L’ultimo venditore di fiori accanto al cancello del cimitero monumentale del Verano ha un’insegna: Ercole. Il primo morto sepolto, appena entrati a destra, ha una lapide: Ercole. Il mausoleo del Pci sta dall’altra parte, in fondo al camposanto, e c’è un ingresso più comodo per chi viene a ricordare Palmiro Togliatti, che i tipografi romani del Comunista giudicarono un ometto e chiamarono Ercole.

Sabato 22 agosto di cinquant’anni fa, dall’inviato dell’Unità Giuseppe Boffa: «Erano le 13.20 al campo di Artek, quando il cuore di Palmiro Togliatti ha cessato di battere. Dopo una mattina di sole, il cielo si era coperto di nubi».

Faceva già caldo ieri alle otto del mattino e c’erano due corone di fiori e due rosse rosse davanti alla lapide di Togliatti, arriveranno in più altri tre mazzetti. Una corona è firmata «I comunisti e le comuniste di Roma», l’altra «Democratici di sinistra». È la fondazione che amministra parte dei beni che furono del partito; Ugo Sposetti, l’ultimo tesoriere, arriva alle nove e trenta con la figlia di Togliatti e Nilde Jotti, Marisa, con Emanuele Macaluso, il ministro della giustizia Andrea Orlando e il vecchio Antonio Rubbi, storico dirigente della sezione esteri. Il mausoleo progettato da Gualtiero Costa («sul modello di una tomba etrusca», assicura Sposetti, che però è di Viterbo) ha forma circolare. Nel cerchio aspettano qualche giornalista, una ventina di ex del Pci e delle scissioni successive ma niente delegazioni ufficiali. Anche le bandiere sono in forma privata. Le scale che portano alla cripta sono umide anche in agosto, le chiavi le ha Giuseppe Zucconelli, 78 anni, impiegato a Botteghe Oscure e adesso custode delle tombe. C’è ancora posto: «Ma bisogna essere stati, almeno un giorno, nella direzione del Pci o del Pds o dei Ds». Del Pd non si parla, non qui. Due anni fa l’ultimo dirigente accolto: Giuseppe Chiarante.

Dalla relazione di Mario Alicata di ritorno da Yalta alla segreteria del Pci, 19 agosto 1964: «È noto che il compagno Togliatti si è accasciato senza conoscenza alle ore 19.04 di giovedì 13 agosto mentre stava parlando ad un gruppo di giovani pionieri riuniti in una piccola arena sistemata proprio sulla riva del mare».

L’Unità in quei giorni dell’agonia non smetteva di rassicurare i comunisti italiani: il compagno segretario è curato assai bene dai medici sovietici. Il partito non si fidava, i rapporti con il Pcus erano tesi e Krusciov a Mosca non aveva neanche ricevuto Togliatti. Il Pci spedì a Yalta il professor Frugoni che aveva operato Togliatti dopo l’attentato, oltre al medico personale Spallone. L’ultimo bollettino medico è firmato da «gli accademici Vladimir Vassillenko e Evgheni Schmidt e i professori Alexandr Markov, Roman Tkaciov e Olga Gorbasciova».

Togliatti a Scoccimarro, negli ultimi anni: «I medici sono tutti uguali e allora tanto vale tenere quello che ho, almeno lo conosco».

Scoccimarro è sepolto cinque loculi a destra di Togliatti. Alla sua sinistra Alicata, di fronte una coppia che cinquant’anni fa era a Yalta con Togliatti e Jotti, Arturo Colombi e Nella Marcellino. Allora Macaluso era già nella segreteria del Pci e andò a ricevere il professor Frugoni all’aeroporto di Fiumicino: il partito aveva bisogno di una diagnosi certa. Ma Macaluso oggi non vuol parlare di quelle tensioni, parla di Togliatti: «Senza di lui la democrazia in Italia non avrebbe preso la strada che abbiamo conosciuto e non avremmo avuto la Costituzione». Il ministro Orlando che nel suo studio ha la scrivania di Togliatti, anche se non la usa, dice che «dobbiamo essere riconoscenti verso chi ha saputo guidare quel passaggio storico, ci sono state più figure e sarebbe riduttivo riferirsi solo a una parte, ma sicuramente tra questi c’è anche Togliatti».

Morto nel ’64, il mausoleo è stato costruito nel ’72, dov’è rimasto il corpo di Togliatti per otto anni? Zucconelli lo sa. Riquadro 61, un’altra tomba del Pci. Adesso ci sono le lapidi di Xenia Sereni, Concetto Marchesi, Sibilla Aleramo e altri, tra i quali Ottavio Pastore che fu il primo caporedattore di Togliatti, all’Avanti nel 1919. Di fronte alla tomba il signor Franco venuto da Faenza e già passato da Togliatti. L’avevamo notato. A metà mattina il mausoleo è di nuovo vuoto.

Cinquant’anni fa il Pci aveva 1.640.000 iscritti. Il funerale di Togliatti fu la prima manifestazione, si scrisse, da un milione di persone.
A mezzogiorno il primo visitatore senza fotografi né telecamere. Gianfranco, 53 anni, ex segretario del Pds di Como. «Sinceramente non ricordavo l’anniversario, ne ho letto ieri sera. Ero a Roma, ho deciso di passare». Poco dopo un’altro. Marcello, romano, 58 anni: «Ho visto la cerimonia in tv, ho riconosciuto un paio di compagni e sono venuto. Togliatti? Uno stalinista, io ho un’altra storia, movimento, Lotta Continua». Nel tardo pomeriggio il terzo, l’ultimo. È il conducente della navetta interna al cimitero, Alfredo, 60 anni. «Prima ho visto la gente, non mi potevo fermare. Mi ricordo del funerale in tv, la commozione dei miei, una famiglia comunista». Non arriva più nessuno.

La lettera di Natalia Ginzburg all’Unità. «So bene che Togliatti era un grande uomo politico. Ma io non sono un politico e non so dire della sua figura politica nemmeno una sillaba. Così mi limito a esprimere il mio dispiacere. Ricordo l’ultima volta che l’ho visto. Era poche mesi fa, a Roma. Cenava a un tavolo di trattoria a pochi metri da me. Sono contenta d’averlo potuto vedere, quella volta ancora, e di averlo salutato in me. Gli volevo molto bene: quel bene confuso, indistinto, che si vuole ad alcune persone lontane e famose ma, quando esse muoiono, ci accorgiamo che era pure un sentimento reale, profondo, in tutto simile all’amicizia e all’affetto, e che abbiamo perduto un amico, anche se era un amico col quale non abbiamo mai scambiato, nella vita reale, una sola parola».