L’Isis è sempre più vicino al cuore di Baghdad: ieri due colpi di mortaio sono caduti all’interno della Zona Verde, area fortificata e off-limits, sede del parlamento e del governo iracheni e delle ambasciate straniere. Uno dei razzi è finito a 500 metri dall’edificio che ospita l’ambasciata statunitense, sfida diretta alla coalizione e alle istituzioni statali del paese.

Da settimane la capitale è nel mirino delle milizie islamiste che procedono a suon di attentati. Non passa giorno senza esplosioni nei quartieri sciiti della città, con il loro carico di morte. Non sempre lo Stato Islamico ha rivendicato tali azioni, a volte compiute da altri gruppi islamisti sunniti, specchio dei settarismi che insanguinano il paese dal 2003.

La debolezza del potere centrale iracheno è finita sotto i riflettori di nuovo ieri, stavolta a nord. La regione autonoma del Kurdistan ha votato l’invio di 200 peshmerga e di armi pesanti a sostegno dei kurdi siriani di Kobane entro due giorni. Lunedì le autorità turche avevano annunciato il passaggio attraverso il proprio territorio dei combattenti kurdi iracheni diretti a nord della Siria. Non se ne erano ancora visti, bloccati dal mancato via libera politico del parlamento regionale. Che ieri ha dato l’ok, bypassando Baghdad e assumendosi la responsabilità militare diretta di un intervento in Siria.

La luce verde è giunta dopo l’accordo tra il Partito di Unione Democratica (il Pyg, partner siriano del Pkk) e il Kurdistan iracheno del presidente Barzani. I peshmerga arriveranno a Kobane via terra, attraversando il confine turco-siriano, dietro previo coordinamento con Ankara che spera così di avvicinare i ribelli del Pyg ai ben più moderati kurdi iracheni, strappandoli al controllo del partito di Ocalan. Per questo i kurdi di Rojava mettono le mani avanti: ieri il loro leader, Salih Muslim, ha tenuto a precisare che ogni tipo di assistenza va coordinato con le Unità di protezione popolare.

Con sé i peshmerga porteranno armi pesanti, dietro richiesta dei combattenti kurdi a Kobane, rimasti quasi a secco. Domenica a rifornirli è stata la coalizione guidata dagli Usa, ma alcuni pacchi sono finiti in mano all’Isis che non ha mancato di farlo notare al presidente Obama con un video pubblicato ieri, in cui un miliziano mostra le armi Usa piovute dal cielo. Al video di martedì sera è seguita una serie di messaggi via social network con cui gli islamisti ricordavano agli Stati uniti che ieri scadeva l’ultimatum pendente sull’ostaggio Peter Kassig, ex soldato e oggi cooperante. Da Obama l’Isis vuole lo stop dei raid in Siria come richiesto nel video che mostrava l’uccisione del britannico Henning.

A bombardare non sono solo gli Stati uniti: negli ultimi giorni si sono decisamente intensificati i raid dell’aviazione governativa siriana che ieri ha fatto sapere di aver abbattuto due dei tre jet militari sequestrati dall’Isis. Secondo il ministro dell’Informazione siriano, Omran al-Zoubi, martedì notte gli aerei di Damasco hanno colpito due dei Mig presi dagli islamisti nella base di Jarraj, a est di Aleppo. Secondo alcuni testimoni, ad insegnare ai miliziani di al-Baghdadi come pilotare un aereo da guerra sarebbero stati ex soldati iracheni sunniti.

I bombardamenti, che il governo non conferma ufficialmente, sono parte dell’offensiva aerea lanciata da Damasco negli ultimi giorni contro l’Isis: oltre 200 raid in 36 ore, secondo l’esercito siriano, che hanno avuto come target la provincia di Deir al-Zor, il cui capoluogo è stato quasi del tutto occupato dall’Isis. Colpite anche Aleppo, Idlib e Hama e la periferia di Damasco, dove si concentrano altri gruppi di opposizione, a partire dal Fronte al-Nusra e l’Esercito Libero Siriano.

Analisti attribuiscono la rediviva azione dell’aviazione al tentativo di bloccare l’arrivo di aiuti militari occidentali ai gruppi anti-Assad, più che a combattere l’Isis. Eppure i qaedisti di al-Nusra sono ormai alleati di al-Baghdadi dopo aver firmato un patto di non aggressione con gli islamisti. E l’Els? Lo stesso Dipartimento di Stato ha avvertito Obama: un’opposizione inutile se non dannosa, le armi a loro dirette oggi sono in mano allo Stato Islamico.