Abbiamo letto insieme questi due piccoli racconti sulla scuola. Il primo è stato scritto da Natalia Ginzburg, che anche se ha un nome un po’ strano è una scrittrice italiana. Il secondo, invece, è stato scritto da un signore che si chiama Isaac Asimov, uno scrittore russo di fantascienza. Uno parlava della scuola del passato e uno della scuola del futuro. Mi sapete spiegare perché? Da cosa si capisce?

«Quello del futuro è il secondo, quello del maestro robot. Perché nel futuro ci sono i robot. Non ci sono nel passato». «Poi l’aula era di fianco alla sua camera, non doveva fare neppure la fatica di andare a scuola». «A me però non piacerebbe avere un maestro robot perché…. Perché non mi piacerebbe».

E da cosa si capisce che il primo racconto era del passato?

«Perché lei, Natalina…». «Natalia, non Natalina!». «Stavo dicendo: perché lei, Natalia, che poi è lei che racconta di quando da bambina andava a scuola, lei, insomma… Lei a scuola non c’è mai andata. Alla scuola elementare, intendo. E neppure i suoi fratelli e le sorelle. Perché era sua mamma che le faceva da maestra a casa sua». «Che bello!». «Però i suoi fratelli e le sue sorelle no. Loro stavano sempre in casa, ma veniva una vera maestra a insegnare a tutti». «Natalia non era brava in matematica e allora sua madre la faceva contare usando dei sassi che prendeva in giardino e poi le comperava anche delle caramelle per farle fare le operazioni come le addizioni, le sottrazioni, le divisioni, le moltiplicazioni». «Sua madre si arrabbiava molto». «Io credo che nel passato molti bambini non andavano a scuola e c’era la mamma o il papà che gli insegnavano a casa». «Io preferisco andare a scuola così vedo e gioco con i miei amici».

La scuola del futuro invece come era?

«Era tutta col maestro robot, un maestro meccanico». «C’è un solo alunno anche lì. Cioè, magari ci sono tanti alunni, però nell’aula c’è solo un alunno con un maestro: il maestro meccanico, il maestro robot». «C’era una fessura e Margie, la bambina del racconto, la scolara, doveva infilare dentro la fessura tutti i compiti. Come se infilava una lettera dentro a una cassetta della posta. Però dovevano essere giusti». «A Margie non piaceva fare i compiti!». «Anche a me, se per questo!». «Il robot non aveva la pancia come noi. Al posto della pancia aveva uno schermo come quello del computer o della tv e spiegava tutte le lezioni con la voce ma anche facendo vedere le cose che spiegava». «A me questa cosa piace tantissimo!». «È come un computer, come la lim, la lavagna interattiva che abbiamo nella nostra aula. Solo che la lim ha lo schermo più grande!». «Allora, per vedere bene cosa c’era scritto sullo schermo, secondo me bisognava sempre tenere le tapparelle delle finestre un po’ abbassate come facciamo noi in aula, soprattutto quando c’è il sole. Perché dopo altrimenti ci sono i riflessi del sole e non si legge bene dentro lo schermo, non si vedono bene le immagini».

Chi di voi preferirebbe avere un maestro o una maestra robot e chi no? Mi spiegate anche perché?

«A me piacerebbe moltissimo perché io non ho mai visto un robot veramente, io l’ho visto solo in alcuni film». «A me non piacerebbe perché sono delle macchine, i robot. Non sono delle persone. Per me delle persone ti capiscono di più». «Anche a me piacerebbe avere una maestra computer perché con lo schermo mi farebbe vedere tutte le cose che insegna, non me le fa solo immaginare con le parole». «Per me va bene così come è adesso, cioè con una maestra o un maestro in carne e ossa, però devono avere anche l’aula con la lim. Così è perfetto». «Per me un robot è un po’ troppo… Un po’ troppo severo, credo». «Io credo che un maestro robot, se manca la luce, per esempio, dopo chi ti insegna? Invece una maestra normale non si rompe mai e poi, secondo me, secondo me può essere anche più simpatica». «Poi non ha la fessura dei compiti e ti può spiegare meglio perché hai sbagliato, se per caso hai fatto un errore. Perché poi per imparare è anche naturale fare degli errori. Me lo ha detto anche mia mamma. Mi ha detto che se non fai mai degli errori non impari mai a fare le cose. A farle da sole. Anche mio papà mi ha detto così. Sia mio papà sia mia mamma». «Io non vorrei essere come Margie perché secondo me lei così è sola».