Anche ieri ci sono stati altre centinaia di arresti a Los Angeles – in tutti gli Stati uniti siamo a più di 400 – dove le proteste si sono focalizzate sul centro civico e nuovamente sulle autostrade urbane. Gruppi di manifestanti hanno nuovamente bloccato le freeway, arterie decisive per la circolazione cittadina, soprattutto alla vigilia del ponte del Thanksgiving per la quale festività la polizia cittadina ha chiesto di «sospendere la protesta». Intanto la polizia in assetto antisommossa è subito intervenuta per sgomberare gli assembramenti e dopo due giorni di relativa «tolleranza» ha cominciato ad arrestare molti manifestanti che si stanno roganizzando online con lo slogan #handsup – in riferimento alle mani che Michael Brown avrebbe alzato in alto per tentare di arrendersi quando l’agente Wilson gli ha vuotato contro il caricatore dell’arma d’ordinanza.

Il poliziotto continua ad affermare nei talk show che ciò non è accaduto e dato che il ragazzo aveva un pugno stretto lui – pistola alla mano – era in imminente pericolo di vita. I numerosi testimoni oculari continuano invece a sostenere il contrario: il ragazzo inerme è stato giustiziato. Il fatto stesso che il dibattito prosegua con foga mostra il fallimentare procedimento del gran giurì, ancor più dato che questo non era tenuto ad accertare la verità dei fatti ma solo se ci fossero estremi per farli valutare da una giuria in un un processo.

Le irregolarità sono così lampanti che addirittura Antonin Scalia, il patriarca reazionario della Corte suprema, ha definito inaudito il fatto che all’agente Wilson sia stato consentito di fornire la propria versione nell’udienza preliminare dato che al giurì normalmente parla solo il pubblico minister per raccomandare il rinvio a giudizio.
D’altra parte sull’iniquità dell’iter quasi nessuno più ha dubbi. Robert McCulloch, il procuratore della contea di Saint Louis che ha gestito il disastro (qui dove i magistrati vengono eletti direttamente, è del Partito democratico ) è noto nella comunità come un «fedele amico» dele forze dell’ordine. Le probabilità di un processo equo nei confronti dei «nemici naturali» della polizia – i cittadini afroamericani – erano quindi a zero già in partenza. Non occorre essere nero per sapere che la polizia gode di una effettiva immunità in fatto di sparatorie.

Ferguson, il ghetto dove la forza di polizia comprende solo 4 agenti non bianchi su 53, è solo l’ultimo esempio di polizia intesa come forza d’occupazione. Una situazione che era rispecchiata nella Los Angeles dell’epoca di Rodney King e delle rivolte del 1992. Ciò che infine ha migliorato – parzialmente – i rapporti con la comunità nera è stata una maggiore integrazione delle forze dell’ordine. Questo a Los Angeles è accaduto solo con l’intervento del governo federale che ha imposto l’assunzione di maggiori quote di agenti ispanici, neri e asiatici e di donne. Per ovviare al concetto di polizia come forza di occupazione militare del territorio «ostile», almeno occorre far sì che la polizia rifletta più fedelmente la composizione etnica e razziale della comunità.

La «militarizzazione» che in America si traduce nelle incredibili statistiche sui morti «da polizia» dipende poi dalla cultura della «compliance», la tolleranza zero per la disubbidienza a priori. Eric Holder, il ministro della giustizia di Obama aveva cominciato ad esprimere esplicitamene questi concetti da anni rivendicati da un coro di militanti e intellettuali. Criticando apertamente i tassi di carcerazione «industriali» di maschi neri (i neri d’America sono incarcerati ad un tasso sei volte superiore a quello dei bianchi. I carcerati afroamericani sono 1 milione, ben oltre il 40% del totale malgrado costituiscano a malapena il 10% della popolazione) Holder è stato il primo attorney general ad indicare il colossale elefante nella stanza del democrazia americana, condannando in particolare la militarizzazione della polizia e allargato l’analisi critica al fenomeno sociale, denunciando «un utilizzo eccessivo della carcerazione» come rimedio sociale economicamente insostenibile oltrechè eccessivamente costoso in termini «umani e morali». Le speranze che le sue dichiarazioni avevano sollevato sono state miseramente disattese dopo Ferguson dal suo capo – il primo presidente afroamericano ha platealmente mancato l’occasione per una azione significativa. Ogni sua dichiarazione è stata preceduta dalla solidarietà con le forze dell’ordine.

Ieri Cornell West, come sempre una delle voci più incisive del movimento nero, ha espresso i sentimenti di molti quando ha dichiarato: «Ferguson ha segnato la fine dell’era Obama. È una fine molto triste di un epoca iniziata nel segno della speranza che si chiude ora con grande disperazione».