All’indomani della sentenza della Corte di Giustizia Europea a Lussemburgo sui precari della scuola, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini si è mostrata sicura. A settembre 2015 si procederà all’assunzione di 148 mila insegnanti precari dalle sole graduatorie ad esaurimento e «nel 2016» ad un concorso per 40 mila persone. Tutti gli altri fuori. Per docenti precari e personale Ata con 36 mesi di servizio negli ultimi tre anni e un contratto a termine non cambia nulla. Con abilitazioni (Pas e Tfa), master e tanto altro potranno aspirare a un biglietto vincente alla lotteria. Non più di questo. E fuori soprattutto resteranno gli amministrativi. Per loro la «Buona scuola» non prevede assunzioni. Un’ingiustizia nell’ingiustizia, visto che proprio dal ricorso di un «Ata» è nata la valanga che ha cambiato la storia recente della scuola italiana, almeno dal punto di vista del diritto. La realtà politica in Italia è un’altra cosa.

La storia è anche quella di Mario De Nuzzo, 43 anni e 9 da collaboratore scolastico precario a Catania, uno dei promotori della prima causa contro il precariato di Stato. «La sentenza – ha detto al giornale La tecnica della scuola – apre scenari ampi per il pubblico impiego, facendo giustizia di un palese sfruttamento legalizzato in violazione di una direttiva recepita e mai applicata al comparto scuola». Più che l’ottimismo, in questa dichiarazione colpisce la determinazione con la quale decine di migliaia di persone si rivolgeranno tra poco al giudice del lavoro per vedere rispettati i propri diritti di lavoratori. Riconosciuti dal diritto comunitario, ma non in Italia.

Contro il ministero dell’Istruzione, e il governo Renzi, si sta per scatenare una «guerriglia» giudiziaria. E le dichiarazioni del ministro Giannini non lasciano equivoci sul campo: «L’Italia – ha detto ieri l’ex rettrice dell’università di Perugia per stranieri – è un paese che si fonda sui ricorsi e chiunque veda aprirsi uno spiraglio dopo questa sentenza può presentare ricorso. Questo non è un tema che riguarda me e il governo». Liquidata la giustizia europea che ha dichiarato illegale l’intero sistema della precarietà nella scuola italiana, come nella pubblica amministrazione, questa dichiarazione sottovaluta che la precarietà è stata ideata dai governi, e non dai ricorrenti che cercano di difendersi. Da oggi spetterà solo ai giudici stabilire l’entità dei risarcimenti. Ma non, purtroppo, la dignità del lavoro.

C’è poi il giallo dei numeri «da assumere». Per Giannini sarebbero 15 mila docenti e 18 mila Ata. Se così fosse, il piano assunzioni della «Buona Scuola» sarebbe un «successo politico», così si è espressa ieri la ministra. In realtà si riferisce solo ai precari assunti con contratto annuale fino al 31 agosto per tre anni consecutivi, ma non a coloro che hanno lavorato per tre anni nell’arco di 5-6 anni. In quest’ultimo caso, sostiene Rino Di Meglio della Gilda, si tratterebbe di 70-100 mila persone, come abbiamo scritto ieri su Il Manifesto. La sentenza della Corte di Lussemburgo si riferisce evidentemente a quest’ultima platea. Ci sarebbe anche la possibilità di interpretare la sentenza in maniera estensiva, coinvolgendo anche chi ha svolto supplenze temporanee per tre anni e più. Senza escludere i collaboratori scolastici. In questo caso si arriverebbe alla cifra «monstre» di 250 mila assunzioni, quelle riportate ieri.

Uno scenario che il governo ha escluso, ma che diventerà il terreno dello scontro. Questa è una diretta conseguenza della sentenza europea e l’effetto – prevedibile – della decisione di assumere solo dalle graduatorie ad esaurimento, escludendo quelli che hanno sbagliato l’anno in cui abilitarsi. Un arbitrio, provocato dai governi, che oggi rischia di trasformarsi in un arbitrio ancora più grande. Quello che sembra certo è che la riforma Renzi-Giannini taglierà alla radice questo problema, distribuendo le supplenze solo tra i nuovi assunti, lasciando fuori chi oggi fa questo lavoro.

«Le 148 mila immissioni in ruolo previste dal piano Renzi non bastano più – ha detto ieri Marcello Pacifico nell’Anief durante un’audizione alla VII commissione del Senato – dovrebbero essere integrate da altre 60 mila per i docenti abilitati e 40 mila unità di personale Ata». La proposta sarebbe quella di una fascia aggiuntiva alle graduatorie ad esaurimento dove inserire chi ha titolo. Un caos che potrebbe essere solo l’annuncio di quello che si prepara per tutta la pubblica amministrazione. In mancanza di una politica diversa, tutti potranno ricorrere a quella che Walter Miceli, uno degli avvocati dell’Anief, ha definito «una pietra miliare nella lotta contro la precarizzazione dei rapporti di lavoro».