La foto ha subito fatto il giro della rete: il presidente palestinese Abu Mazen e il premier israeliano Netanyahu che si stringono la mano. Un gesto che non si vedeva da anni e che ha fatto parlare di disgelo e di ripresa delle trattative tra le due parti. Le cose sono ben diverse. Lo scontro tra il leader dell’Anp e il primo ministro israeliano non è terminato, anzi, e le due parti continueranno a scambiarsi accuse durissime. Di ciò e del significato dell’eulogia di Peres fatta ieri da Barack Obama al Monte Herzl di Gerusalemme abbiamo parlato con l’analista Ghassan al Khatib, docente di scienze politiche all’università cisgiordana di Bir Zeit.

Abu Mazen è stato l’unico leader arabo a partecipare ai funerali di Shimon Peres. Una scelta che tanti palestinesi hanno accolto con disappunto

Abu Mazen non era in una posizione facile, era preso tra due fuochi. Sapeva che i leader occidentali si aspettavano di vederlo oggi (ieri) a Gerusalemme. Probabilmente deve aver pensato che essere ai funerali di Peres avrebbe migliorato la sua immagine e quella della causa palestinese sulla scena internazionale.

E ha ottenuto questo risultato

Credo di sì. Certo il passo mosso da Abu Mazen non porterà ad alcun progresso effettivo per il rilancio delle trattative. Tuttavia se mettiamo la sua decisione in relazione ai rapporti che l’Autorità nazionale palestinese mantiene con gli Stati Uniti e l’Europa allora la scelta è stata quella giusta, sebbene alla popolazione (palestinese) o a gran parte di essa non sia piaciuto vederlo onorare un leader israeliano associato alla catastrofe nazionale palestinese. In queste situazioni è sempre un dilemma compiere passi che possono avere dei risultati positivi all’esterno e tradire allo stesso tempo le aspettative della propria opinione pubblica.

Come si interpreta sul lato palestinese l’elogio funebre di Peres pronunciato da Barack Obama. I palestinesi pensano che sia stato una critica indiretta alla politica oltranzista del premier israeliano Netanyahu come sostengono alcuni

Senza alcun dubbio è stata una critica indiretta della politica di Netanyahu e del suo governo nei confronti dei palestinesi. Però siamo nella situazione abituale. Le critiche di Obama sono sempre generiche, in questi otto anni non si sono mai tradotte in azioni sul terreno. E soprattutto non hanno mai fermato l’appoggio degli Stati Uniti a Israele e a Netanyahu. Le parole di Obama non significano nulla per Israele perchè non rappresentano una forma di pressione concreta.

Quindi le frasi pronunciate da Obama non hanno lasciato alcun segno positivo tra i palestinesi

Per forza, perchè queste critiche non hanno braccia, non hanno gambe, non hanno mani, non hanno conseguenze pratiche di alcun tipo. E il popolo palestinese, anche le persone che non seguono abitualmente la diplomazia, pensa che siano discorsi vuoti che non porteranno ad alcun cambiamento. Obama è stato una delusione cocente per i palestinesi. Il presidente aveva affermato nel suo famoso discorso (al Cairo) del 2009 di avvertire la pena del popolo (i palestinesi) senza uno Stato e la libertà. Ma quelle parole non hanno messo in moto i cambiamenti che i palestinesi si aspettavano nella politica Usa in Medio Oriente. Dopo otto anni la nostra popolazione ha compreso la sostanza delle promesse e delle dichiarazioni di Obama. Le ascolta e le alza le spalle, semplicemente perché sa che non cambierà nulla. E questo non vale solo per gli Stati Uniti, anche in Europa. Ogni volta che il governo Netanyahu espande le sue colonie nelle nostre terre i governi occidentali non fanno nulla di concreto per fermarlo. Israele sa che sono soltanto parole e continua la sua politica senza temere alcun tipo di sanzione.

Parole simili alle promesse di pace fatte da Peres per una quarantina di anni

Appunto. In Occidente l’ex presidente israeliano era considerato un alfiere della pace, uno statista che aveva dedicato una porzione significativa della sua vita alla ricerca di una soluzione di pace. Per i palestinesi è ben diverso. Peres è stato un protagonista del progetto del movimento sionista che è la causa dell’ingiustizia storica subita dai palestinesi. Sia nel 1948 che nel 1967, anno in cui la parte restante della Palestina fu occupata ed è nota la simpatia che Peres ebbe per il movimento dei coloni. Il suo partito, il laburista, è stato responsabile dell’avvio della colonizzazione, considerata oggi uno dei principali ostacoli ad una soluzione negoziata del conflitto israelo-palestinese. E non dimentichiamo che gli Accordi di Oslo sono falliti perché Peres, Yitzhak Rabin e altri leader israeliani non hanno rispettato le scandenze previste. Peres e i suoi colleghi volevano mangiare la torta senza pagare il suo prezzo.