Il piano di riforme del governo greco è pronto ed è stato consegnato ieri alle istituzioni europee. Lo ha annunciato Tsipras, aggiungendo che Atene non attende un piano alternativo da parte dell’ex troika, magari sotto la forma di un ultimatum, come sostenevano alcuni giornali tedeschi. Il senso delle dichiarazioni del premier è evidente: Atene ha esaurito lo spazio di manovra per ottenere un compromesso onorevole. Un ulteriore passo indietro rispetto al programma di Syriza significherebbe la sua negazione e renderebbe inutile la stessa presenza di Tsipras a capo del governo. «Siamo di fronte al dilemma tra una prospettiva realistica di uscita dalla crisi oppure una divisione dell’Europa in una logica di divide et impera che non porterà ad alcun risultato positivo per i popoli europei».

Il leader di Syriza ha anche rivendicato la sua strategia di negoziare a oltranza con le istituzioni europee, nella convinzione che sia possibile ribaltare l’attuale egemonia tedesca e liberista: «Tutti i greci vedono le differenze tra il governo attuale e quelli precedenti. E tutti ne sono orgogliosi». Sono affermazioni in piena linea con quanto il premier greco ha scritto nel lungo articolo pubblicato domenica su Le Monde: il problema greco è un problema europeo e dal modo in cui sarà affrontato dipenderà anche il futuro camino dell’Ue: «C’è una strategia che punta alla divisione dell’eurozona e dell’Ue – ha scritto Tsipras – Il primo passo è la creazione di un’eurozona a due velocità, dove il nucleo forte imporrà dure condizioni di austerità e arriverà alla nomina di un super ministro delle Finanze con poteri illimitati, in grado cioè di respingere le leggi di bilancio di paesi sovrani che non si allineano ai dogmi del neoliberismo più estremo. Per i paesi che si rifiutano di sottomettersi a questo nuovo potere è prevista una severa punizione: austerità imposta, limiti nella circolazione di capitali, provvedimenti disciplinari, sanzioni, perfino una moneta parallela. Così si pensa di edificare il nuovo potere europeo, la prima vittima del quale sarà la Grecia, paese che, nelle intenzioni di alcuni, costituisce un’occasione d’oro per far vedere il destino che attende tutti i sospetti di indisciplina».

Ancora una volta, Tsipras si è rifiutato di considerare il problema della Grecia come una «variabile impazzita» della strategia con cui l’Europa ha affrontato il problema del debito, sottolineando invece la dimensione alternativa della sua politica, valida per tutti i paesi indebitati. I contenuti del piano greco non sono noti, ma non dovrebbero essere lontani da quanto ha più volte reso noto Varoufakis. In pratica, un importante intervento nel sistema fiscale, ma solo misure ponderate nel sistema pensionistico. Il ministro del Lavoro Panos Skourletis ha ipotizzato che, nel caso in cui il piano greco sia rifiutato e le isituzioni insistano su misure oltre il programma di Syriza, allora queste ultime dovrebbero essere poste al giudizio popolare. Lo stesso ha ripetuto il presidente dei deputati del partito di maggioranza Nikos Filis.

Lo stesso Filis peraltro è stato, a sorpresa, uno dei 44 firmatari del gruppo parlamentare di Syriza che avevano chiesto di non nominare l’economista Elena Panaritis come rappresentante greco al Fmi. Panaritis era stata scelta da Varoufakis, che in un primo tempo l’aveva anche inclusa nel gruppo dei negoziatori con l’ex troika. Ma la scelta dell’ex deputata socialista ed ex dirigente della Banca Mondiale ha provocato accese reazioni dentro il governo e in Syriza. Alla fine è stata la stessa Panaritis a togliere d’imbarazzo il governo annunciando che non avrebbe accettato la nomina.

Ma è nel fronte della negoziazione che tutti si attendono qualche risultato concreto, man mano che si avvicina la scadenza di venerdì con il versamento della prima tranche di 330 milioni (sui complesivi 9,2 miliardi entro la fine del mese) per il Fmi. Tsipras ha puntato tutto sul piano politico, con contatti direttti con Merkel, Hollande e Juncker, per sottolineare il carattere politico e non tecnico della trattativa. Nel vertice a cinque (Merkel, Hollande, Juncker, Draghi e Lagarde) che si è tenuto la notte tra lunedì e martedì, l’appello greco ha provocato discussioni accese.

La leadership politica dell’eurozona sembra aver compreso che quello di Atene non è un bluff e che è pronta a difendere la sua autonomia finanziaria a qualsiasi costo, anche sospendendo i pagamenti del debito. Ma ci sono forti resistenze dalla parte dei «tecnocrati» (tra i quali va annoverata anche la Lagarde) che insistono a non deviare dalla linea seguita finora agitando il pericolo di «atti di indisciplina» da parte dei francesi e degli italiani.

Si conferma così l’argomento principe del governo di Atene. Le difficoltà non sono «tecniche», è in gioco tutta la politica economica seguita finora. Una questione squisitamente politica.