Il 2015 si chiude con un mercato editoriale dominato da due concentrazioni oligopolistiche – una editoriale (Mondadori che acquista Rcs libri), l’altra nella distribuzione con la fusione tra Pde e Messaggerie. Un processo che ha provocato di riflesso un ritorno di fiamma del concetto di indipendenza. L’Adelphi di Roberto Calasso l’ha riacquistata e si è sottratta da «Mondazzoli». Come indipendente è stata presentata la nuova casa editrice «La Nave di Teseo», guidata da Elisabetta Sgarbi e supportata da un nutrito numero di autori Bompiani che, con Umberto Eco o Sandro Veronesi, avevano già espresso perplessità rispetto alla fusione. «Non nasciamo contro nulla e nessuno – ha detto Elisabetta Sgarbi – ma con un’idea di editoria che mi corrisponde, e che penso di aver tentato di interpretare».

A conferma della vivacità delle pratiche indipendenti, e a dispetto della crisi e dai limiti imposti dalle concentrazioni, uno degli editori che ha creato una cultura dell’indipendenza nell’editoria ha annunciato un’operazione anti-ciclica. Attiva come rivista dal 1992, e come casa editrice dal 1998, DeriveApprodi rilancerà la sua produzione di titoli per il 2016. I nuovi libri saranno 40, venti nei primi quattro mesi dell’anno. Una nuova collana sulla filosofia delle passioni si aggiunge a un catalogo che intreccia il pensiero post-operaista con la cultura materiale o la letteratura. Gli autori, noti e meno noti al pubblico italiano, intrecciano la riflessione politica radicale con quella estetica, antropologica o economica: ad esempio, il croato Srecko Horvat, il francese Jacques Rancière o l’antropologo Eduardo Viveiros de Castro, gli scritti di Elvio Fachinelli.

I lettori esistono e cambiano. E cambia l’idea di indipendenza rispetto ai suoi usi e alla sua storia recente. «Di solito con indipendenza s’intende una posizione in una rete di rapporti commerciali che non si avvale di puntelli in altri passaggi della filiera come la proprietà di librerie o di distributori a valle e della finanza, delle assicurazioni o dell’immobiliare a monte» sostiene Ilaria Bussoni che dirige la casa editrice con Sergio Bianchi. Indipendenza non è solo un assetto proprietario, né un ritorno all’artigianato dopo l’estinzione del modello fordista che nell’editoria ha coinciso con la cultura liberale e borghese del Novecento. «C’è anche un modo di essere indipendenti interrogandosi sulla propria collocazione nel bacino del lavoro autonomo e in quello della conoscenza che sono molto più estesi rispetto a quello in cui noi siamo immersi – aggiunge Bussoni – Da vent’anni cerchiamo alleanze con chi ha pratiche simili alle nostre in un bacino che con Marx chiamiamo “General Intellect”: oggi lo facciamo interloquendo con il cinema o con il rinnovamento della terza pagina tradizionale rappresentato dalle riviste culturali online e sui social network».

Mantenere questo spazio è un dovere civile, ancor prima che imprenditoriale. «Serve per sfuggire alla riorganizzazione disciplinare e ai sistemi di valutazione accademici in vigore in Italia – conclude Bussoni – È importante perché questo non sia l’unico stile attraverso il quale si scrive di filosofia, politica, letteratura o scienze umane».