Un possibile incontro, dopo mesi di porte chiuse: riaprendo per l’occasione la “sala verde” di Palazzo Chigi (quella della concertazione). La conferma degli 80 euro. Il Tfr in busta paga dal 2015. Un miliardo e mezzo per gli ammortizzatori. Ma, dall’altro lato, il biasimo per chi resta attaccato a «tabù» risalenti a «44 anni fa». Il bastone e la carota per il sindacato, nel suo discorso alla Direzione Pd, Matteo Renzi li dosa bene: tanto più dopo che ieri il vertice di Cgil, Cisl e Uil si è concluso con un flop, dopo un confronto di oltre 3 ore.

«Il sindacato ha bisogno di essere sfidato», ha detto il premier, assegnando un potere salvifico alla politica “giovane” del suo Pd nei confronti dei “Flintstones” Cgil, Cisl e Uil. Senza dimenticare l’attacco a «chi difende l’articolo 18, ma poi non lo applica al suo interno». E una strizzatina d’occhio a Maurizio Landini, che chissà forse spera di separare da Camusso: con la proposta di discutere come primo punto, nella riaperta “sala verde”, la legge sulla rappresentanza a cui tanto tiene il leader Fiom (gli altri due punti sono il rafforzamento del secondo livello contrattuale e il salario minimo).

Susanna Camusso ha replicato che la Cgil «è pronta ad applicare l’articolo 18 ai propri dipendenti, anche se la Costituzione non lo prevede». In serata, con una nota, la Cgil ha poi ribadito che «continua a preparare la grande manifestazione del 25 ottobre», pur dichiarandosi «aperta al confronto».

L’intervento di Renzi, secondo la Cgil, ha sì «toni diversi dal passato», ma nonostante questo è apparso «vago, indefinito e contraddittorio, a partire dalle affermazioni sull’articolo 18». Ancora: «Non si traduce in proposte vere di riduzione delle forme contrattuali».

La Cgil apprezza i riferimenti del premier alla maternità e all’estensione delle tutele, ma poi nota che «le risorse indicate non fanno intravedere, purtroppo, un’effettiva universalità».

Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti ieri non sono riusciti a fissare una mobilitazione comune, ma hanno fatto sapere che «il confronto prosegue per una piattaforma unitaria».

Certamente ha pesato la decisione di Camusso di accelerare, spinta dal suo interno, sulla manifestazione del 25 ottobre, che farà con tutte le sue categorie: inclusa la Fiom, i lavoratori del pubblico impiego (arrabbiati per un contratto fermo da oltre 5 anni) e i tanti pensionati dello Spi, che chiedono a gran voce gli 80 euro. Un magma di proteste che non potevano certo attendere i distinguo di Bonanni e Angeletti, peraltro indeboliti dall’imminente sostituzione al vertice delle rispettive confederazioni.

Ma su questa persistente divisione tra i tre sindacati, ha pesato anche la differente valutazione, soprattutto della Cisl, sulle riforme annunciate da Renzi, le maggiori aperture mostrate rispetto alla cancellazione dell’articolo 18 – in cambio magari di più tutele per i precari – e infine la volontà di aspettare la conclusione della Direzione Pd.

Che infatti, con l’offerta avanzata da Renzi a riaprire la “sala verde”, ha probabilmente ritardato ulteriormente un possibile accordo su una mobilitazione unitaria. Le letture restano insomma ancora diverse, seppur non si possa parlare di vera e propria “rottura” tra i tre.

Camusso, commentando le parole di Renzi a Che tempo che fa, aveva mostrato ad esempio di non credere alle promesse del premier: «Si può fare propaganda o fare un ragionamento serio ma non mi pare ci sia, né nella delega né nelle sue parole, l’intenzione vera di ridurre il precariato – ha detto la leader Cgil – Renzi non sa neppure che i co.co.co non esistono più, che valgono solo per i pensionati. Esistono invece altre forme contrattuali: i voucher, i contratti a progetto e le associazioni in partecipazione».

Infine, l’affondo: «Renzi ha detto una cosa che non era mai stata detta in questo Paese: il punto è la garanzia alle imprese della libertà di licenziare».

Al contrario Bonanni ha notato nelle parole del premier una marcia verso la direzione che lui stesso ha indicato più volte, ovvero la volontà di disboscare la “giungla del precariato”: nodo che preme alla Cisl, più dell’articolo 18. Non che alla Cgil questo non importi: ma quest’ultima ritiene che se dovesse cadere la tutela contro i licenziamenti ingiusti, cadrebbe qualsiasi altro sistema di garanzie, comunque lo costruisci.

Angeletti ieri avrebbe tentato di mediare. Nei contenuti, la Uil si è mostrata più vicina alle posizioni Cgil: «Non ha nessun senso – ha detto Angeletti – ipotizzare uno scambio tra le tutele dell’articolo 18 e l’eliminazione di forme contrattuali che alimentano il precariato. Se bisogna intervenire, la direzione deve essere quella di non togliere niente a nessuno, estendendo invece le protezioni a chi non le ha: questo sarebbe sensato».