È ormai guerra aperta tra Mediaset e Vivendi, con l’azienda di Berlusconi che ha annunciato di voler ricorrere alle vie legali – civili e penali – e i francesi di Bolloré che rispondono minacciando una denuncia per querela. Lo scontro si è aperto qualche giorno fa, quando Vivendi ha dichiarato di non voler più rilevare il 100% di Mediaset Premium, ma di puntare direttamente al 15% della casa madre: violando, contesta il gruppo di Cologno, il patto firmato lo scorso aprile, che disegnava un percorso in cui nei prossimi tre anni i transalpini si sarebbero comunque tenuti sotto il 5% di azioni: la svolta è stata quindi percepita come aggressiva, quasi che celi la volontà di scalare Mediaset, e nel contempo c’è da considerare il danno economico per il mancato acquisto di Premium.

«La proposta di Vivendi è giudicata irricevibile», ha concluso il consiglio di amministrazione di Mediaset ieri. Il board guidato da Pier Silvio Berlusconi ha respinto la nuova proposta dei francesi su Premium «perché incompatibile con il contratto vincolante già firmato». Il cda «ha dato mandato agli amministratori di adottare tutte le opportune azioni finalizzate ad ottenere l’adempimento del contratto da parte di Vivendi e in caso di inerzia di quest’ultima, di agire in sede civile ed eventualmente anche penale a tutela degli interessi della società».

Il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré, imprenditore che ha sempre tenuto buoni rapporti con Berlusconi, replica attraverso un portavoce di essere pronto a una «querela per diffamazione». «Vivendi onora i suoi impegni e non accetta di essere accusata del contrario», spiegano da Parigi. «Le dichiarazioni di Mediaset minano la reputazione di Vivendi, che farà tutto quello che sarà necessario per tutelare la propria reputazione». Il colosso delle tlc è tornato a sottolineare, come già aveva fatto qualche giorno fa, di aver già più volte messo sull’avviso la società di Cologno sulle proprie crescenti perplessità rispetto ai conti di Premium (in particolare con una lettera del 21 giugno scorso, quindi due mesi dopo l’accordo dell’8 aprile), e che la modifica della proposta è conseguente a un’analisi più approfondita di tutto il contesto.

Ma già qualche giorno fa Fininvest, che controlla Mediaset con il 34,8%, aveva visto nell’improvviso cambio di strategia di Vivendi una volontà aggressiva: il «vero» e «non dichiarato obiettivo» dei francesi, aveva spiegato la capo holding del Biscione, era arrivare ad avere «una posizione di rilievo» in Mediaset «in modo surrettizio». La conferma della volontà di una scalata è arrivata dalla formalizzazione della controproposta Vivendi, che chiede alla stessa Fininvest di emettere un bond convertibile in azioni del gruppo tv: insomma, tra l’acquisto del 15% e la forma del bond, si prefigurerebbe una Mediaset assolutamente scalabile, con un rischio per la quota di controllo oggi in mano a Fininvest.

La causa minacciata da Mediaset potrebbe quantificarsi in una richiesta di risarcimento per un miliardo di euro e oltre (fino a 1,5 miliardi), anche perché, fanno sapere da Cologno, in forza dell’accordo di aprile, poi violato da Vivendi, si erano già spesi 34,6 milioni di euro. Spesa che, sottolinea la stessa Mediaset, avrebbe portato il bilancio in rosso: visto che nel primo semestre si è segnato un conto negativo per 27,8 milioni rispetto a un risultato positivo di 24,2 milioni dello stesso periodo del 2015. I ricavi però vanno bene, visto che sono passati da 1,721 miliardi a 1,870, con ricavi pubblicitari cresciuti del 3,7%.