In mancanza di un’impossibile coalizione unica contro Daesh, Hollande con un numero di equilibrismo cerca una maggiore «cooperazione» tra le due «coalizioni» in campo, quella «occidentale» e quella «russa», anche se resta il blocco totale tra Russia e Turchia.

François Hollande è stato ricevuto ieri pomeriggio da Vladimir Putin, che ha promesso una battaglia contro «il nemico comune» e di «unire gli sforzi», in una coalizione «necessaria». Mosca è solo l’ultima tappa della maratona diplomatica della settimana durante la quale il presidente francese ha incontrato Cameron, Obama, Merkel e Renzi.

Domenica tutti i principali dirigenti del mondo, compreso il cinese Xi Jinping, saranno a Parigi per l’apertura anticipata della Cop21, una seduta inaugurale dove la guerra a Daesh rischia di offuscare la questione climatica.

L’obiettivo del presidente francese a Mosca era di fare «dei passi avanti su punti precisi», per un riavvicinamento di circostanza, un disgelo che arriva dopo forti tensioni, che hanno portato all’annullamento della vendita di due fregate militari a Putin in seguito alle sanzioni per l’Ucraina.

La Francia vorrebbe ottenere tre cose dalla Russia: influire su Assad, alleato di Mosca, perché il presidente siriano smetta di bombardare il proprio popolo; smettere di colpire le forze di opposizione ad Assad e concentrarsi contro Daesh; prevedere una transizione politica che sbocchi su elezioni che, come ha detto ieri Hollande, «forzatamente porteranno alla partenza di Assad».

La collaborazione Francia-Russia andrà oltre all’intesa minima raggiunta tra Usa e Russia, che mira a evitare la deconfliction, cioè malintesi tra le aviazioni: Parigi vorrebbe scambio di informazioni anche per coordinare i bersagli, perché comunque non è prevedibile una integrazione di Mosca in uno schieramento che vede dispiegati molti eserciti di paesi Nato. Parigi vede con favore una «inflessione» nell’azione dei russi, che ora al 50% bombardano Daesh (invece di concentrarsi sui ribelli anti-Assad), in particolare i suoi interessi economici petroliferi.

«Colloqui costruttivi», li ha definiti Putin nella conferenza stampa finale, il comunicato ufficiale certifica l’avvio di scambio di informazioni e l’intensificarsi delle azioni comuni contro le infrastrutture petrolifere: due delle cose che Hollande aveva chiesto. Resta in sospeso, almeno apertamente, il destino di Assad, il presidente francese ha ribadito in conferenza stampa che il rais se ne deve andare e che la Russia dovrà mantenere un «ruolo importantissimo» in Siria. Putin ha ripetuto che su Assad deciderà «il popolo siriano» e che a suo giudizio è impossibile lottare con successo contro il terrorismo senza forze di terra, e queste possono essere assicurate solo dall’esercito di Assad.

Hollande intanto ha ottenuto il sostegno della Germania. Merkel ha promesso l’invio di 650 militari in Mali per sollevare l’impegno francese e ha sottoposto al Bundestag la proposta di far partecipare dei Tornado per attività di ricognizione in Siria, «come conseguenza degli attentati di Parigi». La Germania dovrebbe anche inviare una fregata.

In Gran Bretagna ci sarà un voto entro due settimane sulla proposta di David Cameron di estendere la campagna militare alla Siria, ora limitata all’Iraq (vedi articolo).

Matteo Renzi, in un incontro-lampo ieri mattina all’Eliseo, non ha promesso nulla di preciso, oltre a parole di sostegno a una nazione «sorella» e alla constatazione che «serve una coalizione più ampia contro l’Is».

Distinzioni di linguaggio tra Hollande e Renzi ieri: il presidente francese mette al primo posto «una strategia diplomatica ma anche militare», mentre il primo ministro italiano parla di «strategia globale, anche culturale» per sconfiggere Daesh e guarda soprattutto alla Libia, proponendo di sfruttare la «finestra di opportunità» che si è aperta per estendere l’azione diplomatica anche su questo fronte, che «rischia di essere la prossima emergenza». Per Hollande, «in Libia dobbiamo adesso mettere in atto ciò che è atteso da tempo, cioè un governo di unità nazionale anche lì e una messa in sicurezza del territorio che impedisca a Daesh di insediarsi e progredire».

Oggi agli Invalides ci sarà la cerimonia ufficiale di omaggio alle vittime degli attentati di Parigi (solo due famiglie hanno deciso di boicottare, perché accusano il governo di non aver saputo proteggere i loro cari). Hollande chiede alla Francia di trasformarsi in una versione gigante della Liberté guidant le peuple di Delacroix, tutti uniti dietro la bandiera tricolore, che il presidente invita a «pavesare» sui balconi (e del resto le bandiere vanno a ruba e sono ormai esaurite).

Ma la forte commozione che ha invaso il paese non può più essere usata per soffocare le critiche che crescono contro i vincoli dello stato di emergenza.

Fa un brutto effetto che la Francia abbia avviato una procedura di deroga alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (per evitare denunce di fronte alla Corte europea).

Una petizione contro la guerra, che ha tra i primi firmatari il filosofo Jacques Bidet, denuncia «la spirale in cui ci trascina lo stato pompiere-piromane», secondo mercante d’armi al mondo, fatta di «bombardamenti che accrescono le minacce» e di «derive liberticide».

Un’altra petizione è stata diffusa dalla Federazione internazionale dei diritti dell’uomo, che denuncia lo stato d’emergenza che rischia di diventare «permanente».

Contro la proibizione a manifestare anche per la Cop21, molte persone hanno protestato ieri in place de la République.