Venezia assalita da turisti mordi e fuggi, ma anche meta chi non ha problemi con il conto in banca. In laguna ci sono certo omicidi, furti, ma sono crimini che non devono superare mai una soglia di allarme. Limite imposto dalla polizia e condiviso anche da servizi segreti e criminalità organizzata old style, che per i suoi traffici ha bisogno di una città tranquilla per inoltrarsi nel mare agitato della globalizzazione.

Per un «esperto» di nord-est come Massimo Carlotto misurarsi con Venezia non è però semplice. Non può fare leva sul vischioso sottofondo sociale efficacemente descritto in molti suoi noir che hanno avuto proprio il nord-est come location; non può neppure facilmente immergersi nell’abisso della crisi economica, che ha cambiato radicalmente il panorama sociale, economico e politico di quella che un tempo è stata chiamata la Terza Italia, modello di uno sviluppo atipico rispetto a quello industriale basato sulla grande fabbrica. Venezia ha sì subito la crisi, ma rimane comunque una città-museo che attira milioni di persone. Ha tuttavia studiato a fondo come è cambiata la criminalità organizzata e come i servizi di intelligence siano stati investiti dalla caduta del Muro di Berlino. La scelta di ambientare un noir a Venezia ha quindi il sapore della sfida, che Carlotto gioca forzando, come spesso fa, i canoni del noir in questo Il turista, in uscita oggi per Rizzoli (pp. 297, euro 18. Il volume sarà presentato a Taormina all’interno del «Taobuk festival» il 15 settembre, ore 21, Piazza IX Aprile).

Il romanzo ha un avvio adrenalinico. Una donna viene strangolata da un uomo piacente ma freddo, glaciale come solo i serial killer sanno essere. È il turista, ricercato dalle polizia di tutta Europa perché uccide donne in città dove forte è il flusso dei vacanzieri. Le sceglie per le borse che hanno: griffate ed esclusive. Il suo godimento viene dagli oggetti che contengono, scampoli e simboli di vite seriali, sempre con qualche segreto. Ma quella che uccide a Venezia ha un segreto troppo grande per lui: è una agente segreta in missione.

Una misera vita

Il cadavere della donna viene fatto sparire. I giornali non segnalano nessun omicidio efferato. Manca quella visibilità mediatica che fa impazzire di piacere il turista, il quale ritorna sul luogo del delitto per essere ripreso da una micro-camera collegata tramite Wi-Fi con chissà chi.
Qui la prima deviazione da un cliché prestabilito non tanto dai romanzi, ma dalle serie televisive di genere, che stanno sostituendo i romanzi fantasy, gialli e horror nell’immaginario collettivo. Viene introdotto infatti un nuovo personaggio, Pietro Sambo, cacciato dalla polizia per una storia d’amore che ha avuto con una donna implicata in un traffico di stupefacenti. L’unica colpa che ha è di averla avvertita che la polizia è alle sue costole.

L’ex-poliziotto perde tutto, lavoro, famiglia e reputazione. E in una città piccola come quella lagunare, la sua storia non rimane certo ignota. È divorato dal senso di colpa. Conduce una vita misera, l’unica àncora che ha è il lavoro in un negozio di chincaglieria per turisti. Viene però ingaggiato da due personaggi – un francese e uno spagnolo – per trovare l’assassino della donna. Irrompono nel romanzo sbirri corrotti e puliti, i «Liberi professionisti», associazione di ex-agenti segreti e soldati che hanno passato il confine tra legalità e illegalità, diventando mercenari al soldo di mafie, narcos e chi più ne ha più ne metta. Il ritmo della narrazione diventa quella dell’hard boiled.

Il terreno di scontro

Pietro Sambo diventa l’investigatore privato che conosce la città e sa dunque come muoversi nella zona grigia tra legalità e illegalità. Sa che dietro la storia di una donna o di un uomo rispettabile c’è sempre qualcosa di indicibile, di non presentabile in società. Qui interviene, magistralmente, una nuova deviazione verso una destinazione sconosciuta. O forse è una biforcazione come accade spesso nella vita. Massimo Carlotto abbandona cioè la strada del già noto, scegliendo come guida proprio «il turista».
Individuato dai «Liberi professionisti», viene costretto a diventare un loro killer. Da questo momento in poi le pagine scandiscono colpi di scena su colpi di scena. Omicidi più o meno efferati, gioco di ruolo tra servizi segreti e liberi professionisti, dove è difficile prendere posizione.

I «buoni» hanno infatti il loro lato oscuro, violano le regole, fanno carne da macello dei malcapitati di turno. Solo l’ex poliziotto e un suo compagno di avventure provano a mantenere la barra dritta. Sono veneziani e non vogliono che la loro città diventi il terreno di scontro tra servizi segreti, criminalità organizzata e apprendisti stregoni del terrore. Ma c’è sempre il turista che scompagina i giochi.
Sono alcuni anni che Carlotto non concede un lieto fine alle sue storie. Il male non può essere sconfitto, lascia intendere, perché ha le sue radici in un mondo che lo alimenta continuamente. I «cattivi» possono quindi salvare la pelle, cambiando bandiera o sgusciando tra i tortuosi budelli stabiliti dai rapporti di forza maturati sul campo. I «buoni» possono invece vincere una battaglia, ma non la guerra, Fino a quando cioè le relazioni sociali non saranno cambiate, sovvertite.
Non è questo un noir classico. E per fortuna, perché se il noir non cambia, facendo i conti con un mondo in continuo divenire, diventa lettura di maniera della realtà. Deve cioè misurarsi con i conflitti che lo agitano, lo attraversano. E questo romanzo si inoltra proprio sul sentiero della sperimentazione e dell’innovazione. Con risultati convincenti. E avvincenti.

La fabbrica del consenso

A differenza di altre volte, la politicità non sta nella descrizione delle relazioni tra economia legale e illegale, ma nel tratteggiare una formazione sociale orfana di una analisi critica. La rappresentazione del 1 per cento della popolazione mondiale che si accaparra le ricchezze naturali e quelle prodotte dal restante 99 per cento degli abitanti del pianeta è una semplificazione, manda a dire proprio il turista. Una efficace semplificazione, si può aggiungere, ma che illumina ciò che tutti già sanno. Il problema è allora scardinare il consenso che il «sistema» ha. Questo romanzo di Carlotto prova a farlo. Indica una possibilità di azione. Non è detto che sia quella giusta, ma per saperlo basta seguirla.