Buongiorno, leggo «il manifesto» spesso, almeno 3 volte alla settimana, e sarei triste se questa fonte d’informazione e stimolo alla riflessione cessasse di esistere. Di conseguenza sto riflettendo sull’opportunità di donare 20 euro. L’unico mio dubbio è legato a una domanda: perché ci chiedete di donare e non di diventare azionisti?

Ci dite che «il manifesto» non può finire in mani diverse dalle nostre, ma se doniamo il giornale non sarà nelle nostre mani, ma nelle vostre. In Belgio un gruppo di giornalisti, fotografi,illustratori, grafici etc.. vuole fondare una rivista trimestrale d’inchiesta. Per essere indipendente chiede a chi crede nel progetto e vorrebbe leggere Medor di abbonarsi, donare, o diventare socio (https://medor.coop/fr/). Perché voi no?

Perché per garantire un futuro a «il manifesto» l’unica possibilità è donare?

Grazie mille, cordiali saluti,

Manuela

La risposta di Matteo Bartocci

Cara Manuela, come forse saprai, «il manifesto» quasi trent’anni fa ha fatto da apripista in Europa per l’azionariato popolare della testata.

Insieme a noi, o subito dopo, altri giornali hanno perseguito una proprietà diffusa: la tedesca Taz, il diplò francese e così via.

Oggi però le regole italiane sono cambiate e sulla proprietà delle testate i controlli sono molto più rigidi che in passato.

Soprattutto, presentarsi a un’asta di liquidazione con un soggetto giuridico poco definito rischia di essere un boomerang e un rompicapo giuridico di difficile composizione.

Abbiamo approfondito la questione e, ad oggi, l’unica opzione immediatamente percorribile è presentare un’offerta di acquisto a nome della cooperativa che edita il giornale.

Se le cose dovessero cambiare, avvertiremo tempestivamente lettrici e lettori.