora nuovi concetti politici e cerca di inserirli all’interno di una mappatura teorica in continua evoluzione, e che talvolta si trova a dover rendere conto di posizioni contrastanti e differenti all’interno della costellazione teorica marxiana, e che si riferiscono a pratiche politiche, movimenti sociali e approcci teorico-critici differenti. Come è possibile mantenere insieme questa pluralità di voci?

Come abbiamo scritto nella prefazione al primo volume del Dizionario, nel 1994, un marxismo sostenibile deve essere in grado di affrontare i problemi di sopravvivenza dell’umanità persino in una «astronave terra». Da allora, dopo vent’anni, sono stati pubblicati (considerando anche le divisioni in tomi) altri 11 volumi, nei quali quell’affermazione ha trovato una conferma: oltre al movimento operaio e alle esperienze socialiste e comuniste, sono comprese anche le questioni relative alla crisi ambientale e al movimento femminista, così come hanno trovato un ampio spazio anche la teologia della liberazione e la questione post-coloniale del «terzo mondo».

Il significato del nostro progetto, ovvero quello di essere un dizionario «storico-critico», assume pertanto un nuovo significato, che lo porta a trascendere e andare oltre l’aspetto puramente archivistico-editoriale, rispettandone allo stesso tempo le regole. Vi sono certo delle contraddizioni alle quali il nostro progetto deve far fronte, come quella di conciliare un lavoro dal respiro internazionale che nonostante tutto viene pubblicato in una lingua nazionale, o la tensione fra una vocazione globale del progetto e la sua gestione locale, o ancora quella di un quadro di riferimento unitario all’interno del quale sia tuttavia possibile dare espressione a una molteplicità di voci, a una pluralità di movimenti sociali.

All‘indagine nel passato si accompagna dunque una attenzione sempre rivolta alle esperienze sociali più recenti. Il futuro della politica pare giocarsi, oggi, proprio sulla capacità di azione e di incisione non solo pratica, ma anche teorica, dei movimenti sociali. La teoria marxista è veramente così distante da essi? Nello specifico, quale contributo può fornire un progetto come quello dell’HKWM?

Se sul piano teorico il principale contributo di Marx è stato l’analisi del capitalismo, sul piano pratico è stato la nascita del movimento operaio, il quale ha agito da guida programmatica per il movimento internazionale dei lavoratori. Ma la domanda di Marx è basata sull’imperativo categorico di inquadrare nella prospettiva critica di un mutamento sociale tutte le condizioni «in cui l’uomo è umiliato, reso schiavo, abbandonato, ridotto ad una essenza spregevole»: quella domanda, la sua domanda, va ben oltre ogni movimento di emancipazione.

Il movimento operaio, così come i movimenti sociali, devono imparare a riflettere sul proprio ruolo e sulla propria azione in modo critico, ripetutamente. Come sostiene il direttore del progetto, Wolfgang Fritz Haug, è necessario che essi sviluppino «un rapporto storico con i propri concetti e un atteggiamento critico nei confronti della propria storia». Questa consapevolezza critica non si deve limitare a una semplice e banale conoscenza storica, ma deve essere uno strumento in grado di affrontare le problematiche del mondo di oggi. Così nel Dizionario appaiono voci come «Hacker», «Hollywood», «Jeans»… Come appare anche la voce «Lorianismo», termine utilizzato da Gramsci per definire quegli intellettuali privi di spirito critico, che si può applicare, naturalmente, anche a certi autori marxisti.

Si tratta, allora, di una opera di ricostruzione storico critica del pensiero marxista in una forma auto-riflessiva, o meglio auto-critica?

La fine del marxismo-leninismo ha lasciato un debito storico, un enorme cumulo di macerie che minaccia di seppellire e cancellare definitivamente, insieme agli elementi irrazionali e pericolosi, anche i germi sommersi di un possibile futuro che nel marxismo erano contenuti. La possibilità di una auto-riflessione critica sulle proprie posizioni teoriche, l’idea stessa di una auto-critica, era un tabù nel socialismo sovietico, nel socialismo di Stato. Non tutti hanno ancora compreso che un simile tabù verso la critica, verso l’auto-critica, porta alla paralisi politica e sociale. Si pensi a Rosa Luxemburg, o allo stesso Gramsci.

Quando si parla di «Teoria Critica» si pensa immediatamente all’Istituto per la Ricerca Sociale di Francoforte sul Meno, e ad autori quali Adorno, Horkheimer, Marcuse. Che tipo di rapporti ha InkriT con Francoforte? E che tipo di posizionamento teorico assume rispetto alla Teoria Critica?

Il HKWM è un progetto politico, che deve tuttavia essere portato avanti rispettando le logiche «apolitiche» di un lavoro scientifico e teorico, del tutto impossibile senza una adeguata attitudine accademica, senza una suddivisione disciplinare del lavoro, e senza un affiancamento costante alla ricerca. Aspetti, questi, che ci avvicinano al lavoro portato avanti dalla Scuola di Francoforte. Tuttavia, l’InKriT non vuole spodestare la Scuola di Francoforte, appropriandosi del termine «Teoria Critica»: è nota a tutti la profondità di significato che questo termine ha assunto, tanto che quando ci si riferisce alla Teoria Critica francofortese si adoperano le lettere maiuscole. Noi scriviamo «teoria critica», a caratteri minuscoli; e significa semplicemente che non abbiamo nessun rapporto privilegiato con la Scuola di Francoforte. Come Benedetto Croce ha voluto distinguere cosa è «vivo» e cosa è «morto» in Hegel, allo stesso modo noi intendiamo fare con la Teoria Critica.

Grazie al concetto di critica dell’ideologia possiamo, per esempio, ricominciare a considerare in maniera neutrale Lenin e il marxismo. È la dimostrazione del guadagno cui si va incontro nell’appoggiarsi ancora al concetto marxiano di critica dell’ideologia, poiché grazie ad esso si può costruire qualcosa di produttivo. Mentre invece, la dicotomia habermasiana tra lavoro e interazione sociale, ha limitato la prospettiva di Marcuse riducendola ad una forma di razionalità alternativa nelle scienze e nella tecnica, a scapito di una critica globale, ecologica, al capitalismo. Se in molte voci del nostro Dizionario facciamo riferimento alla Critica francofortese, lo facciamo chiamandola in causa sia come soggetto che come oggetto di indagine, sia come strumento che come materiale di analisi.

Viviamo in una condizione che obbliga e costringe il pensiero alla fatica, al dolore, ma anche al potere del negativo, per dirla con Adorno. Il pensiero oggi deve trasformarsi in una critica spietata per mantenere le condizioni di sopravvivenza: solo in questo modo, attraverso una critica che sia in grado di illuminare la coscienza e riattivare l’immaginazione sociale, sarà possibile salvare l’umanità dalla rovina.

 

SCAFFALI

800 autori e 15 volumi. E non solo

«Neofordismo», «Egemonia», «Razionalità tecnologica», «Femminismo», «Riforma Agraria». Sono solo alcune delle voci che compongono il monumentale lavoro del Dizionario Storico-Critico del Marxismo (HKWM), il cui progetto editoriale, a cura dell’Istituto di Teoria Critica di Berlino (InkriT) e della rivista «Das Argument», è diretto da Wolfgang Fritz Haug ed è supportato da un comitato editoriale di cui hanno fatto parte, tra gli altri, Pierre Bourdieu, Étienne Balibar, Jacques Derrida, Eric Hobsbawm. Nato inizialmente nel 1983, traducendo il «Dictionnaire Critique du Marxisme» fino al 1989; dopo il crollo dell’URSS si è modificato in un programma di più ampio respiro, raccogliendo collaboratori da tutto il mondo. Attualmente sono stati stampati 8 volumi (l’ultimo in due tomi), mentre il numero 9/I è in lavorazione (con le voci «Maschinerie-Mitbestimmung»). L’opera completa comprenderà ben 15 volumi, oltre 1500 voci e il contributo di oltre 800 autori da diverse parti del mondo, e sarà il più ricco, completo e internazionale dizionario sul marxismo. Per avere maggiori dettagli sul progetto è possibile consultare il sito web dell’Istituto di Teoria Critica di Berlino (www.inkrit.de).