«La Corte europea dei diritti dell’uomo comprende le difficoltà degli stati nella lotta al terrorismo, ha tuttavia una giurisprudenza molto rigorosa a tutela anche degli stessi terroristi contro l’uso della tortura e delle pene degradanti». Lo ha detto il nuovo presidente della Corte di Strasburgo, l’italiano Guido Raimondi, intervenuto ieri a Roma alla cerimonia per il 65esimo anniversario della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La «Cedu» si occupa di far applicare la Convenzione, firmata dagli stati fondatori del Consiglio d’Europa (erano 10, oggi sono 47) il 4 novembre 1950 a palazzo Barberini. Michele Nicoletti, deputato trentino del Pd, è vice presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio e guida la delegazione italiana.

Nicoletti, il paese che 65 anni fa ha ospitato la firma della Convenzione, l’Italia, è pluricondannato dalla Cedu e in testa alle classifiche per la mancata esecuzione delle condanne. Il paese che ospita Consiglio e Corte, la Francia, a seguito degli attentati terroristici derogherà all’obbligo di rispettare la Convenzione e quindi i diritti umani. Non c’è molto da festeggiare.

Bisogna distinguere. È vero che l’Italia è in una situazione critica per le condanne della Corte, ma sta facendo grandi passi in avanti e le sue istituzioni – lo provano la presenza alla cerimonia del presidente Mattarella e le parole di Grasso e Boldrini – credono nella Corte. Non è così in Francia, dove affiora una diffidenza verso la Corte sia nel dibattito in parlamento che tra i giuristi. La decisione di derogare dalla Convenzione è un passo in più che serve certamente a tutelare il governo dai ricorsi e da eventuali condanne onerose, ma a mio avviso è soprattutto una mossa politica con la quale Hollande vuole dare il segno che è pronto a tutto nella lotta al terrorismo.

Intanto al governo francese basta comunicare la deroga a Strasburgo per non rischiare di essere condannato per gli arresti indiscriminati, le perquisizioni, i divieti di circolazione e gli scioglimenti delle assemblee, tutte cose previste dalla legge francese sullo stato di emergenza?

Una deroga non è concessa in bianco, queste sono cose che preoccupano l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. L’abbiamo detto anche nell’ultima sessione a Sofia: il terrorismo si contrasta con i mezzi dello stato di diritto e con la più ampia cautela in particolare per i soggetti più deboli ed esposti come stranieri, migranti e profughi che rischiano di venire travolti dalla reazione. L’assemblea è anche molto preoccupata che si possa dare un riconoscimento politico ai terroristi, e quindi è contraria all’evocazione della «guerra» che implica l’idea di un confronto tra entità statali.

Ma è proprio in virtù dello stato di guerra che si giustifica, come prevede un articolo della Convenzione, la deroga al rispetto dei diritti umani.

Certo, infatti l’evocazione della guerra è funzionale a politiche di diritto interno. Lo faceva già Bush. In ogni caso il divieto assoluto di tortura non è derogabile.

Il governo italiano ha escluso leggi speciali contro il terrorismo, ma l’Italia è da anni inadempiente sulla costituzione di un’Autorità per i diritti umani. A che punto siamo?

La creazione dell’Autorità ci è stata richiesta più volte in sede di Nazioni unite. L’ex presidente della Repubblica Napolitano a Ginevra ha anche assunto un impegno solenne, che va onorato. La proposta di legge c’è, ma nella scorsa legislatura è stata bloccata con la motivazione che costava troppo.