Era dal 2008 che nella scuola non si proclamava uno sciopero generale unitario. Sette anni fa contro la riforma Berlusconi-Gelmini, il prossimo 5 maggio contro la «Buona scuola» firmata Renzi-Giannini. Come per la morte di Napoleone, la data sarà storica anche per un altro motivo: si sciopererà di martedì, zittendo in anticipo le litanie sui venerdì pre-festivi o sui ponti allungati.

L’annuncio è arrivato ieri mattina dal palco di piazza Santi Apostoli a Roma. Tra il tripudio dei circa duemila Rsu che riempivano la più piccola tra gli spazi che Roma ora concede alle manifestazioni. Una manifestazione praticamente unitaria – mancavano solo Usb e Cobas che scenderanno in piazza il 12 maggio – con i confederali (Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola) affiancati da Gilda e Snals.

La rabbia contro il disegno di legge da poco arrivato in parlamento è palpabile in ogni angolo della piazza. Se il disegno generale della riforma viene rigettato completamente, ad essere definito «vergognoso» è soprattutto il contestatissimo «articolo 12». Quello che prevede come tutti i supplenti e precari (docenti e Ata) con 36 mesi di servizio non potranno mai essere stabilizzati. «Una norma che ci consegna al precariato a vita, mentre Renzi strombazza il contrario», perde la pazienza Serena, 48enne di Roma che da 8 anni è precaria come collaboratrice scolastica e il 30 giugno andrà «a casa». «Nel disegno di legge – spiega – noi Ata non siamo praticamente citati, c’è solo un generico riferimento alla sorveglianza».

L’altra priorità è quella delle assunzioni dei precari. Delle 150mila inizialmente annunciate dal premier si è già passati a poco più di 100mila. Ma per renderle effettive dall’inizio del prossimo anno scolastico, serve un decreto in tempi strettissimi. «Renzi ci fa passare le assunzioni come un regalo – racconta Francesco, 38enne da 10 docente precario – ma noi andiamo semplicemente a riempire cattedre scoperte: sono posti che ci spettano, nessun regalo. E se non ci sarà il decreto entro qualche giorno, ci toccherà un altro anno di precariato per poi magari scoprire che i soldi per assumerci non ci sono più».

Accanto al disegno di legge c’è poi la richiesta di 14 deleghe che il governo chiede al parlamento per ridisegnare lo schema organizzativo della scuola pubblica. «Sono deleghe con cui il governo può tranquillamente stravolgere il nostro mondo aggirando il parlamento – spiega Stefania, insegnante di matematica in una scuola media della periferia romana – . Si parla tanto di autonomia ma in realtà se da un lato si dà potere al dirigente scolastico di scegliere chi premiare e chi assumere, dall’altro il piano triennale che dovrà predisporre per ogni istituto verrà valutato e modificato dall’ufficio regionale e dallo stesso ministero, riproponendo un controllo verticista sulla scuola».

Ad unirsi agli insegnanti arriva anche una delegazione di studenti. «Il 5 maggio saremo in piazza con i nostri professori – annuncia Alberto Irone dell’Uds – per noi la riforma va completamente riscritta a partire dalla mancanza di un fondo per il diritto allo studio e la lotta alla dispersione scolastica che nel nostro paese è ancora a livelli intollerabili».

Sul palco si sono intervallati gli interventi dei segretari di categoria – quelli generali (Camusso, Furlan e Barbagallo) sono rimasti silenti per non turbare la pax sindacale con Snals e Gilda – con quelli di semplici Rsu. «Noi chiediamo l’immediata stabilizzazione dei precari – ha dichiarato Domenico Pantaleo, segretario generale Flc Cgil – , il rinnovo del contratto, e che si realizzi, finalmente, una scuola autonoma, libera da molestie burocratiche e basata sulla partecipazione e la cooperazione tra i soggetti che operano nella scuola e nel territorio. Del disegno di legge va cambiato tutto e noi non possiamo più aspettare». «Più che la “buona scuola” quella di Renzi è una scuola alla buona – attacca Francesco Scrima, segretario generale della Cisl scuola – . Quando si mette mano a questioni senza averne conoscenza e competenza si finisce come l’apprendista stregone e si rischia di fare danni incalcolabili: questo sta facendo Renzi sulla scuola». «Serve un piano di assunzioni e serve che sia fatto per decreto – ha aggiunto Massimo Di Menna, segretario della Uil Scuola – no inoltre all’articolo 12 del ddl, che per dare retta alla corte europea stabilisce che dopo 3 anni di lavoro precario un docente sia licenziato».