L’odore della morte rende irrespirabile l’aria intorno allo Shifa. Sono i cadaveri abbandonati nelle strade, corpi che non poche volte diventano il pasto di cani e gatti affamati come gli esseri umani. Scheletri di edifici anneriti, macerie e detriti rendono irriconoscibile tutta la zona. Quello che era il più grande e attrezzato degli ospedali di Gaza, ora è un fantasma di cemento dopo giorni di combattimenti e incursioni dei reparti speciali israeliani. Nei quartieri vicini si aggirano quei pochi che non sono ancora scappati. Potrebbero essere costretti a farlo presto perché aumenta il numero di case e palazzi dati alle fiamme dalle truppe israeliani per renderli inutilizzabili dai combattenti palestinesi. Questo è il quadro che emerge dalle storie di sopravvissuti e sfollati scampati ad uno degli attacchi più violenti dell’esercito israeliano che afferma di aver ucciso, ferito e arrestato dentro e intorno al complesso ospedaliero sotto assedio da giorni centinaia di combattenti e dirigenti di Hamas e Jihad islami.

Per Israele quella è solo una «zona della guerra contro Hamas». Allo Shifa però c’erano soprattutto medici, infermieri, pazienti e civili. Di questi esseri umani i resoconti delle forze armate israeliane non parlano. E così di bambini, donne e anziani indifesi che non hanno nemmeno la forza di scappare verso il sud di Gaza. Naifa al-Sawada, 94 anni, è una di loro. Malata di Alzheimer, non in grado di camminare, è rimasta abbandonata nella sua abitazione a Gaza city in seguito a un raid dell’esercito una settimana fa. La figlia Maha ha raccontato al portale Middle East Eye che alle 2 di quel giorno i soldati hanno ordinato a chiunque nella zona di uscire di casa subito e di allontanarsi. Quando la donna ha provato a spiegare a un ufficiale che l’anziana non poteva muoversi per le sue condizioni, lui avrebbe risposto «Vattene adesso e ci prenderemo cura di lei…Se ne sono andati tutti e mia madre è rimasta lì. Non sappiamo cosa sia successo dopo».  Da allora non si è più saputo nulla di Naifa al-Sawada.

L’approvazione venerdì, con l’astensione degli Stati uniti, della risoluzione dell’Onu che chiede il cessate il fuoco immediato (ma temporaneo) non ha cambiato nulla sul terreno. Gaza resta sotto un continuo e pesante attacco militare. Tra le ultime delle oltre 32mila vittime palestinesi dal 7 ottobre ci sono le nove persone uccise da un attacco aereo che ha distrutto a Rafah l’abitazione della famiglia Shaher durante un attacco che ha visto bombe cadere su cinque edifici durante la notte di martedì. Si muore anche per la fame: sono già 27 i deceduti per malnutrizione, tra cui 23 bambini e da maggio la carestia potrebbe abbattersi in tutta la sua spaventosa realtà soprattutto sul nord della Striscia, avverte ogni giorno il Programma alimentare mondiale. E si muore tentando di arrivare al poco cibo disponibile o che viene distribuito. Martedì nelle acque davanti a Beit Lahiya, almeno 12 persone sono annegate cercando di recuperare in mare gli aiuti lanciati dagli aerei con i paracadute. Ieri il ministero della Sanità di Gaza ha esortato coloro che ancora restano nella zona centrale e settentrionale della Striscia a non recarsi nelle aree di al-Rashid e della rotatoria Kuwait per raccogliere pacchi di aiuti a causa degli spari israeliani. L’appello è giunto dopo la notizia di due persone ferme in attesa degli aiuti ferite dal fuoco di tiratori scelti israeliani. Il ministero ha anche chiesto alle persone di aspettare che il cibo e le altre merci vengano distribuiti attraverso i comitati popolari.

Di ciò e molto altro dei quasi sei mesi di offensiva contro Gaza, Francesca Albanese ha riferito nel suo rapporto «Anatomia di un genocidio» per affermare perché Israele è colpevole di genocidio contro i palestinesi di Gaza. Un lungo e dettagliato resoconto fondato sulle risoluzioni internazionali e il diritto umanitario che alla Relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori occupati palestinesi sta costando accuse e minacce. «Sì, ricevo minacce. Sono sempre stata attaccata fin dall’inizio del mio mandato» ha riferito ieri Albanese «subisco anche pressioni…questo non cambia né il mio impegno né ha riflessi sul mio lavoro».

Non conosce soste anche l’offensiva a bassa intensità che l’esercito israeliano porta avanti in Cisgiordania. Tre giovani palestinesi sono stati uccisi, due dei quali armati, da un drone in un raid a Jenin. Al confine tra Israele e Libano si resta sull’orlo di una guerra aperta. Durante la notte tra martedì e mercoledì, i cacciabombardieri israeliani hanno colpito il villaggio al-Habbariyeh. Una bomba, riferiscono i media libanesi, ha colpito un centro sanitario islamico uccidendo sette paramedici. La risposta del movimento Hezbollah è arrivata ieri alle 8 in punto contro la città israeliana di Kiryat Shmona. Tre di 30 razzi lanciati allo stesso momento hanno colpito un sito industriale uccidendo un giovane di 25 anni. Israele ieri sera ha attaccato un caffè a Naquora uccidendo almeno 9 persone tra cui tre presunti uomini di Hezbollah.