Se n’è andata un po’ come aveva vissuto la seconda parte della sua vita, sommessamente, in punta di piedi e, speriamo, con uno di quei sorrisi così solari ma allo stesso tempo così carichi di mille significati con cui ha irradiato da protagonista il cinema giapponese fino al giorno del ritiro dalle scene nel 1962. Setsuko Hara è deceduta lo scorso 5 settembre all’età di 95 anni, ma la notizia è stata resa nota dalla famiglia solo nella giornata del 25 novembre, l’attrice nata come Masae Aida, resta a tutt’oggi uno dei volti più riconoscibili del mondo cinematografico dell’arcipelago, soprattutto grazie alla sua collaborazione con Yasujiro Ozu, regista per cui ha interpretato ed incarnato dei personaggi femminili, in verità l’infinita variazione di un tipo, per cui l’autore giapponese è diventato famoso.

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Ma rapportare tutta la sua carriera ai lavori con Ozu sarebbe riduttivo, anche se sono quelli che più si ricordano e vengono citati fra appassionati e cinefili. Setsuko Hara nasce nel 1920 a Yokohama e ancora giovanissima, all’età di 15 anni, viene introdotta al mondo del cinema, alla Nikkatsu, dal regista e cognato Hisatora Kumagai. Il riconoscimento come attrice arriverà solo due anni dopo con la sua partecipazione alla coproduzione nippo-tedesca The New Earth e successivamente con una serie di film, molti dei quali di propaganda, nel periodo prebellico. In questi lavori spesso Hara impersona e sussume in sé la figura della donna giapponese vittima delle circostanze e del lungo fluire della storia, e, come nota giustamente Donald Richie, la svolta nella sua carriera incomincia grazie all’incontro con Akira Kurosawa nel 1946 quando in Non rimpiango la mia giovinezza interpreta Yukie, la figlia di un professore universitario, la sola protagonista femminile nell’intera cinematografia kurosawiana, che nel corso del film diventa una figura alquanto indipendente ed impegnata socialmente, sullo sfondo l’invasione giapponese della Manchuria del 1933.

Proprio questa doppia valenza, forti legami con la tradizione, con i valori e la struttura familiare da una parte, anelito verso un’espressione che sia individuale ed indipendente dall’altra, formeranno quella sottile ambivalenza che si riflette ed è così ben esemplificata nei personaggi femminili, creati soprattutto nei lungometraggi nati dalla sua collaborazione con Ozu. Il suo lungo sodalizio con il regista di Viaggio a Tokyo comincia nel 1949 quando interpreta Noriko, la ventisettenne figlia di un padre rimasto vedovo in Tarda primavera, film che rappresenta il primo «capitolo» della cosiddetta trilogia di Noriko, assieme a Il tempo del raccolto del grano del 1951 e proprio Viaggio a Tokyo di due anni successivo. In questi lavori meglio che altrove si riflette quel contrasto fra vita familiare ed aspirazioni individuali di cui si scriveva più sopra, il suo sodalizio con Ozu durerà per dodici anni e sarà lungo sei film, fino a Tardo autunno, l’ultimo lavoro del regista giapponese nel 1961, e probabilmente Ozu non sarebbe diventato l’Ozu che conosciamo senza l’apporto decisivo di Setsuko Hara.

Secondo le stesse parole del cineasta infatti, non poteva scrivere una sceneggiatura senza prima avere in mente e ben chiaro chi sarebbe stato a dar vita ai personaggi sul grande schermo, un po’ come accade ad un pittore che non può dipingere senza prima sapere quali colori usare, è evidente allora come Hara sia stata per Ozu importante quanto una tonalità di colore imprescindibile ed insostituibile.

Non solo Ozu come si diceva più sopra, nel 1951 Hara ha infatti l’occasione di tornare a lavorare con Kurosawa in L’idiota, adattamento per il grande schermo da Dostoevsky, in cui interpreta il personaggio di Taeko. Un personaggio ben diverso da quelli impersonati con il regista di Tarda primavera, a tal punto diverso e troppo manieristico secondo l’opinione di alcuni, che in molti si preoccuparono che l’immagine dell’attrice si «rovinasse».

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Ma le sue collaborazioni spaziarono e toccarono anche altri grandi nomi della cinematografia nipponica come Mikio Naruse con cui, ancora nello stesso 1951, lavorò in Repast. Nel 1962 dopo la sua partecipazione numero cento dieci in un film, 47 samurai di Hiroshi Inagaki, Hara annunciò improvvisamente il suo ritiro dalle scene a soli 42 anni, nel pieno della sua popolarità e con una carriera che avrebbe potuto continuare ancora per molto, come avvenne per esempio con un’altra grande attrice giapponese della stessa epoca, Hideo Takamine. I motivi di tale decisione restano ancora oggi sconosciuti e hanno contribuito ad alimentare l’alone di leggenda e di fascino che hanno circondato in questi ultimi 53 anni la figura di Setsuko Hara.

Anche dopo le fortissime pressioni della Shochiku, Hara rimase ferma nella sua decisione e così il cinema giapponese perse una delle sue star più brillanti di sempre, ma ancor di più un volto ed una figura che rappresentava, e che in parte ancora rappresenta, un’intensa immagine della femminilità giapponese in tutte le sue sfaccettature, in cui parte delle giapponesi si identificava e ammirava. Dal 1962 l’attrice non apparve mai più in pubblico e non rilasciò quasi nessuna intervista, andando a vivere a Kamakura, città sul mare a pochi chilometri da Tokyo, la stessa cittadina dove furono girati molti film di cui fu protagonista e dove si trovano, in due luoghi diversi, sia la tomba di Kurosawa che quella di Ozu.

La sua figura ha continuato a mantenere ed esercitare un fascino tutto particolare sul popolo giapponese, il suo sorriso immortalato in foto e fotogrammi è ad esempio tornato in voga subito dopo il terremoto del 2011, quasi come incitamento alla speranza in un momento così difficile. Fra gli omaggi più riusciti e toccanti ricordiamo almeno il lungometraggio animato Millennium Actress, diretto dal mai troppo compianto Satoshi Kon nel 2001, film che si ispira proprio alla vita della famosa attrice per intessere un racconto meta-cinematografico e poetico come solo Kon sapeva fare. Il modo in cui ci piacerebbe ricordare Setsuko Hara è con la sua immagine sorridente mentre pedala in bicicletta, una delle scene più note e belle di Tarda primavera.