Dovendo fare approvare quella nefandezza della legge Gelmini (240/10), l’allora governo Berlusconi mobilitò tutta la sua imponente forza di fuoco mediatica per massacrare l’accademia italiana. La premessa necessaria perché una legge mal fatta, mal scritta, estremamente verticistica e baronale, potesse essere digerita era quel che io chiamo mantra, diabolico insieme di palesi falsità: “In Italia ci sono troppe università; in Italia ci sono troppi professori; tutti i concorsi sono truccati” eccetera. Di quanto queste affermazioni siano non solo ingiustificate, ma di totale falsità, certo è facile rendersi conto, per gli addetti ai lavori. Non così per il bar sport, e per i frequentatori del mio barbiere.

Così per mesi abbiamo dovuto imparare da gente zotica e drammaticamente ignorante, come dovrebbe essere l’università. Al coro poi, come sempre accade, si sono accodati, per ingenuità o per interesse, vari colleghi, ritenendo di porne trarre un qualche vantaggio. Ora piangono anch’essi, seduti sulle macerie di un sistema che, tutto sommato, e al netto del drammatico sottofinanziamento, tuttavia funzionava ancora abbastanza. Ed ora è venuta l’epoca dell’ultimo posto in Europa come numero di laureati, dell’ultimo posto come finanziamenti, del saldo enormemente negativo tra chi fugge e chi entra. Per non parlare dei pasticci degli oltre cinquanta decreti attuativi, delle insensatezze e iniquità delle abilitazioni nazionali, dei ricorsi al TAR, e via dicendo. Ma intanto si mangiava pane e meritocrazia, entro un delirio numerologico che farebbe impallidire i neopitagorici della media accademia platonica.

Questo mantra si è rivelato per quello che è, un insieme di falsità costruite ad arte da un manipolo di prezzolati. E tuttavia esso ha fatto presa sulla parte più debole dell’opinione pubblica, quella che non possiede i mezzi di informazione diretta, né una sufficiente dose di pensiero critico. Per nostra disgrazia esso ha completamente convinto anche il nostro attuale presidente del consiglio. Ed eccoci al più grave degli attentati alla nostra millenaria tradizione culturale. Per sanare gli pseudoproblemi del mantra, che fare? Un salto in avanti non si può fare con forze interne, essendo esse inaffidabili e corrotte. Ma la geniale soluzione è a un passo, è l’uovo sodo di Colombo: prendiamo i cervelli dall’estero. Poi però qualcuno spiega al nostro che non è possibile fare un bando di concorso che escluda gli italiani, è un pochino contro a quella carta, si proprio quella, che si dice stia alla base della Repubblica, e che si vorrebbe a breve manipolare. Ma anche qui il colpo di genio non tarda. Vabbe’ non escludiamo ex lege gli italiani, se proprio non si può; ma mettiamo a capo di tutte le commissioni uno straniero, direttamente scelto da palazzo Chigi.

Come? Sì, avete letto bene: scegli LUI. Che ovviamente sa tutto di nanotecnologie, di filosofia teoreti, di analisi molecolare e così via per tutti i campi dello scibile. Non puoi crederci, lettore ingenuo? Guarda qui.

Proprio così. La più grande umiliazione dell’accademia italiana dai tempi della firma obbligatoria al regime fascista.

In che sperare? Credo proprio che questa volta un sussulto di orgoglio non possa non nascere nei nostri rettori, scavalcati, questa volta nemmeno consultati. Oppure apprestiamoci definitivamente al regime.

*Università di Bologna