In questa occasione, io vorrei rendere omaggio a due persone che hanno contribuito, in modi diversi, a dare forma al mio antifascismo e alla mia coscienza della storia. Uno di loro è Claudio Pavone, e non ho certo bisogno di spiegare a voi perché. L’altro è Dante Bartolini, operaio, partigiano, cantore, poeta e aedo della Resistenza nella Valnerina. Non si sono mai conosciuti, ma non erano estranei l’uno all’altro: anzi, in occasione di un 25 aprile di qualche anno fa, scrissi sul manifesto un articolo in cui li facevo incontrare. Scrivevo allora: «Dante Bartolini non aveva letto Claudio Pavone (oltre tutto, è morto troppo presto, nel 1979). In compenso, Claudio Pavone aveva letto Dante Bartolini e lo citava: «Il difficile nesso fra lotta in fabbrica e lotta armata», scrive in Una guerra civile, «è ben espresso nei versi di un poeta proletario ternano, Dante Bartolini, a proposito di un episodio soltanto immaginato.

IN REALTÀ non erano versi e non erano scritti: era la trascrizione di una intervista in cui Dante, scandendo le parole come se davvero fossero versi incisi sul marmo, reimmaginava l’inizio della Resistenza a Terni e lo collocava direttamente dentro la fabbrica: La fabbrica d’armi di Terni/ andammo migliaia di operai/ fu rotto il cancello/ spalancato/ prendemmo le armi/ una parte/ poi si partì per la montagna.

Non andò affatto così, ma Claudio Pavone era uno dei rari storici che sono capaci di intrecciare una straordinaria competenza nel trattamento delle fonti documentarie (dopo tutto veniva dagli archivi) con la consapevolezza che gran parte della storia avviene altrove – nell’immaginario, nella soggettività – e capisce quanta verità profonda sta in un racconto poetico e «sbagliato». Non a caso parla di «moralità» nella Resistenza, cioè di qualcosa di immateriale, interiore, profondo. Dante Bartolini, scriveva Pavone, riprendendo una mia definizione, «materializza una metafora», la presa delle armi nel luogo dove si è formata la sua arma più importante, la sua coscienza antifascista e di classe.

ANTIFASCISTA, DI CLASSE – e patriottica. Perché le risonanze fra Claudio Pavone e Dante Bartolini vanno oltre. A suo modo, anche Dante era uno storico: le sue canzoni più importanti le ha scritte dopo la Resistenza, e hanno lo stesso incipit, «Non ti ricordi?» Una di queste – che secondo me è tra le più belle canzoni in assoluto sulla Resistenza – sembra una conferma ante litteram di quell’idea delle «tre guerre» intrecciate che Claudio Pavone ha reso canonica. Ciascuna delle tre strofe centrali è dedicata a una di queste tre guerre: la guerra di liberazione nazionale («ora la nostra patria dobbiamo ripulir»), la guerra antifascista («fascismo e monarchia fu la cagione/ se diventarno tutti partigiani»), la guerra di classe («perché il socialismo vuole la libertà/ non più il servilismo che è condannato già»).

L’incrocio fra Dante Bartolini e Claudio Pavone non è incidentale. Rileggendo Una guerra civile, mi sono accorto per la prima volta di quanto sia ampio e accurato l’uso che fa Claudio Pavone delle fonti orali. Non era una cosa scontata, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, quando gran parte della storiografia le scartava perché inattendibili o le tollerava solo in funzione ancillare. Claudio Pavone le accoglie e le tratta alla pari con tutte le altre, e in questo le valorizza.
Mi spiego. In Una guerra civile, ci sono almeno una trentina di citazioni dal mio libro, Biografia di una città, una storia orale di Terni operaia. Quando il libro uscì, nel 1985, le persone che avevo intervistato non ne furono particolarmente emozionate – dopo tutto, le storie che raccontavo nel libro loro le sapevano già e magari gli dava anche fastidio che le avessi riportate in tutta la vivacità non convenzionale del loro racconto orale.

MA MI ACCORSI che erano emozionati invece quando si erano accorti che le parole che avevano detto a me, attraverso il mio libro, erano entrate nel libro di Claudio Pavone, e grazie a lui non erano più storia locale ma erano parte del canone storico generale dell’antifascismo e della Resistenza in Italia, con la stessa dignità e sullo stesso piano di altre «testimonianze» più accreditate.
C’è di più. Riguardando le citazioni dalle interviste, mi sono reso conto che Pavone non usa quasi mai le fonti orali come mera documentazione degli eventi, ma soprattutto come elementi di interpretazione. Riconosce ai narratori non solo la loro esperienza, ma anche la loro intelligenza; non solo hanno fatto la Resistenza, ma ci aiutano anche a capirla. Forse la chiave sta in una nota, che non riesco a ritrovare tra le migliaia di note che sostengono Una guerra civile, in cui Claudio Pavone come fonte indica «Ricordo di chi scrive».

Ecco: Dante Bartolini, partigiano, ha scritto e cantato la memoria della Resistenza. Claudio Pavone, storico della Resistenza, è stato partigiano a sua volta e l’ha raccontata in un piccolo libro bellissimo. La Resistenza tutti e due l’avevano fatta e tutti e due la ricordavano e la raccontavano. Un tempo avremmo forse parlato di teoria e prassi. Oggi, è grazie a questo intreccio fra storia e memoria, fra immaginazione ed esperienza, fra intelligenza e passione che riconosco entrambi come miei maestri.

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SCHEDA. Un premio alla Storia come impegno civile

Giunto alla seconda edizione, il premio nazionale «Claudio Pavone. La Storia come impegno civile», conferito l’anno scorso a Chiara Ottaviano, figura di spicco nel campo della Public History, è stato assegnato quest’anno ad Alessandro Portelli. L’iniziativa è promossa, tra gli altri, dal Comune di Torchiara, Istituto nazionale Ferruccio Parri – Rete degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea, e l’Associazione italiana di Public History. Il riconoscimento, conferito da un apposito Comitato scientifico, viene assegnato a chi si è distinto nell’ambito della ricerca storica, dell’impegno nella sfera pubblica, e per capacità di azione nella condivisione dei valori costituzionali di libertà, uguaglianza, solidarietà e legalità. La premiazione avverrà oggi alle ore 16.30 a Torchiara (SA) presso il palazzo Baronale De Conciliis. Anticipiamo un estratto dalla relazione dal titolo «Immaginazione e memoria: le tre guerre di Dante Bartolini e Claudio Pavone».