Al ballo dello zero virgola sull’occupazione in Italia ad agosto c’è stata una novità: la crescita è zero. Gli occupati tra gli uomini sono calati di 28 mila unità, mentre sono aumentati tra le donne di 41 mila. Il saldo è di 13 mila occupati in più. In generale il tasso di occupazione è pari al 57,3%. Fermo. Così com’è fermo il tasso di disoccupazione: non cresce, ma nemmeno cala. Ad agosto era all’11,4%: dopo un anno si è ancora fermi a 2,9 milioni di disoccupati. Ieri, nel report mensile, l’Istat ha confermato la struttura di fondo del mercato del lavoro: cresce l’occupazione degli over 50 a causa della legge Fornero sulle pensioni, non per il Jobs Act: più 50mila occupati sul periodo, +401mila in un anno. Una cifra impressionante che raccoglie gran parte dell’occupazione prodotta durante il governo Renzi: 589 mila occupati. È in questa fascia che si è concentrata principalmente la crescita del lavoro dipendente permanente (+253mila) che ha alimentato l’aumento del numero degli occupati su base annua dello 0,7% pari a +162 mila unità. Rispetto ad agosto 2015 gli ultra cinquantenni hanno registrato una crescita. Una sua buona parte è attribuibile agli incentivi (calanti) di natura previdenziale concessi dal governo Renzi alle imprese, gli stessi che dovrebbero essere ridimensionati nella legge di Bilancio al Sud e ad alcune categorie perché sono ultra-costosi e hanno pochi risultati.

La fascia d’età più danneggiata è quella di mezzo, la più «produttiva», tra i 35 e i 49 anni: in un anno sono stati persi 164 mila persone occupate mentre il tasso di occupazione bordeggia lo zero (+0,2%). Continua il calo degli occupati tra i 25 e i 34 anni; 31 mila in un mese, 74 mila in un anno. Ferma l’occupazione nella fascia dei giovani tra i 15 e i 24 anni dove bisogna fare il saldo tra i disoccupati che calano di 9 mila unità, gli occupati aumentano di 2 mila mentre gli inattivi sono aumentati di 5 mila. In generale la disoccupazione non cresce, ma nemmeno cala ad agosto, 11,4%, come il tasso di inattività è al 35,2%. In questo campo aumentano gli uomini inattivi di 57mila unità, mentre le donne nella stessa condizione diminuiscono di 54 mila. Risultato: stabile. Il ministro del lavoro Poletti ha omesso di soffermarsi sugli elementi strutturali del mercato del lavoro ed è tornato alla carica con il ritornello «Il Jobs Act funziona». Funziona nella misura in cui favorisce tutti i limiti, e gioca di sponda con le disfunzioni strutturali di un mercato stagnante dove si muovono solo i voucher e i contratti a termine.

Eventualità esclusa, in maniera diretta, dallo stesso Poletti che ha isolato il dato sull’aumento dei dipendenti senza soffermarsi sulla tipologia dell’occupazione o sulle fasce d’età. Nel secondo trimestre dell’anno «gli occupati che lavorano per più di 32 ore settimanali sono il 68,5% del totale, con un aumento di quasi 3 punti percentuali rispetto al dato del secondo trimestre 2015- ha detto – vengono smentite le illazioni secondo cui l’aumento dell’occupazione sarebbe riferito principalmente ai voucher o a lavori occasionali». Precisazione che risponde alle recenti polemiche sulla metodologia usata dall’Istat per misurare gli occupati: nell’anno devono avere svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura; hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente; oppure sono risultati assenti dal lavoro. Il fatto che basta essere stato occupato almeno un’ora nel periodo di rilevazione ha spinto molti a credere che il boom dei voucher – il cui campo di applicazione è stato esteso dal Jobs Act di Renzi – abbia contribuito all’aumento dell’occupazione registrato. Al fondo il problema non sembra essere stato chiarito completamente. Se l’aumento infatti riguarda in prevalenza gli over 50 e il lavoro dipendente, non si capisce l’impatto sul tasso di occupazione generato dagli 84,3 milioni voucher, valore nominale di 10 euro, venduti nei primi sette mesi del 2016, il 36,2% in più rispetto allo stesso periodo nel 2015. Visto che il suddetto tasso è stabile, è possibile che i voucher appartengano al continente del lavoro anonimo, senza nessuna tutela, che non viene nemmeno registrato dalle statistiche ufficiali.

«Con scostamenti occupazionali dello zero virgola o, peggio, dello zero è difficile poter tirare un sospiro di sollievo – sostiene il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy – le continue oscillazioni degli indicatori del mercato del lavoro sono indice di instabilità occupazionale e di bassa crescita». «L’aumento si concentra sugli over-50 ed è attribuibile in buona parte alla maggiore permanenza al lavoro dovuta alle riforme pensionistiche, non necessariamente a nuove assunzioni». Cesare Damiano (Pd e presidente commissione lavoro alla Camera) prevede un aumento della precarietà una volta terminati gli incentivi e chiede che diventino strutturali o l’abbassamento del cuneo fiscale. Senza gli incentivi il sistema non funziona. Quando ci sono peggiora i suoi problemi strutturali.