Il sesto aereo carico di aiuti umanitari italiani (in tutto 50 tonnellate di alimenti, 200 tende e 400 sacchi a pelo) arriva in Iraq assieme al presidente di turno del Consiglio europeo, intenzionato a ribadire quanto affermato durante il suo discorso d’insediamento: «L’Europa non è solo spread e vincoli; è nata per difendere una certa idea di mondo e di dignità dell’uomo», ripete Matteo Renzi ad ogni incontro con le massime autorità irachene, a Baghdad, e kurde, a Erbil.

E mentre a Roma senatori e deputati delle Commissioni Esteri e Difesa, dopo tre ore scarse di interventi senza pathos durante la riunione congiunta davanti alle ministre Mogherini e Pinotti, si separano e danno, con due voti distinti, il via libera all’invio di aiuti militari italiani ai kurdi (contrari solo 4 senatori e 12 deputati, di Sel e M5S), da Berlino il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier annuncia che il suo governo è «pronto a inviare armamenti nel nord dell’Iraq per contrastare l’avanzata dei jihadisti dell’Is».
Quei terroristi islamici che rappresentano «una minaccia non solo per l’Iraq ma per l’intera regione, per l’Europa e per il mondo intero», spiega la candidata ministra degli Esteri europea Federica Mogherini. Che però – mentre l’alleato alfaniano Fabrizio Cicchitto già lamenta l’approccio troppo “timido” al problema, evocando una cura a suon di bombe – tiene a precisare: «Non è un ritorno allo scontro di civiltà o di religione – afferma la ministra – A rischio è il principio di convivenza».

A Baghdad, intanto, Renzi ha incontrato il premier iracheno uscente Al Maliki, il capo dello Stato Masum e il neo premier Al Abadi, che ha assicurato di voler formare un governo di grande coalizione. A loro Renzi ha assicurato la volontà italiana ed europea di contribuire a conservare l’integrità territoriale irachena e contemporanemante ad individuare una strategia chiara per fermare la violenza jihadista e permettere ai profughi del nord del Paese di far ritorno alle loro terre. «Avevo 20 anni, mi ricordo Srebrenica, dove si compì un genocidio – ha raccontato il premier ai microfoni di Sky ieri sera prima di rientrare a Roma – la comunità internazionale rimase zitta a guardare e i caschi blu silenti. Oggi ci troviamo in una situazione simile: quello che sta avvenendo in alcune aree dell’Iraq e della Siria è la stessa cosa, un genocidio».

«Renzie è in Iraq. Ma a fare che?», chiede Grillo in un tweet coniando l’hashtag #IraqStaiSereno. Ma la missione del presidente di turno dell’Ue è chiara: le «armi automatiche leggere» – come le ha chiamate la ministra della Difesa Roberta Pinotti davanti alle commissioni – che partiranno dall’Italia «in pochi giorni» («mitragliatrici dismesse dall’esercito italiano, munizioni e razzi anticarro» ma anche armi confiscate negli anni scorsi ed ancora «funzionanti»), dovranno per forza di legge (la 185/90) passare da Stato a Stato, ossia essere consegnate nelle mani del governo di Baghdad e non in quelle del governo regionale del Kurdistan. Saranno poi le stesse autorità irachene a consegnare le armi ai peshmerga kurdi impegnati a respingere l’offensiva dei miliziani dell’Is.

Sel ha espresso dubbi proprio in merito a questo passaggio di consegne, e chissà se anche il presidente del Kurdistan Massoud Barzani che Renzi ha incontrato per ultimo, a Erbil, non abbia in qualche modo lasciato trapelare le stesse incertezze. «Questa battaglia noi la vinceremo, voi la vincerete», sono state le parole rassicuranti di Renzi rivolte ai leader kurdi che hanno insistito molto sulla tragedia dei profughi. Il voto a larga maggioranza delle commissioni parlamentari «ci consente – ha spiegato Mogherini – di andare avanti sui tre piani che il governo ha predisposto con i partner internazionali»: l’aiuto umanitario «urgentissimo», le forniture militari e «soprattutto sul piano politico – ha aggiunto la ministra – perché la vera soluzione non può che essere politica: per questo Renzi è oggi a Baghdad ed Erbil».

05desk1fotinaPinotti-

Eppure il dubbio di Sel è più che legittimo. Tanto che la ministra Pinotti nella sua replica davanti al centinaio di senatori e deputati riuniti congiuntamente ha assicurato che si penserà a predisporre «forme di controllo tese ad assicurare che la consegna del materiale sia effettuata nelle mani di interlocutori che rappresentano articolazioni governative, nonché a garantire un utilizzo assolutamente proprio del materiale, evitando che esso possa essere impiegato da attori terzi o per finalità diverse da quelle di autodifesa e protezione delle popolazioni cui sono destinate».