Il primo gruppetto parte questa mattina dall’aeroporto di Ciampino. Si tratta di 19 eritrei diretti nella zona di Ostersund, nel nord della Svezia. Un numero piccolo ma altamente simbolico perché rappresenta l’avvio dei ricollocamenti in Europa dei profughi sbarcati nel nostro paese. Per l’occasione, in maniera forse un po’ provinciale, nello scalo romano si terrà una cerimonia con la partecipazione del ministro degli Interni Angelino Alfano, del capo de dipartimento immigrazione Mario Morcone, del commissario Ue per l’immigrazione Dimitri Avramopoulos e del ministro degli esteri e degli affari europei del Lussemburgo Jean Asselborn. Si tratta dell’avanguardia dei 40 mila profughi che in due anni verranno ricollocati dall’Italia in altri Stati del’Unione europea secondo quanto stabilito dall’agenda per l’immigrazione messa a punto dalla commissione Ue. E ieri il segretario di Stato spagnolo per la Sicurezza ha annunciato la disponibilità di Madrid a prendere 50 profughi come «progetto pilota».
Al di là dei numeri, che comunque dovrebbero crescere mano a mano che la macchina dei ricollocamenti va a regime, si tratta del primo passo della strategia messa a punto da Bruxelles per rispondere alla crisi dei profughi. Una strategia che, ricollocamenti a parte, è basata soprattutto sulla possibilità di rimpatriare i migranti economici e sul rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dell’Unione. «Per ottobre abbiamo organizzato dieci voli per i rimpatri congiunti», ha confermato ieri Avramopoulos. «Questo è bene, ma non è abbastanza. Dobbiamo sviluppare un vero sistema per i rimpatri». Un concetto reso ancora più esplicito da Alfano, secondo il quale è Bruxelles che dovrà farsi carico dei rimpatri, sia materialmente che dal punto di vista economico. «Dobbiamo dire chiaro e tondo i paesi africani che, come Europa, diamo i soldi della cooperazione internazionale solo se loro ci aiutano, evitando che partano i migranti o riammettendoli», ha detto il ministro degli Interni convinto che «questa è la strategia vincente».
Proprio i rimpatri del resto sono stati la centro del vertice dei ministri degli Interni dei 28 che si è tenuto ieri a Lussemburgo. L’Unione è convinta di riuscire ad arginare i flussi migratori applicando con i paesi di origine una politica del «more for more», vale a dire più contributi economici in cambio di una maggiore collaborazione nel fermare le partenze e nel riprendere i migranti entrati illegalmente in Europa. Politica che verrà ribadita a novembre al vertice Ue-pesi africani che si terra a Malta. Nel frattempo si punta sull’apertura di hotspot dove i migranti vengono identificati, divisi tra aventi diritto all’asilo e migranti economici, trattenendo questi ultimi fino al momento dell’espulsione. Atene due giorni fa si è detta pronta ad aprirne cinque, mente l’Italia ne ha già aperto uno a Lampedusa sotto la supervisione di funzionari Frontex e di Easo, l’ufficio europeo per l’asilo.
Altro punto della strategia europea riguarda infine il controllo delle frontiere esterne. Nelle scorse settimane era già stata proposta la creazione di una guardia di frontiera e costiera europea, proposta confermata anche ieri al vertice dei ministri degli Interni. «Crediamo che adesso l’Europa sia pronta per una scelta di questo genere», ha spiegato Alfano. «Del resto non esiste un’unione di stati che abbia cancellato, come noi abbiamo fatto con Schengen, le frontiere interne e poi non abbia disegnato e presidiato quelle esterne».
Intanto si muove anche l’Onu. Oggi il consiglio di sicurezza vota la bozza di risoluzione che autorizza l’intervento della missione europea al largo della Libia. Il testo è l frutto di una lunga mediazione tra e afferma che obiettivo della missione è quello di fermare «e organizzazioni della criminalità organizzata impegnate nel traffico di esseri umani e prevenire la perdita di vite umane», non escludendo come ultima ratio anche l’uso della forza militare. Rispetto al testo originario, in cui si parlava della possibilità di distruggere i barconi utilizzati dagli scafisti, quello che si vota oggi afferma che «ulteriori azioni nei confronti delle navi ispezionate, compresa l’eliminazione, saranno prese in conformità con il diritto internazionale e con la dovuta considerazione degli interessi dei terzi che hanno agito in buona fede».