«Si stancheranno prima loro». Il premier Renzi consegna al Tg5 la decisione che ha preso sulle vacanze dei senatori. È una sfida aperta. «Se vogliono fare 8mila emendamenti e bloccare il senato, questo si chiama ostruzionismo, noi ci mettiamo lì e, poco alla volta, andiamo avanti con la serenità di chi sa che non ci stanchiamo, o meglio che si stancheranno prima loro». Renzi non chiude al confronto, a parole: «Vogliono discutere davvero nel merito di 10, 20, 30, 50 punti da cambiare? Noi si può anche discutere» ma non si possono bloccare le riforme.

Resta deluso chi auspicava la fine del muro contro muro sulle riforme costituzionali – il presidente della Repubblica, quello del senato, le opposizioni, i cittadini italiani che secondo i sondaggisti sono in maggioranza per un senato elettivo. Anche la ministra Maria Elena Boschi non lascia spazio a fantasie di accordi o «ponti levatoi», come Nichi Vendola aveva definito il terreno di un eventuale dialogo. «L’impianto della riforma è ormai stato deciso, non soltanto dal lavoro del governo ma anche dal lavoro di oltre tre mesi in commissione, ed è stato votato in modo molto ampio da tutta la maggioranza, da Forza Italia, dalla Lega». La Lega non è più della partita ma la ministra non se ne preoccupa. Le modifiche si possono fare modifiche «ma non possiamo stravolgere il testo». E se questo dovesse significare che la data dell’8 agosto slitta, «non è un dramma, lavoreremo di più e faremo qualche giorno di ferie in meno». Anzi Renzi non ha dubbi: dal rallentamento de senato trarrà un vantaggio di consensi. «Pensano di fare arrabbiare me o il governo, ma io non mi arrabbio, ho l’impressione che stiano facendo arrabbiare i cittadini». E passa dalla sfida allo sfottò: «Quando vedi i senatori che dovrebbero stare in parlamento a votare andare a fare passeggiatine dal senato al Quirinale capisci che c’è qualcosa che non torna», dice, alludendo alla marcia di Lega, M5S e Sel verso il Colle, giovedì scorso.

Così finisce seppellita, per ora, l’idea di un accordo per migliorare la riforma. I temi di possibili convergenza ci sarebbero: immunità, referendum abrogativi e propositivi, garanzie per l’elezione del capo dello stato. Per non parlare dell’Italicum, che sarebbe la vera chiave di volta per una ripartenza al senato. Ma i cellulari dell’opposizione sono rimasti muti. Il Colle smentisce chi parla di un «pressing» sui senatori. E l’apposito attacco di Beppe Grillo contro Napolitano chiude definitivamente la strada del dialogo. E ora opposizione e maggioranza si rimpallano le responsabilità. Il sottosegretario alle riforme Luciano Pizzetti esclude che si possa iniziare a discutere finché non si sgombera il campo da ’certi’ emendamenti: «Lo abbiamo detto dall’inizio: non pretendiamo che qualcuno cambi opinione, ma se viene meno l’ostruzionismo si può discutere nel merito. Siamo in attesa di un segnale, una proposta nel merito, che non sia la richiesta del Senato elettivo, perché quella richiesta per noi è del tutto irricevibile».

Ma il ritorno a un senato elettivo è la bandiera che unisce le opposizioni. Quindi, per ora, gli emendamenti restano. Anche se l’ostruzionismo non riprenderà martedì. E questo perché alla ripresa le opposizioni avranno fretta di arrivare al fatidico emendamento con il voto segreto sul numero dei parlamentari, l’unico che il presidente Grasso non potrà «spacchettare» e sminare, e dove effettivamente la maggioranza dovrà stare attenta a non andare sotto, pena far sal saltare tutto l’impianto del nuovo senato.

Passato questo scoglio – sulla carta il governo ha i voti per superarlo senza patemi d’animo – la strada resta ancora lunga. Allo stato la data dell’8 agosto, indicata dalla capigruppo per il sì finale, è indicativa. I senatori ne sono consapevoli. E non è che facciano la ola. «Il problema non sono la quantità del tempo o le vacanze», spiega il forzista Maurizio Gasparri. «Si possono annullare del tutto. Il problema è la qualità delle decisioni. Serve un ulteriore confronto. Forza Italia deve confermare la propria volontà di cambiamento, ma promuovere una mediazione che superi lo stallo». Per Gasparri l’ipotesi di una mediazione alla camera per restare invece «duri in prima lettura» – riferita da un articolo del Corriere della sera – è «il metodo Renzi: un’autentica provocazione».

Come una provocazione o, meglio, un sapiente lavoro di spin doctor, erano i boatos sulla minaccia di voto anticipato provenienti direttamente da Palazzo Chigi. Renzi si è reso conto che avranno spaventato qualche parlamentare (ma la sua opposizione interna l’ha definita «una pistola ad acqua», definizione del bersaniano Alfredo D’Attorre) e però non danno un’immagine solida dell’Italia ai corrispondenti esteri, particolarmente quelli europei. Così ieri ha smentito l’intenzione: «Compito del politico non è andare alle elezioni ma cambiare l’Italia. Questo Parlamento è in grado di cambiare sul serio, e spero che anche quelli che oggi stanno facendo ostruzionismo, si rendano conto che danno stanno facendo all’Italia e direi anche al loro stessi».