Il nuovo corso dell’estate renziana è sempre più preoccupante: una settimana fa, all’annuncio del taglio delle tasse, già molti avevano cominciato a temere, intuendo che la propaganda del Pd non sarebbe stata a costo zero. E ieri la conferma si è materializzata, in forma di emendamento al Dl enti locali: le riduzioni fiscali sulla prima casa – che secondo un piano ancora vago potrebbero premiare anche le fasce medio alte – verranno finanziate decurtando pesantemente i servizi destinati alle fasce più deboli; e cioè gli anziani, i bambini, le famiglie dei lavoratori e dei disoccupati, tutte quelle figure (ma ci sono ovviamente anche cittadini della classe media) che si rivolgono al servizio sanitario nazionale. Una maxi sforbiciata di 10 miliardi complessivi, che per il primo anno richiede una tranche di ben 2,3 miliardi.

Altre due tranche di 2,3 miliardi ogni anno sono previste per il 2016 e 2017, e se il governo da un lato parla di «razionalizzazione delle spese, che non vuol dire tagli lineari» (parola della ministra della salute Beatrice Lorenzin), dall’altro lato le Regioni – titolari della spesa sanitaria – avvertono sul fatto che hanno già dato, ampiamente, nel passato, e che se arriveranno nuove riduzioni ai budget i cittadini dovranno mettere mano al portafogli, e accendere un’assicurazione privata.

«Se si prosegue così salta il sistema della universalità della sanità pubblica e tutte le Regioni andranno in Piano di rientro. In sostanza, oltre alle tasse, gli italiani dovranno pagare le prestazioni sanitarie privatamente», dichiara allarmato il coordinatore degli assessori regionali alla Sanità, Luca Coletto.

Le fonti di risparmio delle spese sanitarie saranno diverse: una, più neutra, e anche utile (se fatta in modo intelligente), riguarderà la revisione dei contratti con i fornitori della sanità, istituendo una centrale unica di acquisto per ciascuna regione; inoltre sarà costituito presso il ministero della Salute un osservatorio sui prezzi dei dispositivi medici. Ma non ci sarà solo questo “efficientamento”: i tagli infatti andranno a toccare anche le prestazioni.

Visite, esami strumentali ed esami di laboratorio «non necessari» o «non appropriati» non saranno più mutuabili: il ministero della Salute con un decreto che dovrebbe varare a breve, stilerà la lista delle situazioni e patologie dove analisi e approfondimenti sono necessari, e se si è fuori della lista si pagherà di tasca propria. Le nuove norme prevedono anche una stretta sui medici, cercando di frenare la cosiddetta “medicina difensiva”: medici che per mettersi a riparo da eventuali vertenze giudiziarie, moltiplicano analisi e controlli per i loro pazienti. E chi sbaglia subirà un taglio allo stipendio.

Lo stesso schema varrà per i ricoveri per riabilitazione: revisione delle tipologie in base alla appropriatezza, meno giorni di degenza di diritto e, conseguentemente, la richiesta di un pagamento percentuale oltre i giorni di permanenza previsti dalle nuove soglie; e poi controlli e penalizzazioni.

Che si vada in modo più o meno esplicito verso una privatizzazione del sistema sanitario nazionale è anche la lettura della Fp Cgil: sindacato che tra l’altro, domani, insieme agli omologhi di Cisl e Uil, sarà in piazza contro la riforma della pubblica amministrazione targata Renzi/Madia e per l’apertura dei tavoli contrattuali. «Il progetto è chiaro. Si sta scientemente decidendo l’agonia, la fine del servizio sanitario pubblico per favorire quello privato – dice la segretaria Fp Cecilia Taranto – Esplodono le liste d’attesa e milioni di cittadini smettono di curarsi».

Allarme condiviso anche dai Cinquestelle, che in più mettono in guardia su altri aspetti insidiosi del dl enti locali, inevitabilmente oscurati dal maxi problema del taglio alla sanità: «Il diritto alla salute è un optional di cui liberarsi riducendo all’osso il campo d’azione del Ssn che, pezzo dopo pezzo, va sostituito dalla sanità privata. Questo è il piano della ministra Lorenzin, del commissario Gutgeld e di tutto il governo», affermano i parlamentari M5S.

Quanto agli altri punti critici del dl, i senatori Cinquestelle spiegano che «vengono stanziati solo 40 milioni di euro per gli interventi urgenti di edilizia in 40 mila scuole, e cioè 1000 euro a istituto. Una cifra ridicola, quando sono stati bocciati i nostri emendamenti per le bonifiche da amianto e la posa dei pannelli fotovoltaici sulle scuole». E ancora, «si dà l’ok alle assunzioni nelle agenzie fiscali, senza risolvere il problema degli esuberi nelle province, che nel frattempo vengono tagliate. Perché il nuovo personale necessario non viene preso dalle province?».