Cinque maxischermi sulla facciata dell’ex stazione, per chi non riuscisse a entrare, mentre cresce la fila all’ingresso. La ministra Maria Elena Boschi che alle 18 chiama a rapporto i frontmen & women di questa edizione, i parlamentari Edoardo Fanucci, Lorenza Bonaccorsi, Luigi Famiglietti e Silvia Fregolent, per le ultime indicazioni prima del fischio (anzi, l’aperitivo) d’inizio. La Leopolda numero 5, quella «di governo», apre i battenti in attesa di Matteo Renzi, che a metà mattinata da Bruxelles twitta: «Oggi si torna a casa. Ma solo per ripartire». E alle otto di sera si presenta al Tg di Mentana, in collegamento da Firenze, per assicurare che no, nessuna contrapposizione con la romana piazza San Giovanni, ma «questo è un luogo dove non si protesta, si propone» ed «è finito il tempo in cui una manifestazione di piazza può bloccare un governo, può bloccare un paese». E «noi ascoltiamo il milione di persone della piazza, ma anche gli altri 60 che stanno a casa». Avanti come un treno che figurarsi se teme i frenatori: «Io non mollo», ripete quando sale sul palco, a proposito della Commissione Ue.

Stessa stazione, nuova corsa per l’inquieto rottamatore che ha scalato il Pd e il governo (anzi l’Italia, «la Leopolda del 2011 mi ha fatto capire che questo paese era scalabile, so che questo termine farà discutere…», dice ancora dal palco) per cominciare a dare corpo al «partito della nazione» che ha in mente. Sarà per questo che alla Leopolda si incontra persino il coordinatore toscano di Forza Italia, Massimo Parisi, vicinissimo a Verdini? Macché, «sono qua per un’intervista con Rainews», assicura lui. Mai dire mai, «il futuro è solo l’inizio», recita lo slogan 2014 e chi non scommetteva sul giovanotto di Rignano sull’Arno non aveva capito niente, suggeriscono i manifesti della kermesse: su di essi campeggiano Picasso, i Beatles, Elvis, Walt Disney e le frasi di chi aveva previsto l’oblio per tutti loro.

Noi e loro, i frenatori appunto, è ancora il messaggio nonostante il «grande rispetto» del premier per la manifestazione contro il Jobs act, quello che sul «futuro» di tante e tanti mette una sinistra ipoteca. E un pezzo del Pd disorientato nella «nazione» renziana sarà lì. E il presente è già nero per gli operai dell’Ast di Terni che domani arriveranno alla Leopolda, «Renzi non viene a Terni andremo noi da lui», spiega il segretario della Fiom Claudio Cipolla. E ci sarà pure Daniele Calosi, segretario Fiom di Firenze che dal palco vorrebbe «spiegare l’idea che la Cgil ha del cambiamento del Paese», ammesso che interessi, ma la Leopolda «io non la considero un’altra Italia come dice Boschi, vorrei lo stesso rispetto per chi sarà in piazza».

«Rispetto», ha ripetuto Renzi ma appunto «la Leopolda è un’altra cosa». E il leader del Pd «della nazione» tira una linea quando dice: «La conduzione della manifestazione non è sindacale, ma politica. E’ stato Vendola a annunciare lo sciopero generale». Ma tanto a ogni Leopolda, da quella del «Big bang», c’è stata una cosa «contro», dice ancora dal palco facendo lo spavaldo, dunque «ringraziamo la Cgil». E lancia il primo dei video autocelbrativi che costellano l’intervento-show, colonna sonora Jovanotti che canta «il più grande spettacolo dopo il big bang», i frenatori se ne facciano una ragione. «La Leopolda è la nostra gente che vuole pensare in modo diverso rispetto al passato». Ma soprattutto, c’est moi.