Mercoledì scorso le agenzie di stampa italiane riferivano, con ampio spazio, anche con filmati, della conclusione «nel migliore dei modi» della ”Operazione Safari”, ossia il trasferimento in Israele e in altri Paesi degli animali del malandato zoo di Gaza. Hanno oscurato l’ultimo capitolo di un’altra operazione di cui, nello stesso giorno, hanno riferito le principali agenzie di stampa internazionali come la francese Afp e l’americana Ap. L’Operazione “Margine Protettivo”. A due anni dalla conclusione dell’ultima offensiva israeliana contro Gaza – circa 2300 palestinesi uccisi, migliaia feriti, decine di migliaia di abitazioni e strutture industriali completamente o parzialmente distrutte – i comandi militari dello Stato ebraico hanno annunciato la chiusura di quasi la metà delle inchieste interne che avevano avviato. Sulle complessive 360 denunce di crimini di guerra, i giudici militari avevano trovato «prove sufficienti» solo per 31 indagini e 13 di queste sono state chiuse. Tre soldati sono stati rinviati a giudizio per atti di sciacallaggio. Niente di più.

Eppure erano insistenti le accuse di crimini di guerra rivolte a Israele da vari organismi internazionali e centri per i diritti umani al termine delle operazioni militari, a cominciare dalle Nazioni Unite. L’Onu, peraltro, non mancò di puntare l’indice anche contro il movimento islamico Hamas e i suoi lanci di razzi verso il territorio israeliano dove fecero alcune vittime civili (dei 73 morti israeliani, 66 erano soldati caduti in combattimento). Le polemiche andarono avanti per mesi e la Ong “Breaking the Silence”, composta da ex militari israeliani, pubblicò a ridosso del primo anniversario della guerra, decine di rivelazioni di soldati e ufficiali (anonimi) su violenze, bombardamenti indiscriminati e altre violazioni commesse dall’esercito nei 50 giorni di “Margine Protettivo”. Per la magistratura militare israeliana al contrario l’operato dei comandi e dei soldati sul terreno avvenne nel quadro delle regole di ingaggio e delle procedure (israeliane) previste durante combattimenti e incursioni in territorio nemico.

Tra i casi in cui non è stato riscontrato alcun illecito, si legge in un rapporto di 21 pagine, c’è anche il bombardamento di una scuola delle Nazioni Unite a Rafah, a sud di Gaza, in cui rimasero uccisi dieci civili. L’attacco fu condannato con forza dal Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e definito «vergognoso» anche dagli Stati Uniti, i principali alleati di Israele. Il presidente francese Francois Hollande parlò di un bombardamento «inaccettabile» e invocò un procedimento giudiziario contro i responsabili. Di altro avviso sono stati i giudici militari. Nel loro rapporto, a proposito di questo caso, si legge che erano stati individuati tre combattenti palestinesi in sella ad una moto. I comandi militari quindi avrebbero preso la decisione di colpirli con un missile a basso potenziale per minimizzare i danni intorno all’obiettivo. Tuttavia quando fu lanciato i tre combattenti presero «inaspettatamente» una direzione diversa da quella preventivata e il missile, che li seguiva elettronicamente, esplose proprio nei pressi della scuola. Fu un “errore” però legittimo, spiega la magistratura militare israeliana, perché l’attacco non era diretto contro civili.

Appropriata sarebbe stata la condotta delle Forze Armate per tutta la durata di “Margine Protettivo”, mai rivolta intenzionalmente, dicono gli israeliani, contro la popolazione civile. Non fu perciò un crimine anche la strage di sette membri della famiglia Ziyadeh durante un raid nel campo profughi di Bureij, nel centro di Gaza. Perché, l’edificio sarebbe stato utilizzato da Hamas e Jihad come un centro di comando. «Il fatto che dei civili siano rimasti coinvolti nelle ostilità è un risultato deplorevole ma non influisce sulla legittimità dell’attacco», hanno scritto i giudici israeliani. Legittima fu perciò anche la “Direttiva Annibale”, ossia il bombardamento a tappeto di una vasta aerea del “territorio nemico” per impedire la cattura di soldati, che Israele attuò ai primi di agosto del 2014 uccidendo circa 200 palestinesi a Rafah. Tra questi 15 membri della famiglia Zoroub. Anche in quel caso l’abitazione sarebbe stata usata da Hamas come un comando militare, quindi era un obiettivo “legittimo”.
«Non ci aspettavamo niente di meno della giustificazione di Israele dei propri crimini di guerra durante il suo ultimo massiccio attacco contro Gaza» ha commentato il Segretario del Comitato Esecutivo dell’Olp Saeb Erekat. «Questo mette in evidenza l’atteggiamento di Israele – ha aggiunto – che bombarda aree civili, edifici delle Nazioni Unite, ospedali e altre strutture protette dalle Convenzioni di Ginevra. Durante quell’attacco durato 50 giorni – ha concluso Erekat – Israele ha ucciso 487 bambini…La strada che seguiremo è quella di una indagine della Corte penale internazionale sui crimini di Israele».