L’Istat ieri ha confermato che l’inflazione è cresciuta a gennaio dello 0,3% su base mensile e dello 0,8% su base annua. Dunque il carrello della spesa costa di più, il governo Meloni ha fallito le poche, modeste e ornamentali iniziative contro il caro prezzi: il «carrello tricolore» nell’ultimo trimestre del 2023, ad esempio. Risultato: proprio i prezzi sulle merci che una simile iniziativa avrebbe dovuto mitigare sono aumentati: i prodotti freschi (carne, pesce, frutta) hanno segnato un +7,5 per cento. Un disastro. (Si veda Il Manifesto del 6, 10 e 17 gennaio).

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L’inadeguatezza del governo si spiega anche con la mancanza di intenzione – e di capacità – di fare una politica dei redditi. Ha rifiutato persino il salario minimo. Il tutto è coerente con un orientamento ideologico neoliberale, ispirazione delle destre melonian-leghiste. Non va meglio sul lato dei contratti nel pubblico impiego. Solo l’altro ieri il ministro Zangrillo deputato al settore ha annunciato la chiusura della tornata contrattuale del…2019-2021. Cioè tre anni fa. Nel frattempo c’è stata la più grande crisi inflattiva da 40 anni, il lavoro dipendente ha perso – si dice – almeno il 15% del suo potere d’acquisto (figuriamoci quello autonomo, precario, informale).

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Un supplemento di ragionamento va fatto intrecciando questi dati con quelli sull’occupazione. Cresce, ha detto l’altro ieri l’Istat, di 456 mila unità di «lavoro fisso» tra il 2022 e il 2023. Sta rallentando, aumentano precariato e «inattivi». Sono settimane che le destre vedono il segno più accanto al dato sull’occupazione e stappano la bottiglia. Fanno propaganda, non ragionano sulle tendenze e sulla questione per cui aumenta l’occupazione – perlopiù povera e con bassi salari – mentre cala la crescita (0,7% del Pil l’anno scorso, quest’anno sarà più bassa). L’andamento indirettamente proporzionale è stato osservato, con ben altri valori, già negli Stati Uniti. E c’è anche da noi.

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Significa che il rallentamento dell’economia porterà a uno anche nel mercato del lavoro che nel frattempo non avrà risolto nessuno dei suoi problemi strutturali: le donne sono più precarie, e pagate peggio; l’occupazione aumenta tra gli over 50. E i salari resteranno bassi, presi in ostaggio dall’inflazione, con nessuna redistribuzione, del resto negata a partire dalla politica restrittiva sui tassi fatta dalla Bce. Nonostante gli scioperi, qualche mobilitazione sparuta, va detto che non c’è battaglia nella società. I problemi restano sotto il tappeto.