La saggezza tossica di marcomelani e le good/bad vibrations di cirogiorgini, due torri capaci da sole di presidiare rassicurare incitare recintare scatenare proteggere incarnare la follia e l’autonomia scellerate del disegno che sorgeva e si inabissava tra magnifiche ossessioni e manìe, pianisequenza di schegge e montaggi di immobilità culminanti, microassemblaggi di frammenti e accostamenti oltremontaggiosi di tre titoli che da soli smontano una notte e la svellono dalle certezze della storia che ancora oggi si illude di esser garantita dalle immagini, quando invece anche la più semplice ‘storia del cinema’ viene da esse sconvolta e dissolta. (Insomma tra blob e fuoriorario, se si vuole).
Il desiderio di diventare pellerossa e di restare sul cavallo cercando di aggirare la postazione cinema guardando in macchina e rinviando di qualche secondo lo svanire già in atto. Melani con gli intervalli inquieti della malattia e della calma dolcissima che all’improvviso se ne impadroniva. Giorgini più ‘basso continuo’, quasi un mugugno ininterrotto contro tutto quel che ostacolava o impacciava quel desiderio. Tutti e due costantemente affaticati dal loro resistere alla fatica. Entrambi inghiottiti dal nulla che il cinema in un lampo nell’istante in cui non si parla di cinema; entrambi a ricordarci che non si può non parlare (scrivere fare immaginare) di cinema là dove ogni spazio è già cinema o un semplice cartello lo rende ‘cinema’. Spiragli, eppure anche tutto il dispiegarsi del mondo. Quasi che solo identificando i ruderi della catastrofe già avvenuta si possa ritrovare un barlume mai (mai) visto, oltre i segnali di confine crollati da subito. Sentinelle o esploratori, se i confini non ci son più, è la stessa cosa. Il sognare altissimo melaniano. L’immane presenza giorginiana che lascia il suo segno in ogni angolo degli archivi e delle memorie istituzionali o privatissime. Il ruolo più difficile e essenziale e esssenzialmente impersonale il ‘passeur’ che con la voce e lo sguardo ti trasporta in un luogo fisico e mentale, l’incontro con la ‘cosa’ potrà deluderti, ma lo shining ti ha colpito per sempre, in una connessione vertiginosa con non sai cosa.
IGNOTI NULLA CUPIDO. ‘Non si può desiderare quel che non si conosce’. Il cinema è (lo dico con brevità apodittica, così come apoditticamente ho scorto marco e ciro in una stessa schiera, e ora direi della sublime incompiutezza del ’toomuchjohnson’ film di deriva e di scoperta) proprio il contrario. Mostra e insegna il desiderio di quel che non si conosce, in uno smisurato giacimento di quel che non è nostro -ma di più, lo spossessamento in cui riconosciamo quel che non vedemmo mai.