I moderati hanno stravinto alle elezioni parlamentari e dell’Assemblea degli Esperti in Iran. I politici vicini al presidente Hassan Rohani hanno ottenuto oltre la metà dei 68 seggi dell’Assemblea di saggi che si sarebbero dovuti aggiudicare nel ballottaggio delle elezioni parlamentari il cui primo turno si è svolto lo scorso febbraio.

Questo significa che quando gli ayatollah saranno chiamati a scegliere la nuova guida suprema, carica che ha durata a vita, potrebbero esserci delle sorprese sul nome del successore di Khamenei. Già al primo turno riformisti e conservatori avevano ottenuto una buona affermazione tra gli 88 saggi dell’Assemblea, aprendo la strada ad un successo elettorale senza precedenti. Sul fronte delle parlamentari, al primo turno erano stati assegnati 221 seggi. ll 59,4% dei seggi è andato a riformisti, moderati e candidati indipendenti. Conservatori e ultra-conservatori si sono fermati invece al 37,5% dei voti. L’affluenza era stata buona e si era attestata al 60%, con 32 milioni di votanti, il 23% in più rispetto alle parlamentari del 2012. Al ballottaggio i moderati hanno ottenuto altri 29 deputati, rafforzando la loro maggioranza nel Majlis.

Al secondo turno l’affluenza si è fermata al 30% in linea con le basse percentuali dei ballottaggi che si sono svolti negli ultimi anni. Nel secondo turno delle parlamentari, sono state elette quattro donne, portando a 18 il numero delle deputate nel nuovo Majlis. Risulta ancora sospesa Minou Khaleghi, candidata riformista eletta al primo turno a Isfahan lo scorso 26 febbraio. Dopo il voto, sono apparse foto che la ritraevano all’estero mentre stringeva la mano ad un uomo. L’immagine ha provocato la reazione del clero ultra-conservatore. Anche al secondo turno la giornata di voto ha segnato code ai seggi dei centri urbani, determinando l’estensione del voto di due ore.

La guida suprema, Khamenei, aveva chiesto agli iraniani di andare a votare, confermando come il secondo turno fosse importante quanto il primo. Il deputato riformista, Mohammed Reza Aref, ritiratosi alle presidenziali del 2013, è il politico più accreditato ad essere il prossimo speaker del parlamento. Aref ha ottenuto 1,6 milioni di preferenze e 86 dei candidati della sua lista (Speranza) sono stati eletti. L’unico che potrebbe impensierire Aref è Ali Larijani, già presidente dell’Assemblea per due mandati. La guida suprema Ali Khamenei aveva tuonato contro le banche Usa alla vigilia del voto. Secondo Khamenei, non solo negli Usa non vengono cancellate le sanzioni contro Tehran come previsto dall’intesa di Vienna, ma i Repubblicani contribuiscono a diffondere un sentimento di «Iranofobia» che blocca l’economia del paese.

Nonostante la sconfitta elettorale, la vera novità politica potrebbe venire dagli ultra-conservatori. Gli uomini di Ahmadinejad starebbero preparando il ritorno in grande stile dell’ex presidente radicale per il prossimo voto presidenziale, fissato per il 2017. Ma gli attacchi dei tecnocrati contro Ahmadinejad non accennano a placarsi. Ieri il presidente Rohani ha criticato l’amministrazione radicale in merito a due miliardi di asset finanziari bloccati in Libano. La Corte suprema ha deciso di destinarli alle famiglie delle vittime della guerra Iran-Iraq. Secondo Rohani, la linea di credito è stata indebitamente trasferita in una banca che ha poi congelato il denaro in ottemperanza con le sanzioni internazionali.

E se gli Usa tentennano a dare il benvenuto a Tehran nel mercato globale, gli iraniani guardano verso Mosca non solo in riferimento ai rifornimento di missili S-300. Proseguono i colloqui per vendere 40 tonnellate di acqua pesante, residua del programma nucleare. Secondo la nuova intesa, l’Iran deve ridurre il suo stock. Abbas Araqchi, tra i negoziatori iraniani, ha confermato che i russi hanno espresso interesse nel comprare i prodotti. Mosca ha anche ammesso che è impegnata nel migliorare i commerci bilaterali con Tehran per deviare gli interessi russi, congelati in Turchia, verso l’Iran.