Camminava sulle uova, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, quando ha detto che la legge di bilancio è «austera» ma «espansiva». Ieri, mentre parlava in un’audizione sulla manovra davanti alle commissioni bilancio riunite di Camera e Senato, sembrava uscito dal governo Monti. Quello Meloni ha la stessa aspirazione con una tendenza verso il neoliberalismo autoritario.

IL «GIORGETTISMO» è l’arte dei paradossi ispirata al realismo capitalista. Teme i «mercati», più dell’Europa, pratica i vincoli esterni e li considera come leggi della storia, gestisce l’austerità e amministra un’equazione impossibile: meno tasse e spesa pubblica, tagli lineari a ministeri e enti locali che aumenteranno le tariffe e diminuiranno i servizi. Privatizzazioni da 20 miliardi in tre anni, ma solo dopo l’approvazione di una manovra ragionieristica e modesta. Eppure il ministro dell’economia ieri ha cercato di dimostrare che la legge di bilancio è a favore dei dipendenti e delle famiglie. Un colpo al cerchio e un altro alla botte, in equilibrio tra la libertà dei proprietari e la sacra legge del pareggio di bilancio in costituzione.

SOSTIENE GIORGETTI che i sindacati sono «legittimati» a scioperare venerdì, in disaccordo concordante con il «capo» Salvini. Allo stesso tempo, Giorgetti sostiene che «due terzi dell’intera manovra, è diretta a famiglie con redditi medio-bassi e lavoratori dipendenti». La quantità è tutto per la politica fast-food. Un bonus, ad uso delle elezioni europee a giugno 2024, non è però una strategia economica pluriennale. È un effetto placebo ad uso dei sondaggi. Nulla di attendibile si sa dell’anno prossimo. Ci sono i «numeretti». Giorgetti ieri ha ipotizzato che la crescita, anche a causa della nuova guerra in Medioriente, potrebbe essere rivista in calo per lo stimato aumento dei prezzi del petrolio.

PER AVERE UN’IDEA meno propagandistica possibile di una manovra contro la quale stanno arrivando diverse giornate di sciopero bisogna seguire l’analisi durissima fatta ieri in audizione da Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). La manovra è costruita su interventi temporanei, frammentati e ha la vita già segnata: il prossimo anno sarà tutto da rifare e bisognerà trovare soldi che non ci sono. Quanto alla sanità, il governo è stato smascherato di nuovo, dopo la Corte dei Conti, Bankitalia e altri: il finanziamento pur aumentato, potrebbe non coprire le spese previste nel prossimo triennio, anche a causa dell’aumento dei prezzi dei beni energetici. Senza contare il fatto che potrebbero sorgere carenze di personale. E «poco verosimile» appare la promessa dell’asilo gratis a partire dal secondo figlio.

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L’UPB HA ILLUSTRATO le conseguenze prevedibili del taglio del cuneo fiscale e della riforma dell’Irpef. Sapevamo che la prima è una costosissima pioggerella di bonus che non basta a recuperare l’inflazione, anche se impegna gran parte del deficit fatto dal governo (oltre 10 miliardi su quasi 17). Durerà un altro anno, conferma quanto già è presente nelle buste paga. Il problema sarà l’anno prossimo. Il governo ritroverà i fondi per una misura non strutturale pagata con le risorse di tutti?

L’UPB HA AGGIUNTO un altro dettaglio quando ha calcolato cosa accadrà quando i potenziali beneficiari che hanno un reddito lordo non superiore ai 35 mila euro guadagneranno un euro in più. Perderanno circa 1.100 euro con il superamento di tale soglia. Non solo. Si genererà una disparità tra lavoratori e pensionati, tra giovani e maturi. L’effetto combinato tra il taglio del cuneo e dell’Irpef a tre aliquote premierà di più i lavoratori con reddito medio-basso, ma per i pensionati, l’incidenza del beneficio risulterà inferiore. La decontribuzione premia sempre, in rapporto al reddito, in modo particolare i più giovani, soprattutto entro i 35 anni, sostiene l’Upb.

POSITIVO È STATO il giudizio dell’Upb sugli interventi pensionistici ingiustificabili, senza una riforma organica della complessa materia, come la stretta sui requisiti dell’Ape sociale e Opzione donna. Ben valutato è stato l’intervento arbitrario sulla parte retributiva degli assegni di medici (oltre 31 mila) e dei dipendenti pubblici (700 mila pensioni dal 2039) che più di una preoccupazione sta dando al governo. Senza contare il fatto che l’ipotesi di applicare il ricalcolo alle pensioni anticipate, escludendo quelle di vecchiaia, avvantaggerebbe i medici penalizzando gli infermieri. Il Nursind ieri ha confermato lo sciopero con Cgil e Uil venerdì. Il 5 dicembre sarà il turno dei medici Anaao Assomed, Cimo-Fesmed