La strage di Ankara ha evocato in diversi commenti due immagini diverse ma non distanti concettualmente tra loro. Una è quella della «strategia della tensione» vissuta anche in Italia a partire dalla bomba di Piazza Fontana nel ’69 e per lunghi anni successivi. L’altra è quella della «guerra mondiale a pezzetti» evocata da papa Francesco.

Gli attentati in Turchia, e la ripresa del conflitto armato tra il governo di Erdogan e la guerriglia curda, hanno a che vedere sia con la volontà del premier turco di sbarazzarsi di ogni opposizione, sia con la complessa situazione mediorientale. Mentre Putin bombarda non si capisce bene se di più le postazioni del «Califfo» o quelle dei ribelli anti-Assad vicini agli Usa e agli occidentali, riesplode il conflitto tra Palestinesi e Israeliani, continua nell’indifferenza generale la guerra in Yemen, e non si sa se reggerà l’accordo appena raggiunto per dare un governo unitario alla Libia. Né si attenua la pressione dei migranti e dei profughi sull’Europa e, soprattutto, sui paesi più vicini ai conflitti.

Di fronte a tanta violenza, a spirali belliche che sembrano inarrestabili, alla percezione non solo dei dichiarati sentimenti aggressivi, dell’odio, ma anche di una complessa trama di strategie occulte da parte di poteri e potenze incontrollabili, è facile cadere in una sensazione acuta di depressione e impotenza.

Mentre pensavo a che cosa avrei scritto oggi in questo spazio, ho ricevuto un comunicato che annuncia una mostra di «Mail-art» che ha per oggetto la pratica giapponese detta Kintsugi (o Kintsukuroi). Si tratta dell’arte di riparare un oggetto distrutto – vasellami, pietre, e altre cose – riconnettendone i cocci con preziose suture in oro o argento . Gli oggetti così restaurati acquistano una bellezza del tutto diversa, offrono il gioco di attraenti ricami luminosi sulle superfici ricostruite. Sorgono insomma a una nuova e più ricca vita.

Le amiche che hanno organizzato la mostra (delle associazioni «La Merlettaia» di Foggia, Artera di Matera e della rete delle «Città Vicine», con la cura di Katia Ricci e di Rosy Daniello) sottolineano il valore metaforico di questa pratica artistica: una modalità che «può aiutare ad affrontare casi di conflitto forte che lascia ferite e dolori, come, capita quando c’è uno scambio reale tra persone. La pratica del Kintsugi è anche una sfida con se stessi perché impegna a non chiudere le porte, a non buttare via ma ad avere attenzione alla realtà e all’altro. Dal punto di vista economico suggerisce di sottrarsi al consumismo e di conservare e dar valore a ciò che ha fatto parte della propria vita».

Ho pensato che anche per reagire ai conflitti distruttivi che minacciano il mondo bisognerebbe saper trovare gli strumenti capaci di connettere le parti ferite dei frammenti in cui si dividono uomini e donne, civiltà e interessi.

Non credo certo che si possano combattere il terrorismo islamico e le scelte militari degli Usa o della Russia mettendosi a saldare con oro e argento pezzetti di porcellana.

Ma se non saremo capaci di guardare bene i margini di ciò che si rompe intorno a noi, e se non guarderemo a fondo anche in noi stessi e nel nostro modo di vivere queste rotture, non troveremo nemmeno i pensieri e le parole per cominciare a reagire con qualche speranza di ottenere un risultato .

La mostra comunque sarà visitabile da giovedì 15 ottobre nella sede della «Merlettaia» di Foggia , in Via Arpi 79/A.