Crescita dell’economia e aumento quantitativo del lavoro sono completamente disallineati dal progresso sociale e civile, dalla qualità degli impieghi, da salari dignitosi e servizi pubblici efficaci e universali. Questa contraddizione è sempre più evidente anche in Italia. Mentre i corifei del governo evidenziano la stentata crescita del Pil (0,7%) e l’aumento quantitativo dei posti di lavoro, contemporaneamente aumenta la povertà anche nel ceto medio cosiddetto «basso». La coesistenza di fattori opposti – la crescita economica e del lavoro senza diritti e con salari erosi dall’inflazione – sta rafforzando le disuguaglianze economiche, sociali e culturali come dimostrato da ultimo dall’ong Oxfam. Non cresce infatti solo l’impoverimento, ma anche la ricchezza concentrata nelle mani di pochi: il 5% più ricco detiene più del 30% dello stock di ricchezza detenuta dall’80% più povero.

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UNA CONFERMA ATTENDIBILE di un simile meccanismo politico-economico è arrivata ieri da una ricerca intitolata «Povere famiglie. L’impatto dell’Inflazione sui redditi degli italiani». Presentata ieri a Roma all’Hotel Nazionale in piazza Montecitorio, è stata realizzata dalle Acli su una platea amplissima composta da 602.566 mila dichiarazioni dei redditi realizzate negli ultimi quattro anni. Un periodo tragico nella storia recente caratterizzata dalla policrisi pandemica del Covid, guerre e mega-inflazione. L’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie, creato nel 2022, che ha realizzato la ricerca sostiene che per il 79% del campione è stata registrata una perdita mediana di reddito pari a 240 euro al mese.

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SE ENTRIAMO
nel dettaglio della tipologia familiare, la perdita mediana oscilla tra i 317 euro mensili delle famiglie bireddito senza carichi e i 150 euro mensili persi dalle famiglie monoreddito con carichi e dei vedovi con carichi. Si tratta di una perdita di reddito equivalente familiare pari a 1,9 miliardi di euro, evidentemente da moltiplicare tra tutti i soggetti di pari condizione. Una cifra che non sarà mai più recuperata. Chi ha perso questi soldi, non li vedrà mai più. E, dunque, si è impoverito.L’inflazione ha peggiorato la situazione mitigata dai bonus effimeri distribuiti dal governo «Conte 2».

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SE RAPPRESENTIAMO la perdita di potere d’acquisto in «carrelli della spesa» per beni primari alimentari pari a 90 euro, le famiglie con due redditi da lavoro hanno perso otto «carrelli» pari a 700 euro; le famiglie separate/divorziate senza carichi sei «carrelli»; sei «carrelli» sono stati persi da quelle unite «di fatto»; quattro carrelli sono stati persi delle famiglie monoreddito e con vedovi.

LE DONNE sono le più colpite. Secondo le Acli il 58,1% sono sotto la soglia di povertà relativa rispetto al 41,9% degli uomini. L’inflazione ha peggiorato le cose. Tra il 2020 e il 2023 le famiglie con dichiaranti donne hanno perso in media 2.767 euro a fronte di una perdita di 2.518 euro degli uomini, quasi 250 euro in più rispetto a quest’ultimi. Interessante anche un’altra osservazione: oltre il 90% delle dichiaranti donna in povertà relativa non risulta coniugata: è vedova, single o separata e il 34% delle restanti donne vive con almeno un figlio a carico.

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I DATI CONFERMANO il fallimento del «carrello tricolore» contro l’inflazione. Il governo non lo ha rinnovato, cosciente del flop di un’iniziativa ornamentale concepita per fare vedere di avere fatto qualcosa contro la perdita del potere di acquisto di salari sostanzialmente fermi. Sono 29 i contratti nazionali in attesa di rinnovo: 6,5 milioni di dipendenti aspettano di recuperare qualcosa dopo gli anni dell’inflazione. Su queste dinamiche non sembrano avere inciso altre politiche di sostegno ai redditi a cominciare da quella più importante per Meloni & Co.: il «taglio del cuneo fiscale» che ha dissanguato il bilancio pubblico. Quest’anno il rinnovo è costato 10 miliardi.

E POI C’È LA BANCA Centrale Europea che ha aumentato i tassi di interesse per contrastare l’inflazione. Ciò ha colpito il ceto medio impoverito che ha contratto un mutuo per acquistare una casa. La media dell’aumento degli interessi è stata di circa 340 euro annuali. Se consideriamo quelli accesi dal 2020 in poi l’aumento degli interessi ha riguardato il 98% dei mutuatari: oltre 1060 euro tra il 2020 e il 2022.

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IN UN PAESE dove i governanti guardano alle astrazioni statistiche, e non alla condizione materiale dei governati, cresce la povertà assoluta. È l’effetto del taglio del «reddito di cittadinanza». Ieri l’Alleanza contro la povertà che raccoglie 35 associazioni(tra cui Caritas e Cgil e Acli) ha ricordato che sono 182.350 le domande respinte per l’«assegno di inclusione». Sono state accolte 480 mila domande su una platea potenziale di 737 mila nuclei. I «poveri assoluti» sono molti di più: 2,2 milioni di famiglie. Il governo ha dimezzato il numero di chi riceveva fino a pochi mesi fa un sussidio temporaneo. Dicono che voglia rivedere qualcosa in questo sistema di Workfare. Si tratterà di stabilire chi sarà punito di più e chi meno. Difficile ottenere di più da chi parlava di «metadone di Stato».