La corruzione – ovvero le bustarelle a politici, dirigenti pubblici e liberi professionisti – è considerata una delle cause della crisi greca. Ed è vero che spesso un nuovo scandalo terremoti il mondo politico e imprenditoriale. Una festa di milioni di euro, tutto denaro sporco che è stato intascato da gente corrotta, aggravando il bilancio dello Stato ellenico. Pochi finora gli incriminati, – l’immunità parlamentare tuttora in vigore è di per sé uno scandalo – ancora meno quelli che negli ultimi anni sono finiti in galera. Tra di loro l’ex ministro della difesa Akis Tsochatzopoulos, braccio destro di Andreas Papandreou e l’ex sindaco di Salonicco, Vassilis Papageorgopoulos, ex ministro di Nea Dimokratia. Ambedue le parti coinvolte, multinazionali europee e politici greci, corruttori e corrotti hanno agito in nome della difesa del Paese e di uno sviluppo mai giunto. Armamenti, autostrade, ponti, aeroporti, metro, telecomunicazioni, ospedali sono i «campi d’azione» dove le tangenti sono all’ordine del giorno e i protagonisti sono, oltre ai politici greci, di solito aziende multinazionali – quasi sempre – tedesche. Siemens, Deutsche Telecom, Krauss-Maffei Wegmann (Kmw), Mercedes, Bmw, ma anche Lidl, Praktiker, ecc. sono alcune delle 120 imprese di interesse tedesco, presenti in terra ellenica Grecia. A 7,9 miliardi di euro risalivano le importazioni dalla Germania nel 2008; a 4,7 miliardi sono calate nel 2012 a causa non soltanto della crisi del bilancio, ma anche di una preferenza ai prodotti di casa da parte dei consumatori greci.

Investimenti e evasioni fiscali

La questione delle tangenti, nel caso che vengano coinvolte aziende germaniche, raramente arriva ai vertici politici. Non ne parlano nemmeno i quotidiani tedeschi, per loro è tutta colpa dei «greci pigri e propensi alla corruzione». E se magari come sempre accade in uno scandalo viene coinvolto un funzionario tedesco, allora non è questione di bustarelle ma di «cattiva amministrazione».
Ad Atene, invece, la gente e i media locali ne parlano di corruzione in questi giorni, non soltanto in occasione della visita di Alexis Tsipras a Berlino, o del debito greco, ma anche perché due aziende automobilistiche, la Mercedes e la Bmw hanno evaso alcuni milioni di euro di tasse. Secondo gli ispettori di fisco della Sdoe ad Atene, a causa di fatture false presentate dalle due societá tedesche – i prezzi di fabbrica erano ridotti del 200% – lo stato greco ha perso 10 milioni di euro. «In altri termini, un’auto Bmw che in Italia veniva sdoganata a 22 mila euro, in Grecia “passava” per 8 mila euro» scrive il settimanale Agorá, che ha rivelato lo scandalo. Inoltre, proprio nell’ambito delle riforme richieste dai creditori internazionali, dopo un incontro tra Claudia Nemat, responsabile della Deutsche Telecom (Dt) per l’Europa e i ministri delle finanze Yanis Varoufakis e del tesoro Yorgos Stathakis, è stato reso noto che la Dt é pronta a investire almeno 1,2 miliardi di euro nei prossimi quattro anni per la modernizzazione della rete delle telecomunicazioni dell’Ote (Ente delle telecomunicazioni di Grecia). I greci ne parlano perché si ricordano della «Siemens corrotta» e perché sono stanchi di essere sempre considerati il capro espiatorio degli affari oscuri di grandi società. Negli ultimi anni, infatti, grazie alle richieste di alcuni magistrati di Atene, è stato dimostrato che c’è stato un fiume di denaro sporco passato da aziende tedesche ai conti correnti oppure a società off-shore o ancora nelle mani di alcuni ex ministri, parlamentari della Nea Dimokratia e del Pasok, di alti dirigenti della pubblica amministrazione e funzionari privati. L’alibi, per tutti, è stato la crescita economica del Paese, ma dietro le quinte invece si lavorava contro il cosiddetto sviluppo (mancato) e a favore dell’arricchimento illecito personale e aziendale.

Le mille vie della Siemens

In cima alla lista delle «società corotte», la multinazionale Siemens. In Grecia il suo nome é strettamente collegato ai sistemi di sicurezza per l’Olimpiade di Atene del 2004, che sono costati tre volte di piú rispetto al preventivo. La società era nota fin dagli anni ‘90, quando aveva vinto il concorso per la digitalizzazione della rete telefonica ellenica e la modernizzazione dei sistemi di comunicazione dell’esercito greco (progetto Ermes).
Nel 2011, nel momento in cui la Grecia stava entrando nella strettoia del memorandum il governo di Yorgos Papandreou, dopo un’inchiesta parlamentare, ha chiesto alla Siemens 2 miliardi di euro come «indenizzo per gli scandali di corruzione e per i danni provocati dall’azienda tedesca». Siemens, che aveva già versato oltre ai 600 milioni alle autoritá tedesche, altri 800 milioni alle autorità americane e 100 milioni a ong anti-corruzione, ha definito «ridicola e esagerata» la richiesta greca.

Questo però non ha impedito alla Siemens di cercare nuove vie di collaborazione con Atene. Anche perché nel frattempo si è «autopurificata», cambiando amministrazione. Non più bustarelle ai politici e alti dirigenti che poi avrebbero appoggiato le proposte tedesche alle commissioni, ma soltanto progetti che «mirano alla creazione di nuovi posti di lavoro. Il nuovo accordo dovrebbe dimostrare che la Grecia é un partner affidabile, in cui gli investimenti non si disperdono piú per vie traverse».

Almeno cosi scriveva la Suddeutsche Zeitung quando ai primi mesi del 2012 il governo pro-memorandum di Lukas Papadimou (coalizione tra socialisti, conservatori e ultranazionalisti di Laos) stava discutendo il lancio di nuovi progetti della Siemens in territorio ellenico pari a 90 milioni di euro. La Grecia secondo i tedeschi era ancora debitrice alla Siemens di 150 milioni di euro (dei quali 70 milioni per lavori realizzati per l’Olimpiade di Atene), ma poteva risparmiare gli 80 milioni se il governo greco promuoveva nuovi accordi con la azienda. Uno sconto, insomma, un hair-cut di un debito il quale a suo tempo con il consenso di alcuni funzionari greci corrotti era stato «sovrafatturato».

Il caso Christoforakos

Ovviamente nessuna parola da parte della multinazionale tedesca per i 100 milioni di euro – a questa cifra, secondo gli inquirenti tedeschi, ammonta il denaro scomparso – offerti dai suoi ex dirigenti ai politici e funzionari greci.

Intanto e nonostante gli indizi per un numero grande di politici corotti, soltanto due finora sono stati incriminati: nel 2008 Teodoros Tsoukatos, braccio destro dell’ex premier Kostas Somitis e nel 2010 l’ex ministro socialista Tassos Mantelis. Ambedue hanno sostenuto che il denaro sporco (1 milione di marchi e altri 500 mila di marchi) intascato dalla Siemens erano finiti alle casse del Pasok. Invece, Michalis Christoforakos, responsabile della Siemens in Grecia, l’uomo che distribuiva le bustarelle ad Atene, è fuggito a Monaco, mentre la giustizia tedesca insiste a non soddisfare la richiesta dei magistrati greci per la sua estradizione.

Di fatto dopo nove anni di indagini da parte dei magistrati di Atene il caso Siemens made in Greece è ancora aperto. Nel novembre scorso nel momento in cui la troika chiedeva ulteriori misure di austerity per coprire i buchi neri delle finanze greche, è stato chiesto il rinvio a giudizio per ben 55 persone, di cui 19 dirigenti tedeschi della Siemens, accusati di corruzione e riciclaggio di denaro sporco. Il danno che avevano prodotto all’azienda greca di telecomunicazioni Ote risale a 70 milioni di euro. I governanti riescono quasi sempre a farla franca; i governati vengono chiamati a pagare i danni delle loro malefatte.

L’affare sporco degli armamenti

Il campo degli armamenti è sicuramente il più amato dalle società tedesche e visto che la Grecia tra i paesi europei da decenni tiene il primato delle spese militari, le tangenti sono sempre all’ordine del giorno. Sotto i riflettori quattro sottomarini ordinati nel 2000 dal ministero della difesa greco alla Marine Industrial Enterprises S.A., succursale della società germanica Ferrostaal. Nel gennaio del 2014 sono stati arrestati due dipendenti pubblici, Sotiris Emmanouel e Yannis Beltsios, collaboratore dell’ex ministro Tsochatzopoulos, accusati di corruzione e di riciclaggio di denaro sporco (hanno intascato 24 milioni di euro dalla Hdv e la Ferrostaal). A dicembre del 2013, intanto, era stato incarcerato un altro dirigente del ministero della difesa greco. Antonis Kantas aveva ricevuto 1,7 milioni di euro come tangenti per promuovere l’acquisto di 170 carri armati Leopard. Anche stavolta il corruttore é una società tedesca: la Krauss-Maffei Wegmann.

Che ci sia proprio una festa di bustarelle nel settore della difesa militare lo ha rinconfermato il leader del partito nazionalista Anel (Greci indipendenti) e partner di governo, Panos Kammenos, attuale ministro della difesa, che si è dichiarato pronto ad aprire indagini fino in fondo.