L’atteggiamento violento e razzista che caratterizza il governo ungherese nella gestione della tragedia umanitaria che sta in parte coinvolgendo anche quel Paese sembra non avere limiti.
Dopo l’annuncio e la costruzione di un muro di filo spinato alla frontiera con la Serbia, sono seguite, nel luglio scorso, le immagini di centinaia di uomini, donne e bambini rinchiusi nei vagoni di un treno che attraversava il paese verso la capitale. Due giorni fa, la stazione di Budapest, trasformata in un campo profughi a cielo aperto, é stata sgomberata dalla polizia locale manu militari. Lacrimogeni sono stata sparati anche alla frontiera con la Serbia, dove la polizia ungherese cercava di impedire a circa duecento migranti di lasciare il centro di identificazione per rifugiati di Roszke.

Anche se la stazione è stata riaperta, i pochi treni partiti si fermano poco lontano da Budapest, perché le autorità stanno cercando di convincere i profughi a scendere e a essere accompagnati nei centri di accoglienza per essere registrati, contro la loro volontà che è di proseguire verso la Germania. Il primo ministro Orban, in conferenza stampa con Martin Schultz, annuncia e promette che nessuno lascerà l’Ungheria senza che sia stato prima identificato e registrato.
È necessario far arrivare al primo ministro ungherese il nostro dissenso di fronte a tali barbarie che vedono protagonisti anche altri governi e altri Paesi europei.

Lunedì 7 settembre l’Arci organizza un presidio davanti all’Ambasciata ungherese a Roma (via dei Villini 12/16) per manifestare dissenso e indignazione.
Facciamo appello a tutte le organizzazioni e movimenti a manifestare con noi, affinché ci sia la presenza più ampia possibile.