L’Iowa è per definizione un Flyover State, uno di quegli stati che non sono una destinazione, ci si passa sopra in aeroplano mentre si va da un’altra parte. Sull’Iowa si passa, non si atterra.

Poco più di 3 milioni di abitanti che sono per il 91% bianchi e per il 75% cristiani sparsi su poco meno di 146.000 km quadrati. Appena 21 abitanti per km quadrato (la media italiana è 195 per km quadrato). Il resto sono campi di mais.

Ogni 4 anni però questo stato semi vuoto diventa il centro di tutto. Arrivano media da tutto il mondo, perché è qui che cominciano de facto le elezioni presidenziali, con le primarie dei partiti che votano iniziando dall’Iowa.

Se vinci in Iowa mezza nomination ce l’hai in tasca.

E per questo, anche se si vota a gennaio, i candidati iniziano a battere l’Iowa da agosto, perché prima di convincere il resto del Paese bisogna convincere gli iowaniani.

In Iowa si vota con il sistema dei caucus, che, come spiega l’Oxford Dictionary, è “una riunione di delegati o persone, attive politicamente, riunite per scegliere un candidato a una carica”. Non un urna con una scheda, ma un rapporto dialettico con la politica.

E questa propensione per la parola l’Iowa la esprime con un’istituzione culturale che è uno dei fiori all’occhiello del Paese, il corso di scrittura creativa dell’University of Iowa, il Workshop Writers, definito la città degli scrittori, scrittori del calibro di Flannery O’ Connor e Irving solo per dirne due.

Dall’Iowa arriva uno dei fumettisti più pubblicati e amati dalla sinistra radicale Usa, Daniel Perkins, aka Tom Tomorrow, voce critica e sarcastica degli Stati Uniti da più di 30 anni. Lo abbiamo sentito per il manifesto.

foto Dan Perkins
Dan Perkins

Qual è il suo legame con l’Iowa?

La mia famiglia si trasferì a Iowa City, che è la sede dell’Università dell’Iowa, quando avevo 5 anni. Siamo andati via quando avevo 12 anni, e sono tornato per finire la scuola superiore. Ho vissuto lì fino a qualche anno dopo i 20. Mio padre ha vissuto in Iowa fino alla sua morte, due anni fa, quindi nel corso degli anni sono tornato abbastanza spesso. Mi sono trasferito molto nella mia vita, ma Iowa City è ciò che ho di più vicino a una città natale

Come descriverebbe l’Iowa a chi non lo conosce?

Sento che la mia intima familiarità con il posto è obsoleta adesso, anche se, come ho detto, sono tornato spesso nel corso degli anni. Il posto che conosco meglio è Iowa City, che è sempre stata una città universitaria di orientamento liberal.

Quando ero un bambino, alla fine degli anni ’60, era una specie di Berkeley. Le proteste studentesche e persino le rivolte contro la guerra in Vietnam erano piuttosto comuni. Da allora e fino ai primi anni ’70, era molto probabile che chiunque incontrassi si opponesse al presidente Nixon. I miei genitori non erano particolarmente di sinistra, ma il liberalismo culturale del posto è stato qualcosa che ho assimilato per osmosi. Nel 1972, quando avevo 11 anni, sono andato a fare caseggiati, a bussare alle porte delle persone, per la campagna di George McGovern (il candidato presidenziale democratico di quell’anno, che poi perse in uno storico scontro elettorale, ndr).

Quindi il “mio” Iowa è sempre stato piuttosto liberal/progressista, ma questa è una verità che dura solo il tempo necessario per raggiungere le città.  L’Iowa è anche uno stato principalmente rurale e agricolo, con molti piccoli centri dove le persone tendono ad essere piuttosto conservatrici.

Iowa City è sempre stata vista come un’anomalia: l’ultima volta che ci sono stato ho visto un negozio che vendeva magliette con lo slogan “La Repubblica popolare di Iowa City”. Voglio dire, se vai in Iowa la tua prima impressione sarà quella di un vasto vuoto, fatto di fattorie e campi che si estendono all’infinito lungo l’autostrada, con un sacco di quei giganteschi mulini a vento che generano energia. E questo è ciò che ho visto anche io l’ultima volta che ho fatto un giro nello stato fuori dalle città.

foto Dan perkins
Dan Perkins

Freddo, piatto, inospitale e remoto, ma ogni 4 anni diventa il centro del mondo: come vivono gli Iowan questa dualità bipolare?

I miei ricordi sono un po’ datati a questo punto, e certamente sono antecedenti all’attuale era del cambiamento climatico. Quando ero bambino, il clima in Iowa era caratterizzato da inverni estremamente freddi, con temperature regolarmente inferiori a 0 gradi Fahrenheit (-17 C, ndr)e cumuli di neve ammucchiati ovunque, e poi le estati più calde e soffocanti che si possano immaginare. Metà del motivo per cui a 24 anni mi sono trasferito a San Francisco stava nel fatto che odiavo quegli estremi con una passione assoluta, e volevo vivere in un clima più mite.

Per quanto riguarda lo spettacolo circense che si svolge ogni quattro anni, quando i media di tutto il mondo scendono sul posto, sfortunatamente non era sul mio radar da bambino, quindi l’ho sperimentato per lo più come chiunque altro negli Stati Uniti, guardandolo in tv.  Ora, da adulto, di tanto in tanto vedo un politico intervistato in questo ristorante, l’Hamburg Inn #2, e penso, ehi, è lì che andavo la sera dopo la chiusura dei bar.

L’Iowa ha votato due volte per Obama e poi due volte per Trump.  Definisce l’Iowa come uno stato blu o rosso?

Ebbene, in questi giorni l’Iowa sta innegabilmente tendendo al rosso repubblicano per Trump, con alcuni avvertimenti. Recentemente hanno cercato di approvare leggi restrittive sull’aborto e censure sui libri, ma entrambe le misure sono state sospese dai tribunali.

Nel complesso temo che lo stato ora sia piuttosto conservatore, il che mi rattrista molto.

C’è una tradizione di progressismo nel Midwest, in stati come Iowa, Kansas e Minnesota, e ho la sensazione che questa tradizione sia un’altra vittima di Trump e del suo movimento autoritario, come una lanterna che una volta brillava intensamente alla finestra di una fattoria, ma ora sta svanendo con l’oscurità.