Due mesi ieri dal massacro di Iguala. Tra il 26 e il 27 settembre scorso, tre studenti della Normal “Raul Isidro Burgos” di Ayotzinapa vennero uccisi da polizia locale e narcotrafficanti nello stato del Guerrero. Furono ammazzate anche altre tre persone e oltre 25 risultarono ferite. In quell’occasione, scomparvero 43 normalistas, i cui ritratti hanno fatto il giro del mondo, eretti nelle piazze del Messico e dei cinque continenti. Un «crimine di stato» ha gridato quella parte di società messicana che non si rassegna all’intreccio di mafia e politica che caratterizza governi e partiti. E le mobilitazioni non si fermano, nonostante la continua repressione. Il 20 novembre, la quarta giornata di azione globale per il ritorno dei desaparecidos si è resa visibile nella piazza del Zocalo a Città del Messico, ma anche in altre zone del paese e fuori. Nella capitale blindata, la consegna governativa è stata quella di contenere, ma già durante l’arrivo dei manifestanti le immagini diffuse in rete dai collettivi e dagli studenti, mostravano l’inflitrazione di agenti nel corteo e si è fatta insistente la notizia dell’arrivo di effettivi Usa per l’occazione.

Per gli scontri seguiti alla manifestazione, sono in carcere 11 persone. Fra questi, un cileno, Laurence Maxwell Ilabaca. Pesantissime le accuse, basate su un quadro legislativo atto a reprimere duramente il dissenso: «terrorismo, delinquenza organizzata, tentativo di omicidio e rivolta». Secondo le autorità locali, Ilabaca, un musicista che stava portando a termine un dottorato alla Unam, è stato uno «dei più violenti». Il suo avvocato cileno, Alejandro Jimenez, specialista in diritti umani, non ha potuto incontrarlo, e ha dichiarato alla stampa: «Si tratta di un tentativo di criminalizzare la protesta per i fatti di Iguala». Poi, ha spiegato che vi sono due vie per essere giudicati in Messico: quella ordinaria, più garantista e quella federale, «che è molto dura, predisposta per trafficanti, sicari e sequestratori» e che il suo assistito è stato incamminato in questa seconda via. Per la liberazione di Maxwell si sta muovento anche il governo cileno di Michelle Bachelet, e intanto continuano le mobilitazioni per la liberazione di tutti i detenuti, ai quali è stata negata la libertà su cauzione.

Intanto, il governo messicano ha annunciato l’arrivo di altri 10 mandati d’arresto nel quadro dell’inchiesta sul massacro del Guerrero, per cui sono già in carcere l’ex sindaco Luis Abarca, poliziotti e narcotrafficanti dei Guerreros unidos. Dalle loro confessioni sono venute alla luce molte fosse comuni clandestine contenenti resti carbonizzati. Finora, però, nessuno appartiene agli studenti scomparsi. Ieri, la Tv francese France24, ha rivelato un altro caso di sequestro di studenti nel Guerrero. E’ accaduto nel luglio scorso ma la famiglia, per paura, non ne ha dato notizia né lo ha denunciato alla polizia. La complicità tra polizia, narcotrafficanti e alte sfere politiche della regione era infatti cosa nota, più volte denunciata anche nelle reti sociali. Anche in questo caso, la polizia avrebbe prelevato i ragazzi per consegnarli ai narcotrafficanti.
E ieri, per i fatti di Iguala si è dimesso dal partito Cuauhtemoc Cardenas, leader storico del Partito della rivoluzione democratica (Prd), un tempo principale formazione di sinistra, oggi terza forza politica a livello nazionale.