Il 29 marzo la nuova legislazione sulle forze di autodifesa è entrata in vigore, ora il Giappone potrà inviare truppe all’estero per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Abbiamo intervistato sull’argomento Ito Makoto, avvocato e presidente dell’Istituto di Diritto costituzionale del Giappone.

Siamo di fronte a un evento che ha cambiato il Giappone?
Sì, fino ad oggi questo paese non entrava in guerra e per 70 anni le truppe giapponesi non hanno ucciso nessuno, né sono state uccise all’estero. Si tratta di una rottura costituzionale di grande rilievo. Questa legislazione viola la costituzione pacifista del Giappone.

Negli anni ’50 e ’60 ci sono già state interpretazioni estensive dell’articolo 9 della costituzione – che bandisce la guerra – per creare le forze di autodifesa. Cosa è diverso questa volta?
Quando furono create le forze di autodifesa almeno ci fu uno sforzo da parte del governo di allora di interpretare la costituzione. Questa volta ignorano ciò che è scritto. Non c’è neanche un tentativo di legittimare le loro azioni. L’articolo 9 menziona la guerra solo per rinunciarvi completamente. Con queste leggi, senza una modifica costituzionale, semplicemente ignorano la Costituzione per realizzare i loro fini. Lo stato di diritto stesso è in pericolo in questo secondo mandato del governo Abe, la modifica dell’articolo 9 è solo uno dei punti dell’agenda del Jiminto (Partito Liberal Democratico).

Quindi in gioco c’è di più della sola sicurezza collettiva?
Il controllo che i cittadini hanno sul governo si sta allentando e il divario tra governo e cittadini cresce.

Molti attivisti sono preoccupati proprio di questo. Lei sulla stampa ha paragonato il governo Abe a quello nazista prima della fine della Repubblica di Weimar. Perché?
Una ragione è la propaganda. Giocano con le parole per realizzare i loro obiettivi. Invece che parlare esplicitamente di «preparativi di guerra» dicono di voler proteggere la pace e la sicurezza internazionale. Inoltre, basano questa politica sull’idea che il Giappone sia una nazione speciale e che i giapponesi siano un popolo speciale e che debbano essere potenti. Vogliono militarizzare il Giappone ignorando la costituzione. Questa volontà di potenza e questo modo di procedere accomunano il governo Abe alla Germania nazista.

Quali cause ci sono dietro questo processo?
In primo luogo, c’è il pensiero personale di Abe. Persone della destra nazionalista, come lui, sostengono che la nostra costituzione sia stata imposta dagli Usa vincitori della guerra e non si sentono vincolati a rispettarla. Inoltre, ammirano il vecchio e militarmente forte Giappone di prima della guerra con un ruolo centrale per l’imperatore, allora venerato come dio.

Abe ha dichiarato il 22 gennaio scorso che l’oggetto delle prossime elezioni estive sarà una riforma complessiva della costituzione e che punta a ottenere i 2/3 dei seggi necessari. Lei crede che abbia alzato troppo la posta questa volta?
Il sentimento contro di lui cresce. Faccio conferenze in varie parti del paese e ogni volta partecipano dalle 500 alle 1.000 persone che esprimono la loro opposizione alla politica del governo Abe. Persone semplici che tengono alle loro vite e non vogliono cambiarle. Ci sono molti individui che partecipano ad ogni tipo di attività, non solo proteste, anche raccolte di firme e petizioni, persone che ci mettono il proprio nome. Per le prossime elezioni ci sarà un forte movimento di cittadini che si opporranno al governo.

Lei come vede il movimento? Cosa porta al Giappone?
Questa è la prima volta che un movimento di queste proporzioni si verifica in Giappone. I partecipanti appartengono a gruppi e età diverse, studenti, sarari men – i lavoratori stipendiati – fino ai pensionati. Partecipano a titolo individuale, non in quanto parte di una singola organizzazione. Credo che sia un’opportunità per il Giappone di riprendersi costituzionalità e democrazia.

E il Giappone rurale?
Il numero di persone contro il Partito Liberal democratico è in crescita. Alle scorse elezioni il 70 per cento dei seggi è stato eletto da appena il 24 per cento dell’elettorato a causa delle disparità nella legge elettorale. Il sistema è tale che prefetture con poca popolazione eleggono molti rappresentanti.

Quindi un parlamento eletto con una legge anticostituzionale vuole cambiare la costituzione?
Corretto, per questo mancano di legittimazione democratica.

Ora lei insieme ad altri 600 avvocati patrocina un’azione legale contro queste leggi sulle forze di autodifesa, come è riuscito a introdurre la causa? Dov’è l’interesse ad agire del singolo cittadino?
La questione che noi solleviamo si basa su due punti. Con il primo chiediamo di fermare l’invio di forze militari all’estero, con il secondo punto chiediamo i danni morali per la sofferenza inflitta ai cittadini dalla presente legislazione. Ci sono circa 2.000 partecipanti che hanno proposto l’azione. La prima tappa è la Corte distrettuale di Tokyo dove 800 persone hanno iniziato la causa, poi inizieremo anche in altre parti del Giappone. Una differenza con l’Italia è che qui non abbiamo una Corte costituzionale e qualsiasi giudice può dichiarare una legge anticostituzionale. Comunque spero che la legge venga abrogata prima di arrivare alla Corte Suprema.

Come sono nati l’idea della causa e il gruppo che la sostiene?
Dall’esperienza sulla disparità di voto della legge elettorale dichiarata incostituzionale di cui mi sono occupato a lungo. L’idea stessa è nata 2 anni fa e abbiamo iniziato i preparativi per far dichiarare anche le leggi di autodifesa incostituzionali. Io, in particolare, partecipo alle riunioni dell’Ordine degli Avvocati sulla questione. Ho una grande passione per il costituzionalismo e il liberalismo. La mia passione viene da qui.

Crede di poter riportare la politica estera nelle mani dei cittadini?
Sì, penso che quello che facciamo sia di riportare tutte le leve della politica nelle mani dei cittadini, non solo la politica estera, ma tutta l’attività di governo.