Del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il Sacro Graal dell’economia italiana da 194 miliardi di euro, è nota l’opacità. Ed è noto che il ministro Giorgetti ha chiesto la proroga oltre il 2026 per l’impossibilità di realizzarlo nei tempi previsti dalla Commissione europea. Non la pensa così il ministro al Pnrr Fitto, però. Del Piano non si conosce l’impatto che avrà sull’economia. E si ignora la sua reale applicazione.

SIAMO AL PUNTO che le 300 associazioni della campagna Dati bene comune hanno presentato la quarta richiesta di accesso generalizzato agli atti (Foia) in due anni (il manifesto ha parlato delle altre tre il 20 febbraio).È certo invece che in quel decreto «salsiccia» che porta il nome del Pnrr, approvato ieri dal Senato, è stata introdotta una norma che autorizza l’ingresso nei consultori delle associazioni prolife. Voluta da Fdi, la norma è stata stigmatizzata dalla Commissione europea perché non c’entra nulla con il Pnrr. Il decreto è stato utilizzato come un taxi per rilanciare le battaglie delle associazioni del cattolicesimo tradizionalista. Un tassello della campagna elettorale di Meloni per le europee. Nella stessa cornice rientra lìaccordo Italia-Albania: «Una deportazione di migranti innocenti verso un altro paese» così l’alleanza sinistra-verdi si è espressa ieri nella discussione sulla fiducia ottenuta dal governo con 95 sì e 68 no.

NEL FRATTEMPO, CGIL E UIL erano in presidio nei pressi del Senato: «C’è un attacco alle donne, una regressione inaccettabile – ha detto Maurizio Landini, segretario della Cgil -. Ci siamo stancati di balle: se uno vuole applicare la legge 194 fa gli investimenti perché i consultori funzionino, non hanno bisogno di uomini che vanno a spiegare alle donne perché non abortire». «Invece di migliorare la loro condizione e aumentare i servizi pubblici, a partire dagli asili nido, attaccano la libera scelta delle donne sul loro corpo» si è letto in una nota dei sindacati. Il dibattito in aula è stato interessante perché Raffaele Fitto ha spiegato tra l’altro la logica dell’intero Pnrr, non solo quella del decreto. Fitto ha riconosciuto che i tempi ristretti dell’approvazione abbiano compromesso la discussione parlamentare. In commissione sono stati infatti tagliati i tempi per discutere oltre 700 emendamenti e il decreto è arrivato in aula senza mandato al relatore.

FITTO ha detto di «capire le lamentele per il poco tempo» ma il «confronto» sul testo del decreto si è «avuto anche e soprattutto con la Commissione Ue». La scelta delle parole è importante: le critiche dei parlamentari sono «lamentele», quello con Bruxelles (la cassa che dà i soldi) è un «confronto». Il Pnrr è stato concepito in questo modo: in parlamento si vota le fiducia al governo che tratta con Bruxelles a sua discrezione. Nel merito, il decreto approvato ieri è rivelatore del spirito dell’intero progetto-Pnrr. C’è l’articolo 2 sulla responsabilizzazione degli enti attuatori, ad esempio. È stato definito «molto importante» da Fitto. Nella sua prima formulazione prevedeva la possibilità di rivalersi da parte del governo sugli enti attuatori del Pnrr che non riescono a spendere i soldi per le carenze strutturali non risolte. Una forma di austerità che potrebbe danneggiare i cittadini inconsapevoli.

IN POCO MENO DI DUE MESI il dl è però diventato un patchwork di norme: dalle Poste e dal caso dell’ingresso in PagoPa alla «patente a crediti» considerata uno strumento per affrontare il problema delle morti del lavoro. Dopo le modifiche al testo del decreto è stata confermata l’estensione a settori anche diversi dall’edilizia. Alle aziende saranno dati 30 punti e la soglia di almeno 15 per lavorare nei cantieri. Un decreto ministeriale chiarirà come ottenere i crediti aggiuntivi e come recuperare quelli decurtati. «Non abbiamo chiesto la “patenti a punti” e non possiamo accettare che la vita dei lavoratori possa valere alcuni crediti» ha detto Pierpaolo Bombardieri (Uil). La differenza, in effetti, può sfuggire nella società del benchmaking, dove la vita è pesata a crediti e le imprese sono giudicate in base ai punti. Sono i guai creati dall’economia comportamentale. Per iniziare a cambiare basterebbe smettere di usare le sue categorie.