Dopo aver negato l’endorsement a Trump durante la convention dei repubblicani, a fine Luglio, Ted Cruz ha cambiato idea ed ha dichiarato che a novembre voterà per il candidato Gop.

La notizia non è stata accolta bene dalla così detta aristocrazia repubblicana.

Chris Wilson, ex consigliere di Cruz, si è detto deluso, e nelle stesse ore, il portale di notizie The Enquirer ha dato il proprio endorsement a Hillary Clinton, dopo quasi un secolo di appoggio ai repubblicani.

Queste esternazioni arrivano poco dopo la dichiarazione che George Bush sr ha affidato alla nipote di Kennedy, rendendo pubblico il proprio voto per Hillary Clinton.

Altri endorsement per la candidata democratica sono arrivati dal New York Times per il quale tra i due candidati non c’è nemmeno di che fare dei paragoni, e il Los Angeles Times che ha dichiarato: «Clinton potrebbe essere una presidente intelligente, sobria e pragmatica; Trump una catastrofe».

Ma se gli endorsement non è detto spostino voti, forse lo farà una mancanza di sostegno economico.

Il Wall Street Journal ha fatto notare che nessuno dei 100 amministratori delegati delle principali aziende americane ha fatto donazioni alla campagna di Trump; nel 2012 un terzo di questi erano stati dalla parte di Romney e durante queste primarie, in 19 hanno nesso mano ai propri fondi per sostenere altri candidati.

Se Trump fosse un politico ciò avrebbe un’altra lettura, ma è uno di loro e se un uomo di affari corre come presidente e nessuno dei suoi colleghi lo appoggia, ciò porta a conclusioni pesanti.