In principio fu un convegno. Anno 1951, Triennale di Milano, attorno ad un tavolo discutono sulla «De Divina Proportione», architetti critici e storici dell’arte come Le Corbusier, Bruno Zevi, Pierluigi Nervi e Rudolf Wittkover. Spettatore ragionante di quell’incontro fu Gillo Dorfles che ebbe così a scrivere: «Viviamo in mezzo all’approssimazione; diremmo quasi che senza approssimazione la nostra vita diventerebbe impossibile, e ancora maggiormente la nostra arte. Nessuna musica può adattarsi all’uggioso battito del metronomo, nessuna danza può seguire il ritmo esatto ed esasperante di un motore, nessun poema ha sopportato il succedersi di un metro perfettamente regolare, persino il tempo nel quale viviamo è elastico e mutevole ». 2016: sessantacinque anni dopo e a 106 anni suonati, Dorfles torna a riflettere su quelle lontane parole e lo fa, nell’occasione speciale della XXI Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, che in modo discontinuo e nel bene o nel male ha contrassegnato la «bella stagione» espositiva lombarda, curando con Aldo Colonnetti una mostra in tema, dal titolo «La logica dell’approssimazione nell’arte e nella vita». E, la stessa, una volta chiusa, non è evaporata con il suo allestimento. Tutt’altro; ed infatti ha prodotto e lasciato in eredità un prezioso volume-catalogo, a cura degli stessi Dorfles e Colonnetti, che in certo modo, attraverso loro primo dialogo, apre la discussione a contributi di studiosi e artisti di varia estrazione. A raggiera il libro si sofferma su alcuni oggetti e parole d’ordine – ed in ciò non va assolutamente dimenticato che la loro distribuzione in spazi artistici, progettuali, editoriali e filosofici è uno dei cardini sul quale ruota l’intera produzione intellettuale del teorico del kitsch –  convocati a raccolta da una pattuglia agguerritissima e attrezzatissima di strumenti teorici e pratici (in elenco Piano, Colin, Studio Azzurro, Capatti, Marchesi, ecc.), cui tocca perlustrare le «approssimazioni» e i passaggi tra un linguaggio e l’altro dell’arte, dell’architettura, della danza, del design e della musica e anche della moda e della cucina. L’interrelazione tra vita quotidiana e espressione artistica è infine campionata dal Bluemrandfriends nella doppia decina d’oggetto di comune d’uso: un metro, la matita, una scopa, persino un post-it. Quest’ultimo emblema della approssimativa provvisorietà del vivere.