Cominciato il 7 ottobre, il Festival delle Letterature Migranti andrà avanti a Palermo fino a domenica, facendo tappa nei palazzi, nei cortili, nelle piazze di un centro storico dove la sedimentazione di popoli e linguaggi ha lasciato il segno. Un luogo che storicamente ha conosciuto approdi; una città degli altri, dove si arrivava dal mare con spade o mercanzie, con idiomi diversi e spesso con un altro Dio, portando novità e ricchezze destinate a risalire l’Europa. Uno dei cuori del Festival è l’Archivio storico comunale che conserva le carte pubbliche sin dal 1200. L’architetto Damiani Almeyda, al quale è dedicata una sala, riprese sulla pietra le memoria del luogo che era stato moschea, sinagoga, chiesa. Un posto che racchiude il senso dell’identità palermitana, così esposta e partecipe degli altri; così disincantata e ironica di fronte ai «fanatismi».

Cu avi lingua passa u mari, chi possiede il linguaggio attraversa il mare, antico detto siciliano, è lo slogan del primo Festival dedicato alle letterature migranti e ribadisce che solo la narrazione, il diritto di raccontarsi può dare senso e redenzione al dolore dello sradicamento, al naufragio delle identità, al viaggio migrante. Palermo si popola per cinque giorni di diaspore vecchie e nuove, di autori e testimoni che parlano di popoli in marcia per terra e per mare.

Si sono dati appuntamento qui Isoke Aikpitanyi, nigeriana, oggi sotto protezione, che ha raccontato la tratta delle connazionali in Italia; Muauia Alabdulmagid, musicista siriano e traduttore; la scrittrice Esmahan Aykol, che vive tra Berlino e Istanbul; la libanese Najwa Ben Shatwan, non ancora tradotta in Europa; il poeta Limam Boisha, tornato nel Sahara Occidentale; Alexandra Dejoli, scrittrice transgender; Régis de Sà Moreira, vincitore del premio «Le Livre Elu»; Teresa Garbì, drammaturga di Saragozza; Yasmina Khadra, ovvero Mohamed Moulessehoul, il più conosciuto scrittore algerino contemporaneo, di cui Sellerio ha da poco pubblicato L’ultima notte del Rais, nella traduzione di Marina Di Leo; Pap Khouma, senegalese ormai italiano, scrittore e giornalista; Kossi Komla-Ebri, scrittore, medico, giornalista del Tog, direttore a Bologna di una collana editoriale di letteratura migrante; la scrittrice serba Flore Murard-Yovanovitch; Papa Ngady Faye, sudanese che vive a Lecce, libraio di strada, musicista, scrittore e griot. E ancora: Alexian Santino Spinelli, rom italiano; l’israeliano Meir Shalev; il siriano Khaled Soliman Al Nassiry, tra gli autori del film Io sto con la sposa; l’albanese Luan Starova; Hamid Ziarati, iraniano, voce critica del suo paese.

Solo alcuni dei protagonisti stranieri del Festival che incrociano le loro latitudini umane e professionali in un dialogo quotidiano con gli autori italiani come Marta Bellingreri, Gianni Biondillo, Federico Bonadonna, Alessandro Dal Lago, Giosuè Calaciura, Sofia Gallo, Fabio Geda, Davide Camarrone, direttore artistico del Festival.

Il sindaco Leoluca Orlando consegnerà a Yasmina Khadra e a Khaled Soliman Al Nassiry la cittadinanza onoraria, primo nucleo di una comunità di autori che vorrebbe trasformare la Palermo lacerata dal malgoverno e depredata dalla mafia in un’avanguardia europea nell’accoglienza, nel diritto di esprimersi e raccontarsi.