Giornata giudiziaria ambivalente per Donald Trump: da un lato una corte d’appello di New York – nella data in cui scadeva il tempo per pagare la cauzione di oltre 500 milioni di dollari per il caso civile relativo alla truffa sulle sue proprietà – gli ha fatto uno sconto gigantesco, riducendo il dovuto a 175 milioni di dollari e prorogando di 10 giorni la scadenza del pagamento. Dall’altro, però, l’ex presidente ha visto sfumare la speranza di posticipare il primo processo penale che inizierà contro di lui, quello per i pagamenti alla pornostar Stormy Daniels affinché tacesse sulla loro liaison extraconiugale. Il giudice Juan Merchan ha respinto la richiesta di una proroga, o di archiviare il caso tout court, avanzata dai legali di Trump, che accusavano la procura di non aver fornito alla difesa centinaia di documenti relativi al caso.

Documenti che, secondo Merchan, non aggiungono niente di sostanziale agli elementi già in possesso del team di Trump. «State letteralmente accusando la procura di Manhattan, e le persone assegnate a questo caso, di cattiva condotta – ha detto Merchan, rivolto all’avvocato Todd Blanche – e state cercando di fare di me un complice». Il processo può quindi avere inizio: il prossimo 15 aprile. I giornalisti presenti all’udienza hanno riportato che il tycoon è uscito dall’aula parlando di «interferenza elettorale» e «intimidazione dell’elettorato». Concetto ribadito a una conferenza stampa subito dopo l’udienza: «Non so come si possa mandare avanti un processo nel bel mezzo delle elezioni. Non è giusto».

Contemporaneamente però un’altra corte gli ha regalato il «mega sconto» sulla cauzione di 454 milioni di dollari più interessi che doveva alla città di New York per aver gonfiato il valore delle sue proprietà immobiliari in vendita. «La Trump Tower resta mia!» ha scritto – come di consueto tutto in maiuscolo – in un comunicato, proprio nelle ore in cui la procuratrice generale Letitia James avrebbe altrimenti potuto avviare la procedura di pignoramento di alcune delle sue proprietà per ripagare il debito, tra cui la più famosa di tutte.

Sempre ieri, proprio per ripagare quel debito, a Wall Street ha debuttato Truth Social, la piattaforma da cui Donald Trump conta di ottenere tre miliardi di dollari con la decisione di quotarla in borsa. Si tratta di un “meme stock”, un’azione il cui valore è altamente fluttuante perché legato alla sua viralità social. Come ha spiegato al Guardian il docente di criminologia e giustizia penale della Northeastern University, dato che «i meme stock salgono e scendono a velocità folle», «la decisione di fare affari con Trump a questo punto non sarebbe solo finanziaria, ma politica». Fra gli azionisti c’è il miliardario donatore del partito repubblicano Jeff Yass, che detiene un’ampia quota anche in ByteDance, la casa madre cinese di TikTok. In molti hanno individuato la sua mano nella recente giravolta con cui Trump si è rimangiato la sua battaglia per bandire TikTok dagli Stati uniti.