Ucciso a calci, pugni e colpi di bastone, morto per emorragia cerebrale e toracica. Il cadavere del viceministro degli Interni boliviano Rodolfo Illanes verrà sottoposto ad autopsia, ma il procuratore generale Hector Arce non ha avuto dubbi nel dichiarare alla stampa: «E’ stato picchiato e torturato a morte». Ucciso – questa la posizione del governo – dai minatori in sciopero con i quali aveva cercato di negoziare. E’ invece riuscito a fuggire l’assistente di Illanes, che si trovava con lui nella località di Panduro, a circa 160 km dalla capitale boliviana La Paz, epicentro delle proteste che durano da diversi giorni.

A manifestare sono settori delle coperative minerarie, organizzate nella Federacion Nacional de Cooperativas Mineras de Bolivia (Fencomin). Respingono la nuova legge che, nel quadro del controllo statale delle imprese estrattive, deciso dal governo e sancito dalla Costituzione, impedisce alle imprese private e multinazionali di stipulare contratti diretti con le cooperative. Una pratica in uso prima che Evo Morales andasse al governo e continuata in seguito da alcune cooperative in via informale. La Fencomin rifiuta anche il riconoscimento dei sindacati, altra modifica prevista dalla legge, che consente due anni per mettersi a norma con tutte le disposizioni. La nuova legge prevede anche controlli più severi sul piano ambientale.

Alle cooperative minerarie sono iscritti circa 150.000 soci lavoratori. Una minoranza è costituita però da imprenditori che impongono condizioni precarie ai minatori. Il grosso della Fencomin ha sostenuto Morales, le cooperative godono di agevolazioni fiscali e sovvenzioni, e il governo ha sempre cercato il dialogo, ma negli ultimi tempi le tensioni sono aumentate.

Illanes si era recato nella zona di Panduro per cercare una trattativa, solo con l’assistente e senza scorta. Noto leader della sinistra andina – prima militante del Mir e poi del Mas – era stato nominato a quell’incarico a marzo. Molto stimato per aver portato in luce diversi episodi di corruzione, era considerato uomo del dialogo, per aver risolto in modo pacifico altri conflitti sociali in precedenza. Questa volta, però, gli animi erano già surriscaldati dopo gli scontri con la polizia in altri luoghi della protesta e la morte di due minatori.

Dalle prime ricostruzioni e dalle minacce profferite a una radio da un leader dei manifestanti, pare che il viceministro sia stato sequestrato, e quindi ucciso, anche se i manifestanti lo negano. Illanes era molto vicino al presidente Morales, parso visibilmente scosso. L’omicidio ha messo in ombra anche la visita del ministro degli Esteri iraniano Mohamad Yavad Zarif. Nel corso di una conferenza stampa, Morales ha attribuito l’uccisione del viceministro a «una cospirazione politica per svendere le risorse naturali alle imprese straniere. Le risorse naturali sono del popolo boliviano – ha detto – e per questo dichiaro il fratello Illanes Eroe difensore delle risorse naturali». Poi, il presidente ha negato che il governo abbia ordinato alla polizia di sparare sui manifestanti, e ha aggiunto. «I minatori sono stati ingannati e strumentalizzati da dirigenti alleati con la destra. Alcuni esponenti delle cooperative si fanno passare per lavoratori delle miniere, mentre sono imprenditori minerari». Sono state fermate un centinaio di persone.
Nei giorni precedenti, Morales ha presentato l’avvio di una Scuola di mediatori di pace, organizzata dalla Unasur, come un’«altra risposta all’imperialismo». Come presidente di un paese associato al Mercosur, ha anche preso posizione a favore del Venezuela, la cui presidenza pro-tempore dell’organismo viene rifiutata da tre paesi neoliberisti, il Brasile di Temer, il Paraguay di Cartes e l’Argentina di Macri: «L’imperialismo cerca di tornare in forze nel nostro continente», ha detto, e ha attaccato Luis Almagro, Segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) per il suo sostegno aperto all’opposizione venezuelana: «Fratello Almagro- ha scritto Morales in twitter- non essere portavoce dell’impero nordamericano. Chiedere un intervento esterno è un’attitudine coloniale e antidemocratica», ha aggiunto riferendosi alle sanzioni richieste da Almagro contro Maduro e ancora pendenti.